Trump e l'inchiesta sulle donne. Gli americani hanno il loro Silvio ma...
Intervistato, domenica, dal "Corriere della Sera", Frank Bruni, opinionista del "New York Times", dopo aver accostato Silvio Berlusconi a Donald Trump, ha osservato che entrambi, nei rapporti con le donne, impongono i loro canoni, la prepotenza, individuale ed economica.
Non c'è bisogno di ricordare i senatori Ted Kennedy e Gary Hart per sostenere che qualunque leader americano, di fronte a una serie di scandali sessuali, come quelli che hanno lambito Berlusconi, sarebbe stato , in passato, costretto al ritiro immediato dalla politica. Oggi, invece, come ha rilevato Beppe Severgnini, potrebbe, persino, guadagnare qualche voto, speriamo non abbastanza per succedere a Obama.
Anche su questo terreno, l'America ha qualcosa da insegnarci. Nel film del 1996 Il club delle prime mogli, Ivana Trump dettava la regola da seguire alle novelle divorziate: "Non prendetevela, prendetevi tutto" !.. Molti anni dopo, donna Veronica Lario ha seguito alla lettera l'indicazione, inviando a un quotidiano una lettera, in cui denunciava "Il Drago" e le "vergini", che si offrivano a lui, per rincorrere il denaro e il successo : un "ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere".
Il fondatore di Forza Italia é rimasto in politica, ma non è più senatore, dopo la condanna per frode fiscale. I processi e le inchieste sui suoi rapporti con donne, giovani e disinibite, che frequentavano le sue ville, insieme ad errori politici e nella guida del Milani, ne hanno, tuttavia, molto indebolito l'immagine e la capacità di convincere gli elettori. A differenza di Trump, Berlusconi non ama umiliare le donne, ma le ha aiutate, regalando a loro case e gioielli e ordinando al rag. Spinelli di corrispondere cospicui assegni, prima e dopo le "cenone eleganti". E l'ex premier lombardo si è, sempre, proposto come un benefattore nei confronti delle giovani (ricordate Noemi Letizia, di Casoria ?) e delle loro famiglie, non evidenziando, mai, bullismo nè gusto eccessivo per un uso intimidatorio e "machista" del potere economico.
E' ancora presto per dire che il magnate statunitense diventerà il "Berlusconi americano", ma uno degli argomenti più utilizzati, nei 20 anni del berlusconismo, per denunciare l'anomalia del Cavaliere, è stato proprio il paragone con le altre grandi democrazie occidentali, a partire dagli Usa.
Il concetto era semplice, e fu reso immortale dalla copertina dell'"Economist "su Silvio "unfit to lead Italy". Era proprio così: tutti gli avversari di B. hanno pronunciato, almeno 10 volte, la frase: "Negli Stati Uniti, un personaggio del genere non arriverebbe, mai, a fare il presidente !".
Non sappiamo se la documentata inchiesta del "New York Times" sulle avances e le promesse a 50 ragazze contribuirà a bloccare l'ascesa del miliardario. Se riuscisse a battere Hillary Clinton, nel duello di novembre, Trump non porterà, comunque, alla Casa Bianca quella "ventata di onestà e novità" di cui ha parlato, in Italia, Matteo Salvini, alleato, seppure non subalterno ma critico, di Silvio Berlusconi.
E, forse, si avvererà, in America, la profezia che, non prevedendo una durata tanto lunga del berlusconismo, Indro Montanelli fece sul rapporto tra il Cavaliere e gli italiani : "Il potere e il governo di Silvio sono come il vaiolo : una malattia, che si può curare solo con il vaccino, cioè con un'iniezione di vaiolo. Viene la febbre e poi la guarigione...".
Pietro Mancini