Politica
USA 2020: Biden è in vantaggio, ma la sfida è ancora aperta - Gli scenari
Sandrine Perret (Vontobel) e Luciano Nardi (Kube Libre) concordi: Trump rischia, dopo un dibattito più soft, ma il Dem non ha ancora conquistato la Casa Bianca
Il rush finale tra Donald Trump e Joe Biden sta per giungere allo “showdown” del 3 novembre e il serrato confronto tra i due candidati anima le disamine degli analisti.
L'ultimo dibattito a Nashville è stato più tranquillo del precedente, anche grazie alle nuove regole e ai microfoni silenziosi nella prima parte dell'intervento del competitor, scelte che hanno limitato le interruzioni, consentendo una maggiore concentrazione sui contenuti.
Secondo Sandrine Perret, Senior Economist di Vontobel Wealth Management, “Il dibattito presidenziale finale è stato più interessante in termini di idee politiche. Ma la storia dimostra che i sondaggi d'opinione raramente si muovono in modo significativo nelle ultime due settimane della corsa presidenziale. Le possibilità per una vittoria di Biden sono in aumento, a vantaggio delle aziende che operano nei settori delle infrastrutture, dei materiali e delle energie rinnovabili. I risultati non dovrebbero richiedere troppo tempo per emergere, ma gli investitori possono aspettarsi una certa volatilità in caso di ritardi”.
“Attualmente, il sentiment del mercato si sta concentrando maggiormente sulle negoziazioni del pacchetto di stimoli contro la crisi da Coronavirus”, continua Perret, la quale invita a non sopravvalutare il grado di incisività dei faccia a faccia: “Il secondo e ultimo dibattito farà cambiare idea agli elettori? Il numero degli elettori indecisi sembra essere inferiore a quello del 2016, il che dovrebbe ridurre questa possibilità. Inoltre, le oscillazioni nei sondaggi durante le ultime due settimane di gara sono generalmente basse. Secondo RealClearPolitics, la perdita di sostegno per Hillary Clinton è stata del 3,6% nei sondaggi nazionali durante gli ultimi dieci giorni della corsa - la seconda più grande perdita nella storia recente dopo la perdita di sette punti percentuali di Bill Clinton nel 1992, ancora sufficiente per battere l'allora presidente George H. W. Bush. Tuttavia, in tutte le precedenti elezioni, i sondaggi nazionali sono cambiati raramente di più dell'1% nelle ultime due settimane”.
Per Biden, “aumentano le probabilità di successo, ma l'esito non è ancora certo. Ci sono diverse ragioni per cui l'esito delle elezioni è ancora incerto, come ad esempio il restringimento dei sondaggi negli Swing State come la Florida, dove Biden è in testa solo del 2%. Detto questo, se ipotizziamo che i sondaggi di opinione diano un quadro corretto del percorso di voto che ci aspetta, Biden è pronto per la vittoria il 3 novembre, con i Democratici che probabilmente si assicureranno entrambe le camere del Congresso - la corsa al Senato è ancora molto vicina”.
“La notevole spinta fiscale di Biden andrebbe a beneficio delle aziende che operato nei settori delle infrastrutture, dei materiali e delle energie rinnovabili. Una vittoria a sorpresa di Trump spingerebbe più in alto le scorte tecnologiche, i servizi di comunicazione nazionali e i fornitori di servizi sanitari”, argomenta Perret.
Anche Luciano Nardi, uno tra i più riconosciuti pubblicitari italiani e osservatore dall’inizio delle elezioni in USA, mette in evidenza il diverso clima dell'ultimo confronto tra i candidati: “Era da aspettarsi una discussione più pacata, ma non a questo livello, anche se non sono mancati gli affondi da entrambe le parti. Nessuno dei due però ha sferrato il colpo decisivo. Nervoso e impaziente Biden, che guarda l’orologio, e un Trump che così pacato, quasi 'sedato', è davvero raro da vedere in pubblico. Ma è l’ennesimo ribaltone comunicativo di The Donald.”
“Quello che, infatti, manca a Trump - riflette Luciano Nardi – è avere una chiara visione comunicativa di lungo periodo da perseguire. La versione ‘wrestler’ del primo dibattito, infatti, è stata efficace, ma avrebbe dovuto a quel punto mantenere una strategia di comunicazione coerente anche nei momenti successivi. Cosa che non ha fatto, mettendo in scena in realtà un 'rally mediatico' fatto di tweet, retweet, gaffe, dichiarazioni, molte volte ostili, nei riguardi di stampa, ma anche dei suoi collaboratori e consulenti, nonché interventi televisivi maldestri, nei quali è difficile riconoscere una strategia coerente, che pure, son sicuro, i suoi spin doctor avranno certamente studiato, ma che il temperamento del personaggio tracotante e supponente del fatto di 'sapere tutto lui', ha secondo me, con coerenza autolesionista, sistematicamente disatteso. Il classico cliente che nessun consulente d'immagine desidererebbe”.
“Non dimentichiamo, inoltre – conclude Nardi - che Trump, prima di questo dibattito, era reduce dal confronto tv a distanza dove la giornalista del canale NBC Savannah Guthrie ha dato un grosso colpo alla sua credibilità definendolo ‘zio pazzo’, trasformando l’immagine di Trump da ‘wrestler’ a quella del parente ‘picchiatello’ a cui nessuno darebbe credito. Certo, per i suoi sostenitori più incalliti questo non sarà un problema, ma lascia di sicuro confuso il target primario a cui lui deve puntare per vincere, ovvero gli elettori indecisi che avrebbero bisogno di più certezze o quanto meno chiarezza del suo pensiero politico e dei suoi obiettivi. Le continue “chicane” e inversioni di marcia su tematiche importanti, come quelle in chiave sanitaria ma non ultime quelle complottistiche, rischiano di costargli la rielezione”.