Politica

Ventotene, la storia del carcere di Spinelli, Rossi e Colorni e del Manifesto che ha posto le basi dell'Europa

Storia del carcere di Santo Stefano, dove Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni scrissero il Manifesto di Ventotene

di Enrico Passaro*

In quelle stesse prigioni di origine borbonica il fascismo aveva recluso gli oppositori politici fra cui anche Sandro Pertini e Umberto Terracini

Nel ruolo di cerimoniere di Palazzo Chigi, il sottoscritto ha visitato il carcere collocato sull’isolotto di Santo Stefano di fronte a Ventotene, fra Lazio e Campania, al largo della costa di Formia e Gaeta. La prigione di cui parliamo è un ex carcere borbonico. Oggi è in stato di abbandono, ma quando fu realizzato, nel 1795, era un gioiello innovativo. La costruzione risponde ai principi del “Panopticon”, un carcere ideale progettato dal filosofo inglese Jeremy Bentham. Spieghiamoci meglio: il nome deriva dal mito di Argo Panoptes, gigante della mitologia greca dotato secondo alcuni di cento occhi.

Il carcere di Santo Stefano è costruito infatti per consentire a un guardiano di poter tenere sotto osservazione tutte le celle dalla sua postazione centrale di controllo. È a forma di ferro di cavallo su tre livelli e dalla cappelletta posta al centro l’occhio può scrutare oltre tutte le sbarre, rappresentando un potente strumento di dissuasione per i detenuti. Fu voluto da Ferdinando I di Borbone. La soglia di quel carcere fu varcata da decine di rivoluzionari, da quelli del 1799 a quelli del 1848. Qui furono reclusi Silvio Spaventa e Luigi Settembrini. L’anarchico Gaetano Bresci, autore dell’attentato omicida a re Umberto I, finì qui la sua vita, probabilmente ucciso in cella dai secondini.

In considerazione della sua posizione e della particolare forma architettonica, anche il fascismo ne fece uso abbondante per emarginare gli oppositori del regime. Personalità che sono veri e propri pilastri della lotta antifascista: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro e Sandro Pertini. Negli anni della Repubblica il carcere ha continuato a funzionare fino alla sua chiusura nel 1965. Da allora versa in stato di abbandono.

Così, quando un Presidente del Consiglio nel 2016 ha deciso di visitare Santo Stefano e di elaborare un’iniziativa significativa e di respiro internazionale per progettare la trasformazione dei ruderi dell’ex carcere borbonico in un centro di studi europei, un college universitario per l’approfondimento e la specializzazione di tematiche europeistiche, si è palesata la speranza di una nuova e straordinaria prospettiva per un territorio bello e affascinante, dal potenziale enorme ma di limitate opportunità di sviluppo. Una bella idea, una bella speranza. Servirebbero fondi europei per finanziare il progetto. Forse è una bella utopia. Per alimentarla il Presidente del Consiglio italiano ha voluto portare lì il Presidente della Repubblica francese e la Cancelliera di Germania. Per loro un rapido sorvolo dell’isolotto in elicottero, un omaggio alla tomba di Altiero Spinelli nel cimitero di Ventotene e un incontro trilaterale addirittura sulla portaeromobili “Garibaldi” della Marina Militare.

(N.B.: a seguito di questa iniziativa, il Governo stanziò un finanziamento di 70 milioni e dal 2020 sono iniziati i lavori di restauro per la realizzazione di una scuola di alta formazione europea. Nel corso del 2025 potrebbe essere inaugurato un primo spazio destinato a polo museale. Per la realizzazione di questo progetto il Governo ha nominato un Commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico; ndr).

Renzi, Merkel e Hollande visitano la tomba di Altiero Spinelli. VIDEO

Insomma, un gran daffare per il cerimoniere di Palazzo Chigi, impegnato soprattutto a mettere insieme i pezzi di una collaborazione del tutto originale e innovativa con i cerimoniali degli altri due Paesi. Il cerimoniere si fa anche toccare l’animo nei momenti altamente simbolici, quelli più pregnanti, sia durante i preparativi dei sopralluoghi sia nell’ufficialità dell’evento affidata al protagonismo dei leader. Come ad esempio quando la guida unica, solitaria e volontaria (quindi non stipendiata ma appassionata) del carcere borbonico ci racconta gli aneddoti più significativi delle prigionie; oppure quando ci indica la cella del giovane Sandro Pertini, futuro e indimenticato Presidente della Repubblica; e noi ci avviciniamo ad essa, la osserviamo dall’esterno nel suo abbandono attuale che non deve essere molto diverso dal lerciume dell’epoca, ci entriamo dentro per un attimo per puntare lo sguardo verso l’esterno e vedere coi nostri occhi il paesaggio che per interminabili ore di interminabili giorni era offerto agli occhi del carcerato Pertini, alimentando nella sua mente il desiderio e la voglia di libertà, di democrazia e di uguaglianza.

Brivido! Accompagnato da un moto di commozione e riconoscenza verso di lui, verso Spinelli e Rossi e Terracini, verso tutti coloro che nelle carceri d’Italia e d’Europa hanno sacrificato mesi e anni della loro vita, e in molti casi la loro stessa vita, per combattere i regimi e sostenere gli ideali di libertà e democrazia, valori assoluti instillati ai nostri genitori, a noi e ai nostri figli. Un pensiero: speriamo di non sprecarli!
E ancora: l’emozione nell’avvicinarsi alla tomba di Altiero Spinelli, che riposa proprio in quelle terre, nel piccolo cimitero di Ventotene, di fronte e a un paio di miglia da Santo Stefano.

Spinelli è stato un uomo veramente libero e idealista. Nacque nel 1907 e nel 1943, dopo gli anni dell’opposizione al fascismo, della repressione, dell’emarginazione e del carcere come prigioniero politico, fondò il Movimento Federalista Europeo. Mentre dovunque, man mano che ci si liberava dal nazi-fascismo, si cominciava a pensare a ricostruire non solo le città, ma l’etica e la dignità degli uomini, insieme agli ideali dei movimenti politici tradizionali, Spinelli andava già oltre, pensando e propugnando addirittura un ideale europeo, ad opera di quegli stessi popoli che si erano trucidati ininterrottamente per secoli fino alla follia della seconda guerra mondiale. Quegli ideali erano maturati proprio negli anni del soggiorno obbligato a Ventotene. Insieme a Eugenio Colorni e Ernesto Rossi scrisse “Per un'Europa Libera e Unita. Progetto d'un manifesto”, documento fondamentale del federalismo europeo. Era il Manifesto di Ventotene, universalmente riconosciuto come documento ispiratore del processo di unificazione continentale.

Spinelli si impegnò nel dopoguerra proprio nelle istituzioni europee, come Commissario e come membro del Parlamento. Il suo obiettivo era quello di porre le basi per la costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Oggi abbiamo l’unità economica, una politica monetaria comune, una moneta, ma la sua idea di unità politica e istituzionale è ancora lontana. Dopo la sua morte nel 1986 le ceneri furono portate nel cimitero di Ventotene. La figlia Barbara ne fu lieta: «Le ceneri di papà a Ventotene potranno produrre la continuità di un sogno che, nato con la vigile lucidità della ragione, attende di essere completato (…) e che la forza di un’idea, navigando sulle onde del mare, possa continuare a diffondere il messaggio federalista fra continenti e popoli, l’immagine più amata da mio padre».

Dunque, due uomini e una donna, non proprio comuni, tre leader d’Europa, un Presidente della Repubblica, una Cancelliera e un Presidente del Consiglio, rappresentanti di Francia, Germania e Italia, a piedi, con un piccolo bouquet ciascuno fra le mani si sono avvicinati alla sua tomba, hanno deposto i fiori e si sono trattenuti per qualche minuto in meditazione. L’emozione, non è nel gesto simbolico ma abbastanza frequente nei passaggi protocollari di un leader, ma in quei tre mazzolini di fiori. Tre bouquet, voluti dal cerimoniere e abilmente realizzati da un fioraio locale, di colore azzurro, con dodici fiorellini gialli al centro a formare un cerchio: la bandiera europea riprodotta in quelle fragili, ma profumate, essenze floreali.

Note storiche

1- Silvio Spaventa (1822-1893) fu patriota liberale, arrestato e rinchiuso nel carcere di Santo Stefano nel 1853, grazie al fatto che la pena di morte per impiccagione cui era stato condannato gli fu commutata in ergastolo. Nel 1859 lasciò Santo Stefano grazie alla trasformazione della sua pena in esilio.

2- Luigi Settembrini (1813-1876), liberale, subì la stessa sorte di Spaventa e scontò il carcere a Santo Stefano fra il 1851 e il 1859.

3- L’anarchico Gaetano Bresci (1869-1901) fu l’autore dell’omicidio di Umberto I nel 1900. Fu inviato nel carcere di Santo Stefano per poter essere controllato a vista notte e giorno. Fu trovato morto impiccato, penzolante dall’inferriata della sua cella. La morte fu archiviata come suicidio, ma si sospettò che fosse stato ucciso a pugni dalle guardie carcerarie.

4- Altiero Spinelli (1907-1986) è ritenuto per le sue idee un padre fondatore dell’Unione europea. Fu confinato fra Ponza e Ventotene dal 1937 al 1943.

5- Ernesto Rossi (1897-1967) fu tra i principali promotori del federalismo europeo insieme ad Altiero Spinelli ed Eugenio Scolorni. Passò quattro anni al confino nell’isola di Ventotene. Qui scrisse con Spinelli “Il Manifesto di Ventotene”.

6- Umberto Terracini (1895-1983) fu presidente dell’Assemblea Costituente dal 1947 al 1948. Dal 1937 al 1943 fu al confino prima a Ponza e poi a Santo Stefano.

7- Mauro Scoccimarro (1895-1972) è stato un politico eletto nel parlamento repubblicano. Da partigiano fu anche lui confinato a Ponza e a Santo Stefano dal 1937 al 1943.

8- Sandro Pertini (1896-1990) è stato l’indimenticabile 7° Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985. Fu arrestato per attività antifascista nel 1929 e dopo 7 anni di carcere fu confinato a Ponza e Ventotene.

9- Eugenio Colorni (1909-1944) fu al confino a Ventotene dal 1939 al 1941. Poi fu trasferito a Melfi, da cui fuggì nel 1943 per recarsi a Roma, dove visse da latitante finché non fu ucciso da una pattuglia fascista. Poche settimane prima era riuscito a stampare in una tipografia della capitale 500 copie di un volume contenente il Manifesto di Ventotene.

Tratto da “Non facciamo cerimonie – A spasso nelle vicende del protocollo di Stato” di Enrico Passaro – Editoriale Scientifica Napoli – 2020.

*Enrico Passaro, già responsabile dell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha visto sfilare a Palazzo Chigi ben sette premier, da Silvio Berlusconi a Mario Draghi, passando per Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte. Membro del Comitato consultivo della Fondazione OMRI per il Cerimoniale Istituzionale.