Politica

Verso il 25 settembre: l’avvio della campagna elettorale taroccata e farlocca

Di Massimo Falcioni

Elezioni, chi rischia di più? Letta e il Pd? M5S? Salvini e la Lega? Forza Italia? I sondaggi dicono che... L'analisi

Elezioni,  primi segnali di una campagna elettorale già taroccata e farlocca non promettono niente di buono

Arriva l’agosto feriale, poi il 25 settembre si vota per il nuovo parlamento da cui dovrà uscire il governo del dopo Draghi. Il governo del ritorno della politica, si dice. “I partiti non fanno più politica, sono soprattutto macchine di potere e di clientela, gestiscono solo interessi senza perseguire il bene comune, hanno occupato lo stato e tutte le istituzioni, sono strutture di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sotto-boss”. Lo diceva già 40 anni fa, Enrico Berlinguer. Che direbbe, oggi, l’ex segretario Pci? Ogni partito fa girare il disco rotto: “Salveremo noi l’Arca di Noè” considerandosi protagonista decisivo e anticipando bollettini di vittoria di là da venire.

I primi segnali di una campagna elettorale già taroccata e farlocca non promettono niente di buono con i partiti (non solo loro) pronti a giocare con tutte le carte, screditando gli altri per un voto in più. A sinistra e zone limitrofe si ricorre persino a “Putin” e al “fascismo” per dividere i buoni dai cattivi evocando catastrofi in caso di vittoria elettorale del centrodestra. Dovrebbe esserci, nel Paese, la tensione dei grandi momenti storici, la passione per lo scontro politico nel merito dei grandi nodi, a cominciare dalla crisi economica. Ma gli italiani sono delusi, considerandosi traditi, non credono più ai salvatori della patria. Uscito Draghi (lui non vedeva l’ora…) da Palazzo Chigi per le birbate interne dei 5Stelle a pezzi colte al volo da Salvini e dalla Meloni smaniosi della conta alle urne, adesso la partita torna fra i reduci di un campionato di basso livello. Ma gioca chi c’è. E chi vince si prende la coppa. Gli italiani lo sanno e per ora mugugnano, in cerca di un appiglio, di un partito con una leadership e una linea politica convincente, per varcare la porta dei seggi e votare il 25 settembre. Qui non è più questione di destra (centrodestra) o sinistra (centrosinistra), roba da aficionados, ma di credibilità che questi politici e questi partiti hanno perso da tempo. Turandosi il naso, l’elettore comunque voterà (partito e persona) quel che ritiene il meno peggio per evitare un male più grande.

Elezioni, i sondaggi politici e chi rischia di più

Questi politici e questi partiti si giocano presente e futuro nella partita già iniziata. Così non si “bada a spese”, usando colpi bassi nella logica “mors tua vita mea”. Chi rischia di più? Letta che aveva puntato tutto sull’alleanza con il M5S e il Pd come partito per la frana del “campo largo”. Quel Pd dopo dieci anni al governo, a parte l’interruzione gialloverde, privo di legittimazione politica: macchina di potere, senza il quale non ha più ragion d’essere, almeno come forza di governo, partito dato al 22,8 negli ultimi sondaggi, perno di una coalizione eterogenea attaccata con lo scotch, fra veti e ricatti. Idem per il M5S (in caduta libera nei sondaggi (10,1%) partito di piroette, senza identità e cultura politica, con il colpo mortale della scissione; idem per la Lega (un ko nei sondaggi al 13,7%) e per Forza Italia, con Berlusconi illuso di tornare in campo come il venditore che incanta gli italiani dato in discesa negli ultimi sondaggi: 7,8%: o la coalizione di centrodestra vince forte e governa davvero senza spezzare l’Italia in due o i tre partiti sono destinati a squagliarsi. E il resto? Portatori d’acqua riciclata, tappabuchi di potere per il potere. Qui siamo.

I sondaggi danno, dunque, vittoria certa del centrodestra. Mai dire mai, anche perché conta il “come si vince”. Comunque il centrosinistra, cioè il PD, le proverà tutte pur di non essere buttato fuori dalla stanza dei bottoni. Attaccare Salvini, come ha fatto Letta, chiedendosi se dietro alla caduta del governo Draghi ci sia stato Putin (non rivolgendo la stessa domanda a Conte responsabile dell’apertura di quella crisi) può voler dire attaccarsi alla canna del gas, il suicidio politico del PD e della sinistra. Dopo un Prodi, ex banchiere di grande autorevolezza internazionale, al Belpaese servirebbe una personalità carismatica, un premier  alla John Fitzgerald Kennedy che diceva: “Sono un idealista senza illusioni”. L’Italia potrebbe accontentarsi di molto meno. Toccasse alla Meloni la premiership perché vincitrice alle urne, niente da dire se non ricordare che l’Italia non ha bisogno di guardiani del museo del passato e di seminatori di zizzania. E vale per tutti, di ogni partito, di ogni coalizione. Chiunque siederà sulla poltrona rovente di Palazzo Chigi dovrà gestire una difficile eredità.

L’Italia è in bilico, in mezzo a un mondo in tempesta. Come arrestare il declino e dare un futuro al Paese? Questa, la scommessa. Altro che il solito ping-pong scaricabarile, le solite beghe di partito! Le elezioni del 25 settembre non sono un semplice adempimento burocratico. Gli italiani si tappino il naso ma vadano a votare. E chi ha più voti governi. Gli altri all’opposizione. Nessuna guerra e nessun inciucio. All’Italia serve una tregua, una sintesi politica per un profondo rinnovamento, vere riforme per superare nodi storici e mali antichi, mettendo tutti ai remi, non necessariamente tutti amici ma consapevoli di essere sulla stessa barca.