Politica
Vertici Rai, "staffetta" Rossi-Sergio in bilico. Spuntano altri nomi: eccoli
Patto Meloni-Giorgetti (Mef editore). Il ruolo di Gianni Letta
Perché il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha trasformato in realtà quelle voci che tutti davano per certe?
Il mese di luglio per la Rai doveva essere il mese della verità, il mese della presentazione dei palinsesti, ma soprattutto il mese della "staffetta", il coronamento del grande racconto fatto circolare per mesi e mesi nei corridoi di viale Mazzini. Un racconto, una verità in stile Pravda, su cui dirigenti, direttori e ballerini del servizio pubblico si sono riallineati e qualcuno ha pure trovato un posto al sole.
Ma il mese di luglio è anche quello delle bugie che hanno le gambe corte e non è un caso che, proprio a luglio, il 7 luglio del lontano 1881, Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini, diede il via alla fortunatissima saga di Pinocchio, il best seller destinato a fondare l'industria culturale italiana in senso moderno.
Siamo a luglio e Giampaolo Rossi non è amministratore delegato, Roberto Sergio non è direttore generale, Simona Agnes non è presidente della Rai. Soprattutto viale Mazzini non ha un cda, vacatio su cui in pochissimi erano pronti a scommettere. Perché allora il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha trasformato in realtà quelle voci che tutti davano per certe? Forse perché quelle narrazioni vendute alla stampa come certezze erano solo dei desiderata.
Certo non hanno aiutato i flop di tante trasmissioni, le polemiche sulle più o meno presunte censure, le eccessive pretese di tante donne e di tanti uomini di spettacolo che per il servizio pubblico hanno valore zero, in un periodo in cui la concorrenza in chiaro di Discovery e quella in scuro delle piattaforme esige professionisti del mestiere e non del contratto. In questo brodo, da buon democristiano, ci ha sguazzato non poco l'ad de facto e in pectore Roberto Sergio: "Se l'altro fa danni, resterò io", avrebbe confidato.
E giù di intervista, non piaciuta alla politica, per dire che, in fin dei conti, la "staffetta" andava rispettata. Alla peggio, gli sarebbero rimasti i gradi di direttore generale. Ma lasciar correre troppo tempo, inevitabilmente, apre le porte alla terza via. I nomi non mancano.
Marcello Ciannamea, magister del prime time, Antonio Marano, che forse si è stancato delle Olimpiadi e che il lavoro in tv lo sa fare davvero, Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1 capace di portarsi in tv anche il Papa. Perché in fin dei conti tutti parlano sempre dell'asse Meloni-Rossi (Collodi come lo chiamerebbe?), ma dimenticano che l'editore della Rai è il Mef, leggasi Giancarlo Giorgetti, che proprio con Giorgia ha un patto di ferro e che, come noto, ama confrontarsi anche con Gianni Letta.
La Lega, del resto, gli ha preparato il campo di battaglia: abolizione del canone, innalzamento dei tetti pubblicitari, fari sull'operazione Raiway. L'estate sta finendo, e un anno se ne va. A settembre, probabilmente, ci sarà tutta un'altra storia.