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Politica
"Von der Leyen ha fallito, ora tocca a Draghi. Meloni ha un problema in casa"
Matteo Renzi

Europee, parla Matteo Renzi

Matteo Renzi è pronto a lasciare il Parlamento italiano se sarà eletto a Bruxelles alle prossime Europee dell’8 e 9 giugno. In questa intervista il leader di Italia viva ed ex premier risponde sui temi chiave della politica italiana ed europea.

Senatore Renzi, ha scelto l'Europa e quindi lascerà il Parlamento italiano?

“Sono candidato alle elezioni europee con la lista Stati Uniti d’Europa e, se eletto, lascerò il Senato per andare a fare il parlamentare europeo. In 26 paesi su 27 è normale: chi si candida, se eletto, va a Strasburgo. Solo in Italia ci sono 4 leader, Meloni, Tajani, Schlein e Calenda, che si candidano sapendo già che non andranno in Europa. Questo, a casa mia, significa truffare i cittadini. Ed esporre l’Italia a una figuraccia mondiale. Sono orgoglioso del fatto che noi degli Stati Uniti d’Europa siamo l’unica lista seria in questo senso: noi non ci candidiamo per contare i voti di preferenza, ma perché l’Italia conti di più in Europa e l’Europa conti di più nel mondo”.

È segno che per l'Italia politicamente non c’è più niente da fare?

“Al contrario. L’Italia ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’Italia: oggi come oggi perfino chi diceva come Giorgia Meloni di uscire dall’euro ha cambiato idea. Non esiste Europa senza Italia e non esiste Italia senza Europa.  Dopo di che, Io sono un convinto europeista ma quando c’è stato bisogno, non ho lesinato scontri e critiche. L’Europa non può essere la patria della burocrazia. Ci faccia caso: il mondo va a fuoco, dall’Ucraina al Medioriente e l’Ue non tocca palla. Serve dare una svolta: per questo, nel nostro simbolo non troverete un nome ma un progetto per il futuro, gli Stati Uniti d’Europa. Stati Uniti d’Europa significano un’Europa forte nel mondo, ma anche un’Italia più forte. Perché se c’è meno Europa, significa che ci sono più Cina, India, Brasile etc., non più Italia. E questo penalizza tutti noi, a partire dalle nostre imprese e dalle nostre eccellenze. Stati Uniti d’Europa significa anche più democrazia e meno burocrazia: significa elezione diretta del presidente della commissione, riduzione del numero dei commissari. Significa che a Bruxelles saranno i cittadini a contare davvero”.

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A Strasburgo e a Bruxelles per quale maggioranza lavorerà? Appoggerà Ursula? O preferisce Draghi? Oppure chi per la guida dell'Europa?

“Ursula von der Leyen ha fallito: lavoreremo per impedire che sia rieletta. Il suo è un approccio da burocrate. Quanto al suo successore, mi piacerebbe vedere Mario Draghi alla guida della Commissione ma anche del Consiglio: sono orgoglioso di aver mandato a casa Giuseppe Conte e contribuito ad aver portato Draghi a Palazzo Chigi e lo rivendico”.

Se avesse la bacchetta magica quali sono i tre provvedimenti urgenti che applicherebbe da Bruxelles?

“La nomina di uno special envoy per la risoluzione diplomatica dei conflitti; un leader capace di mediare perché accanto alle armi, serve la diplomazia. Allo scoppio della guerra in Ucraina, feci il nome di Tony Blair o Angela Merkel. La seconda cosa che chiederei è la revisione del Green-deal; il testo approvato comporta ancora molte conseguenze negative per imprese e famiglie. Serve una nuova strategia per combattere il cambiamento climatico e proteggere i posti di lavoro. Infine, cultura e sicurezza. Per ogni iniziativa in sicurezza, deve essercene una in cultura. Rafforziamo l’intelligence, costruiamo un esercito comune ma raccontiamo e coltiviamo anche le nostre radici culturali. Non si possono immaginare gli Stati Uniti d’Europa e l’Europa politica senza partire dalla nostra storia; le radici greche e romane, cristiano-giudaiche, del Rinascimento e dell’Umanesimo. L’integrazione passa dal confronto e dal reciproco apprendimento, non dalla cancellazione della cultura dell’altro come vorrebbero i sovranisti, o della propria come vorrebbe la sinistra woke. Per questo proporrei una 18 app europea: i nostri giovani devono potersi nutrire di cultura, conoscere chi sono per aprirsi al mondo”.

La guerra Russia-Ucraina, un guaio per tutti, ma un grande guaio per l'Europa. Chi ha sbagliato? Putin? Zelensky? Biden? La Nato? L'Europa? Come se ne esce? Come finirà?

“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un crimine che ha un unico responsabile: Vladimir Putin. Inviare armi e supporto economico a Kiev, sanzionare Mosca, sono state misure che abbiamo supportato e supportiamo con convinzione. Accanto a ciò però, fin dal primo giorno abbiamo chiesto che si lavorasse parallelamente nel campo della diplomazia, con un inviato speciale che sia un leader, non un burocrate qualsiasi. Perché la diplomazia in tempo di guerra significa anche parlare con i cattivi”.

E in Israele chi ha sbagliato? Come andrà a finire?

“Hamas è il colpevole: l’attacco terroristico del 7 ottobre è una data da cui non si può prescindere nell’analisi dei torti e delle ragioni. Dopo di che, io sono per il principio ‘due popoli, due Stati’. Israele ha il diritto e il dovere di esistere. La Palestina ha diritto a uno Stato, ma il peggiore nemico dei palestinesi è Hamas. Per uscire dal conflitto serve, di nuovo, la politica: servono leader. Serve dialogare col mondo arabo riformista. Anche qui, l’Europa è assente. Come inviato nel Golfo noi abbiamo Luigi Di Maio…”.

Nel momento in cui lascia il Parlamento italiano lascerà la guida di Italia viva?

“No, vado a Strasburgo per fare più politica, non per disimpegnarmi”.

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Un bilancio della sua azione politica in Italia: di che cosa è orgoglioso? Di che cosa è pentito?

“Sono orgoglioso delle riforme del nostro governo, dagli 80 euro al Jobs act a industria 4.0, dalla cancellazione dell’Imu sulla prima casa alla cancellazione dell’Irpef agricola, alle leggi sull’autismo e il dopo di noi.  Sono orgoglioso di aver mandato a casa Giuseppe Conte e contribuito all’arrivo di Mario Draghi. Ma forse la cosa che mi rende più felice è quella di aver avuto la possibilità di fare il sindaco nella mia città, Firenze. Pentimenti? Tutti direbbero il referendum. Ma io quel referendum lo rifarei, perché la riforma costituzionale serve e serviva all’Italia, non a Renzi.  In realtà se c’è una cosa che non rifarei è pensare ingenuamente ‘male non fare, paura non avere’: dopo aver avuto a che fare con alcune toghe, posso dire che questo principio era completamente sbagliato. E che in fondo Berlusconi, così tanto torto non lo aveva…”.

Durerà Giorgia Meloni?

“Difficile fare previsioni oggi. Il problema Giorgia lo ha in casa, nelle divisioni della sua maggioranza. Dipenderà molto dall’esito delle Europee”.

A quali condizioni la sinistra può tornare al governo? Con quale candidato premier?

“Le elezioni si vincono al centro: se escludi il centro sei destinato a perdere. Il centrosinistra vince in  Italia e nel mondo solo se è riformista”.






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