Masterchef è solo tv, la cucina è "lavoro duro". Apreda: “Food a gonfie vele”
Chef stellato dell'Hassler di Roma, Apreda alla guida dell'Italian Kitchen Academy
di Valentina Renzopaoli
Chef stellato, dal 2006 alla guida dell'Imago, il ristorante dell'Hassler in cima a Trinità dei Monti. Francesco Apreda è il “re” della contaminazione, ambasciatore della cucina italiana nel mondo e insieme sperimentatore di sapori e culture anche lontanissime.
Forte delle sue lunghe esperienze all'esterno, dall'Inghilterra a all'India, passando per l'Oriente, il 40enne Apreda ha fatto della sua cucina cosmopolita la sua bandiera di contemporaneità, nel rispetto della tradizione. Da alcuni mesi è il Direttore didattico dell'Italian Kitchen Academy, scuola di cucina professionale per giovani aspiranti chef.
Francesco Apreda partiamo dall'ultima esperienza: quella dell'Italian Kitchen Academy. Una scuola professionale di cucina per giovani aspiranti chef. Come nasce questa idea?
“Ho sempre amato insegnare, lo faccio da anni. Ma con il progetto dell'Italian Kitchen Academy ho inaugurato una mia didattica personale, mettendo a punto un vero e proprio format di corso per allievi che vogliono intraprendere questo mestiere. Sono partito da un obiettivo fondamentale: trasferire in un'aula didattica tutto c'è che realmente accade nella cucina di un ristorante, ovvero su un luogo di lavoro. Insomma volevo che i ragazzi imparassero la metodologia reale: cosa accade ai fornelli”.
Come è stato strutturato il corso?
“I ragazzi hanno avuto una infarinatura generale su tutti i piatti base: dai vegetali al pesce, alla carne ai cereali; hanno imparato tecniche di cucina tradizionale, classica ma anche moderna. E siamo riusciti a creare un gruppo affiatato di ragazzi che ora avranno l'opportunità di lavorare per sei mesi in strutture importanti come tirocinanti”.
Cosa si aspettavano e cosa non si aspettavano i ragazzi?
“Probabilmente non si aspettavano un ambiente con regole così rigide e un modo di approcciare caratterizzato dal rispetto delle regole e delle procedure”.
Colpa forse della televisione e dell'immagine edulcorata che trasmette attraverso programmi che hanno trasformato cuochi in star hollywoodiane?
“In effetti l'immagine che arriva dalla televisione è un'immagine distorta. Lo chef è diventato “icona” e “personaggio”. Ma nessuno racconta che per diventare “campioni” della cucina e chef stellati, bisognare partire dal basso, fare tanta gavetta, imparare a lavorare con velocità rispetto e conoscenza degli ingredienti. La cucina è un luogo di lavoro pericoloso: ci vuole concentrazione, sbagliare è questione di un attimo”.
Dica la verità, i vari “masterchef” fanno bene o fanno male al suo mestiere?
“Il lavoro si è complicato senz'altro ma, ad essere sinceri la grande visibilità che si sta dando al “food” e alla figura dello chef, crea nuove opportunità per chi lavora in questo mondo”.
Lei ha fatto della sperimentazione e della contaminazione il suo cavallo di battaglia: ma fino a dove si può sperimentare?
“La gastronomia è evoluzione e oggi non si può prescindere dalla conoscenza di nuove tecniche e prodotti che arriva da altri Paesi”.
Mi fa qualche esempio?
“Parliamo di nuove di tecniche di conservazione, come il sottovuoto, nuovi metodi di cottura, come il “roner”, un metodo per cuocere a bassa temperatura, o il “sifone” per creare morbide spume. E poi ci sono gli ingredienti che arrivano dalla globalizzazione, ormai a portata di mano grazie a viaggi, convegni, congressi internazionali. Prima lo chef era chiuso dentro quattro mura, guai a farlo uscire in sala. Oggi la sua vita è cambiata, deve imparare a relazionarsi con i colleghi e con il pubblico”.
Senta ma la cucina italiana è ancora un brand di eccellenza?
“Assolutamente sì. E oltre ad essere un brand come tradizione, c'è anche una nuova cucina italiana che si sta facendo strada e viene esportata nel mondo. Una cucina che si basa sulla tradizione e sui prodotti fantastici del nostro Paese per creare qualcosa di nuovo”.
Chef, com'è Roma vista dall'alto della sua cucina arrampicata in cima a Trinità dei Monti?
“Sono 12 anni che cucino all'Hassler e non mi abituo mai alla bellezza immensa di questa città eterna”.
Da lassù la crisi non si sente neanche un po'?
“Assolutamente no: il 2016 è stato un anno da incorniciare. A Roma sono aumentati i ristoranti stellati, si sono aperti nuovi spazi per la ristorazione e nuovi locali improntati all'internazionalizzazione dei prodotti”.