Il Sociale

La cannabis legale? Sinonimo di democrazia

Lo scontro sulla proposta di legge trasversale per la legalizzazione della cannabis in un Paese come l’Italia poteva essere l’occasione per fare un salto di qualità sui principi che sostengono la democrazia.

Lo Stato ha anche una funzione etica. Va detto chiaro che la cannabis fa male. A maggior ragione oggi che i principi attivi in essa contenuti danno maggiore dipendenza. Per giunta le attuali strategie di marketing del commercio della droga (prezzo, distribuzione, promozione) come prodotto a tutto tondo, inducono il passaggio dalla droga leggera a quelle più costose e pesanti (cocaina, eroina, sostanze di tutti i generi, appunto in un’ottica di marketing e di differenziazione dell’offerta). Dall’altra parte è altrettanto noto che il proibizionismo, storicamente, fallisce. Come è noto che i proventi della mafia e dei trafficanti si eliminano con la legalizzazione.

Essenziali sono i concetti di consapevolezza e di responsabilità, che dovrebbero prevalere in una democrazia evoluta. In questa direzione si legga il divieto del consumo ai minorenni contenuto nella proposta di legge. Ma anche il divieto del consumo in nessun luogo pubblico o in nessun luogo aperto al pubblico, nemmeno nei parchi (luoghi in cui i comportamenti del gruppo, come insegna la psicologia, interferiscono e allentano l’autonomia del singolo).

Ci sono analogie con la prostituzione. Che vanno oltre il fatto che il sesso non faccia male, come ha affermato il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. La criminalità e la mafia si arricchiscono anche con la prostituzione. Evidenti le analogie e le questioni connesse all’igiene, alla salute, alla sicurezza, persino alle tasse (se la prostituzione è un lavoro). Cionondimeno è molto più difficile capire nella fattispecie quali siano o possano essere i gradi di consapevolezza e responsabilità (di libertà) sia da parte delle prostitute che dei clienti. Anche perché qui entrano alquanto in gioco aspetti morali, di storia personale, intelligenza e via discorrendo.

Ernesto Vergani