Il Sociale
Hunziker, dalla violenza di genere al Covid:"Dovevo far ridere ma non dormivo"
Affaritaliani.it ha intervistato Michelle Hunziker che ha raccontato il suo impegno per le donne con Doppia Difesa: "Richieste d'aiuto aumentate in lockdown"
Oggi più che mai è fondamentale accendere i riflettori sulla violenza contro le donne, una piaga devastante che colpisce tutta la società, senza distinzioni di classe sociale o di età. Durante il periodo di pandemia mondiale – è appena passato un anno dal primo caso di Codogno –, la pur necessaria chiusura forzata ha generato un aumento esponenziale dei casi di maltrattamenti in famiglia, nei confronti di mogli, madri, figlie, compagne, sorelle. Un drammatico bilancio di cui non si parla abbastanza e che meriterebbe invece di essere considerato con molta attenzione, fatto di atti di indicibile efferatezza, violenze che lasciano un segno, talvolta indelebile, sulla pelle e nell’anima di donne indifese dinanzi a tanta bestialità. Gli strumenti legislativi sono ancora pochi e non tutti coloro che ricevono le denunce sono stati adeguatamente formati per recepire nel giusto modo le parole di chi spesso ha fatto una gran fatica a radunare il coraggio necessario per denunciare.
La tragedia delle donne è soverchiata dal caos mediatico focalizzato perlopiù sul Covid-19 e sulle annose questioni politiche. Persino lo sport, paradossalmente, ottiene più risalto sui media assetati di audience, like e consensi. In questo buio, in questo silenzio, si consumano terribili violenze psicologiche e fisiche. Ma i saggi ci insegnano che la vita non è mai solo inverno: la primavera non può, non deve, essere un’utopia. E c’è chi, con coraggio e tenacia, si impegna perché la primavera delle donne diventi presto realtà.
Correva l’anno 2007 quando due personaggi di straordinaria caratura umana, intellettuale e professionale decisero di creare qualcosa di unico, di cui si è parlato molto (mai troppo!). Due donne che in questa battaglia hanno messola faccia, oltre che impegno, dedizione e passione. Sono le fondatrici di Doppia Difesa Onlus (www.doppiadifesa.it), la famosa showgirl e conduttrice svizzera naturalizzata italiana Michelle Hunziker (regina indiscussa del piccolo schermo da quasi due decenni, una carriera strepitosa) e l’avvocato (ex ministro, oggi senatore) Giulia Bongiorno, salita alla ribalta per aver lasciato il segno in uno dei più clamorosi processi dal secondo dopoguerra. Michelle Hunziker, star di Zelig, Striscia la notizia, il Festival dei fiori e All Together Now, era vittima (come poi ci spiegherà dettagliatamente nell’intervista) di stalking e chiese aiuto all’avvocato Bongiorno. Bastò poco per comprendersi e, come non di rado accade tra persone concrete e intelligenti, dalle parole passarono presto ai fatti.
Doppia Difesa è oggi una struttura solida e ben organizzata, con sede a Roma, in via del Leone. Vanta uno staff di collaboratori di altissimo valore: operatori, psicologi, avvocati impegnati sia in attività di primo contatto e accoglienza sia in attività di consulenza e assistenza durante il lungo percorso che, mano nella mano, porta le vittime alla tanto agognata luce in fondo al tunnel. “Non accettare mai la violenza, in nessun caso e in nessuna forma” è il motto della straordinaria creatura firmata Hunziker & Bongiorno, nata con l’obiettivo di “aiutare chi ha subìto o subisce discriminazioni, abusi e violenza ma non ha il coraggio, o le capacità, di intraprendere un percorso di denuncia. Si tratta soprattutto di donne che spesso non hanno consapevolezza del loro status di vittime, perché vivono in condizioni di isolamento ideologico e/o sociale, nel silenzio oppure nell’indifferenza generale. Un fenomeno diffuso e multiforme”.
Scarpe rosse, ricorrenze e palloncini hanno un grande valore simbolico, ma da soli non bastano: servono strumenti efficaci per lottare contro un male tanto oscuro quanto subdolo. E se si è affiancate e sostenute da una delle più tenaci e combattive esponenti del mondo dello spettacolo e da uno dei più autorevoli avvocati del panorama nazionale, la sfida si fa – statene certe – meno ardua.
E allora sentiamo Michelle, in tutta la disarmante genuinità che la contraddistingue e che ha fatto di lei uno dei volti più amati dello show business. Oggi le sue parole assumono un valore particolare, sotto tanti punti di vista!
Michelle, due donne un unico ideale: Doppia Difesa, una fondazione Onlus a tutela delle vittime diviolenza. Una delle due donne è lei, l’altra è l’avvocato Giulia Bongiorno. Sono passati quattordici anni. Ci ricorda cosa avvenne e come è nato tutto?
Ho incontrato Giulia Bongiorno nel 2007: da diverso tempo avevo un “ammiratore” piuttosto assillante che mi rendeva la vita impossibile. Era quello che oggi chiameremmo uno stalker, una persona affetta da seri problemi psicologici che mi seguiva dappertutto. Aveva nei miei confronti una specie di infatuazione, sosteneva che ero la sua anima gemella e che la mia bambina Aurora era sua figlia. Aveva cominciato con lettere, messaggi, fiori, regalini, ma ben presto aveva cominciato a seguirmi, me lo ritrovavo sotto casa, agli studi televisivi... un incubo!
Già nel 2006 mi ero resa conto che c’era qualcosa di anormale, avevo una costante sensazione di pericolo, e così mi ero rivolta alle forze dell’ordine. Ma allora non esisteva una legge che tutelasse dagli atti persecutori: io, che avevo gli strumenti culturali e materiali per proteggermi avevo preso una guardia del corpo, ma pensavo a tutte le donne che si trovavano in una situazione simile alla mia e che non avevano scelta se non subire... in attesa che la situazione degenerasse, perché – come le cronache di questi anni hanno dimostrato – pedinamenti e molestie evolvono spesso in violenze anche molto gravi.
Davanti al mio persecutore le forze dell’ordine avevano le mani legate: gli ordinavano di lasciarmi in pace, di non avvicinarsi più a me... Lui se ne andava, e l’indomani mattina ricominciava da capo. Finché ho deciso di andare fino in fondo. Ho chiamato Giulia Bongiorno perché lei per me era il miglior penalista d’Italia: non ero certa che mi avrebbe dato ascolto, e invece ha subito preso a cuore il mio problema. “È possibile che non esista una legge che tuteli le donne dagli atti persecutori ossessivi?” continuavo a ripeterle. In altri Paesi infatti si parlava già di stalking, in Italia ancora no. Da lì abbiamo iniziato a confrontarci su tanti temi legati alla condizione femminile, per esempio la discriminazione che entrambe – in ambiti diversi e in forme diverse – avevamo subìto all’inizio delle rispettive carriere. Così, Giulia e io abbiamo deciso di mettere la nostra forza e la nostra credibilità al servizio di tutte le donne discriminate, minacciate, molestate, picchiate... Io avrei usato la mia popolarità per accendere i riflettori su certe questioni, Giulia avrebbe organizzato la parte legata all’assistenza legale e psicologica. Doppia Difesa è nata così, dalla volontà di dare voce e protezione a chi non ne aveva.
L’una faro in campo giudiziario e l’altra – amatissima star dello spettacolo – importante punto di riferimento per tutte coloro che hanno bisogno d’aiuto. Un binomio perfetto. Questo metterci “faccia & volontà” è stato – a suo giudizio – un punto a sostegno della Onlus?
Sì, senza dubbio. All’inizio abbiamo fatto molta comunicazione e cercato di dare coraggio alle donne, di far capire loro che è importante non tenersi dentro la paura, che bisogna trovare il coraggio di rompere il silenzio e uscire allo scoperto. Anche se è difficile. Per fortuna, oggi si cominciano a vedere i risultati e c’è più consapevolezza, ma quattordici anni fa la situazione era molto diversa.
Le donne, comunque, fanno ancora fatica a denunciare una violenza: perché si vergognano, perché temono di non essere credute, perché pensano di essersela meritata. A volte non sanno nemmeno di essere vittime, e tendono a sottovalutare quello che subiscono; oppure si convincono che per il bene dei figli sia meglio sopportare in silenzio. Tante, infine, si scoraggiano davanti ai tempi lunghi della giustizia, si spaventano all’idea di ritrovarsi nella stessa casa con l’uomo che hanno denunciato.
L’impegno di Doppia Difesa si articola attraverso due filoni principali: da una parte, il sostegno legale e psicologico alle vittime, che vengono seguite nel percorso di denuncia e di “uscita” dalla violenza; dall’altra, l’attività di sensibilizzazione (soprattutto tra i più giovani), perché la violenza è anche un problema culturale, che non può essere risolto soltanto con le leggi. Inoltre, forti della nostra esperienza, abbiamo sostenuto con grande impegno il testo della legge sul cosiddetto stalking, approvata durante il governo Berlusconi, nel 2009: la legge ha introdotto un reato nuovo per il nostro Paese, allo scopo di punire – finalmente! – gli atti persecutori.
Negli anni successivi, quando cercavamo di convincere le donne a denunciare, spesso ci sentivamo rispondere chele denunce non venivano prese in considerazione. E purtroppo diverse donne sono state uccise proprio in attesa del processo dei loro aguzzini: il loro coraggio si è infranto contro le lungaggini dei procedimenti di indagine, i tempi biblici dei processi e anche contro la scarsa sensibilità di chi aveva ricevuto le denunce.
Così, abbiamo lavorato a una nuova idea, quella di una specie di corsia preferenziale per accelerare l’adozione delle misure a protezione delle donne vittime di violenza domestica e di genere. L’abbiamo chiamata Codice Rosso. Quando Giulia è andata al governo ha fatto in modo che questa idea di Doppia Difesa diventasse legge, e infatti è una legge da lei voluta e firmata. È in vigore dall’agosto del 2019: tra gli altri effetti, oggi l’autorità giudiziaria deve ascoltare la vittima entro tre giorni dall’avvio del procedimento.
Sul vostro sito c’è un video (che riportiamo in fondo). Si legge: 7 milioni di donne hanno subito nel corso della vita violenza fisica o sessuale e 3 milioni l’hanno subita dai propri partner o ex partner (Istat 2017). Dati impressionanti. Un trend in crescita o per un certo periodo c’è stato un miglioramento?
Purtroppo, dal 2017 la situazione è peggiorata, invece di migliorare. Secondo i dati Istat dello scorso 5 febbraio, le uccisioni di donne sono aumentate. E nei primi mesi del 2020 gli omicidi di donne hanno raggiunto il 50% del totale degli omicidi durante il lockdown dei mesi di marzo e aprile... donne uccise principalmente in ambito affettivo/familiare, da partner o ex partner.
Come ho detto, la violenza contro le donne è anche un fenomeno culturale, che affonda le radici nella discriminazione, nella convinzione che le donne non siano pari agli uomini: potremo vincere la battaglia soltanto se cambieranno la mentalità e la cultura delle persone. Per questo Doppia Difesa crede tanto nella sensibilizzazione e nell’attività all’interno delle scuole, anche materne ed elementari.
Parole ricorrenti si leggono su www.doppiadifesa.it, quali: sensibilizzazione, riflettori, uguaglianza, difesa dei diritti e “la violenza nasce anche dalla discriminazione”. Ci può spiegare questo concetto? Ancora nel ventunesimo secolo in Italia possiamo parlare di discriminazione nei confronti delle donne?
Dispiace confermarlo, ma è proprio così. L’emancipazione e l’uguaglianza delle donne sono più formali che sostanziali. Ancora oggi le donne, a parità di incarichi, guadagnano meno degli uomini e fanno più fatica ad accedere a ruoli di vertice. Tanta gente crede ancora che esistano “lavori da donne” e “lavori da uomini”, e la cosa grave è che spesso sono proprio le donne a pensarla così! C’è tutta una zavorra di stereotipi, cliché e luoghi comuni che ancora ci impediscono di realizzare una vera parità: per fortuna, crescono la sensibilità e la consapevolezza su questi temi e si comincia a comprendere la necessità di instillare anche nei bambini molto piccoli il concetto che uomini e donne sono diversi ma uguali quanto a diritti, doveri e opportunità, che non esistono ruoli codificati, che le mamme e i papà sono intercambiabili nella gestione e nella cura della casa e della famiglia.
Vorrei che all’interno delle coppie ci fosse più solidarietà, e forse da questo punto di vista la reclusione forzata imposta dal Covid ha creato nuove consapevolezze e nuove abitudini... che spero saranno mantenute anche quando si tornerà a una piena normalità.
Ma ancora oggi vedo troppe donne che rinunciano a conquistarsi l’indipendenza economica perché sono state cresciute con l’idea che la donna sta a casa a occuparsi della famiglia, e troppi uomini che fanno i prepotenti con la scusa che sono loro a portare i soldi a casa. Quando questo equilibrio si rompe, quando la donna si stanca di subire o semplicemente desidera fare qualcosa per sé, allargare i propri orizzonti le conseguenze possono essere terribili: la ricerca di uno spazio di autonomia viene vista come un’insubordinazione, un tradimento; che l’uomo si arroga il diritto di “punire”. Tante donne dichiarano di non ribellarsi alle violenze dei loro uomini per amore dei figli, ma purtroppo poi i figli tenderanno a riproporre quello schema – ciascuno con il proprio ruolo – nella vita adulta: le bambine si sentiranno in dovere di subire, i bambini in diritto di abusare. L’esempio dei genitori è decisivo.
La cosa altrettanto interessante è che, anche grazie a Voi e a Doppia Difesa, sono state introdotte novità normative. Cosa si è fatto in campo giuridico, anche grazie all’impegno della Fondazione?
Come ho detto, anche grazie alla sollecitazione di Doppia Difesa ha visto la luce la legge sul cosiddetto stalking e, più di recente, quella sul cosiddetto Codice Rosso, che porta proprio la firma di Giulia Bongiorno.
Esistono tante altre strutture anti-violenza che aiutano le donne e le autorità competenti stanno attuando la corsia preferenziale per le vittime, ma non basta. Bisogna investire nelle generazioni future, la situazione cambierà solo se educheremo i nostri figli all’eguaglianza, al rispetto, al volersi bene, alla fiducia e alla comprensione.
Michelle, andiamo all’anno pandemico, l’intero 2020 e – ahinoi – anche parte di quello attuale. I numeri parlano chiaro. Aumento esponenziale durante il lockdown di violenze private e/o domestiche ai danni delle donne. Perché? Cosa scatta nella folle mente di un uomo/marito/fidanzato? Avete ricevuto anche voi segnalazioni in tal senso nel corso della chiusura forzata?
Attraverso Striscia la notizia ho cercato di far sapere a tutte le donne che – anche durante il lockdown – le forze dell’ordine erano pronte ad aiutare e a intervenire. All’inizio, infatti, si era diffusa la falsa notizia che la polizia non potesse intervenire. Il distanziamento sociale imposto dalla pandemia ha implicato la necessità di restare a casa, limitando il più possibile contatti e spostamenti. In un simile contesto di isolamento e paura, le inevitabili tensioni dovute a una convivenza praticamente ininterrotta (e in un clima di ansia generalizzata) più facilmente sono sfociate in violenza domestica. Molte donne si sono ritrovate letteralmente in ostaggio in casa propria, in balìa di mariti e compagni violenti. Se per tanti di noi la casa in questo anno ha rappresentato più che mai un rifugio, per loro è stata una trappola. Tante hanno esitato prima di chiamarci. Eppure, solo dagli inizi di marzo agli inizi di maggio 2020 abbiamo sostenuto oltre 150 donne in modalità di lavoro agile, con oltre 300 attività svolte di primo aiuto, sostegno legale e psicologico.
Gli strumenti tecnologici e informatici hanno permesso alla nostra Fondazione di continuare a svolgere le sue attività consuete in modalità di lavoro agile, nel rispetto delle norme imposte dall’emergenza epidemiologica. Il nostro team ha lavorato senza sosta per non far mancare il sostegno a chi ci ha chiesto aiuto. Il problema è che la convivenza forzata ha esasperato le dinamiche malate
Ho notato che molti uomini semplicemente non accettano un “no” dalla moglie o dalla compagna: magari perché sono stati cresciuti da una madre che dagli uomini di famiglia ha sempre subìto tutti e quindi proprio vanno in pezzi davanti a una donna che si nega. Essere abbandonati da qualcuno che ritenevano una loro proprietà scatena un dolore e una rabbia così intensi che distruggerlo, letteralmente distruggerlo, diventa l’unico modo per far fronte alla situazione: mi spiego così i corpi violati, bruciati, fatti a pezzi. Ed è a questo che mi riferisco quando dico che la violenza è anche un problema culturale.
Ripetiamo a chi ci segue come fare ad aiutare DOPPIA DIFESA e quindi le donne vittime di abusi e violenze. Oltre al 5 per mille le donazioni possono effettuarsi liberamente sul sito o in quale altra forma?
Ogni anno riceviamo circa duemila contatti, soprattutto da parte di donne che poi beneficiano in vario modo delle nostre attività: ricevono gratuitamente consulenze legali (penali e/o civili) e consulenze psicologiche telefoniche, vengono assistite in giudizi penali e/o civili, sono seguite con assistenze psicologiche e percorsi terapeutici. Ma aiutiamo anche dando informazioni pratiche e offrendo ascolto a chi ha bisogno innanzitutto di sfogarsi e di essere confortato. Inoltre, è frequentissimo che una stessa persona riceva una molteplicità di aiuti complementari e per più di una volta nell’arco di un periodo.
Per portare avanti il lavoro ci vogliono energia, pazienza, coraggio: abbiamo una squadra fantastica, capace di prodigarsi per queste donne che non potrebbero mai permettersi un avvocato o uno psicologo. Le donazioni per noi sono importantissime: mi rendo conto che quello dei donatori è un atto di fiducia e d’amore. Noi non usiamo i fondi per costruire scuole, acquistare macchinari o scavare pozzi di cui poi possiamo mostrare le foto: il nostro è un lavoro immateriale, ma non per questo meno prezioso. Sul sito www.doppiadifesa.it, nella sezione “sostieni DD”, sono disponibili tutte le informazioni per chi volesse aiutarci.
Personale addetto. Ribadiamolo nuovamente. Un concetto che è molto importante. Un messaggio fondamentale che deve giungere ai lettori è che oltre a Hunziker e Bongiorno dietro Doppia Difesa ci sono dei grandi professionisti.
Le vittime di violenza ci scrivono mail, lettere o fax in cui raccontano le loro storie e il personale di Doppia Difesa le contatta – di regola, lo stesso giorno in cui arriva la richiesta di aiuto. Nel corso di questo colloquio preliminare – essenziale per stabilire una relazione di fiducia – vengono raccolte informazioni aggiuntive per comprendere al meglio il tipo di bisogno della donna, verificando se e come sia possibile sostenerla con la successiva attività di consulenza e/o di assistenza legale e/o psicologica. I consigli riguardano anche gli eventuali figli minori. Spesso, comunque, chi ci chiama cerca innanzitutto qualcuno disposto ad ascoltare: chiede di essere creduto, senza essere giudicato.
Ci vogliono persone fuori dal comune per offrire questo tipo di assistenza: persone capaci di lavorare con dedizione, con il giusto mix di professionalità e umanità. Sono loro il cuore pulsante della fondazione. Giulia Bongiorno e io facciamo interviste, sollecitiamo l’adozione di nuove leggi, lavoriamo sulla prevenzione e i progetti educativi, però poi ci sono tante donne che possono riprendere in mano la loro vita proprio grazie lavoro svolto concretamente dai nostri collaboratori. Tutte le donne che abbiamo aiutato sono speciali e ognuna di loro ha lasciato in noi un segno, ma ricordo con particolare emozione Imma Rizzo: più volte era stata sporta denuncia contro il ragazzo che poi ha ucciso sua figlia, Noemi Durini, ma non è stato possibile fermarlo. È stato proprio pensando a Noemi che è nata l’idea del Codice Rosso, perché non dovessero morire altre donne “in attesa di giudizio”.
Un paio di domande personali a chiusura. Come ha vissuto il difficile anno di Covid e cosa ne pensa dei vaccini? Vuole mandare un “messaggio” agli operatori sanitari che, in questa dura lotta, sono stati i veri eroi? In molti purtroppo ci hanno lasciato.
L’anno del Covid l’ho vissuto come tutti quanti con inevitabili “up” e “down”.
Durante la prima ondata ero a Bergamo, dove la situazione era tragica. Vivevamo con il sottofondo costante delle sirene delle ambulanze, vedevamo i carri armati passare davanti a casa. D’altra parte, però, sentivo la responsabilità di tirare su di morale gli altri, dunque ho fatto del mio meglio per far sorridere tutti. Per esempio, visto che a me piace lo sport, ho fatto delle sedute di allenamento che diffondevo attraverso i social network: un modo per stare vicino alla gente chiusa in casa, per spingerla a prendersi cura di sé, nonostante tutto. E non ho mai smesso di lavorare:la programmazione di Striscia la notizia è andata avanti come sempre e io, forse per la prima volta in vita mia, mi sono resa conto che l’intrattenimento è diventato davvero importante. Far sorridere per me è sempre stata una missione, ma durante il lockdown ancora di più. Soprattutto perché io avevo intorno la mia famiglia, ed eravamo tutti sani e al sicuro. Tanta gente invece soffriva per i propri cari, in ospedale, e tanti sono morti soli – una tragedia per chi non ha avuto conforto e per chi non ha potuto offrirlo.
Durante la seconda ondata ho avuto, come tutti, un profondo senso di delusione e sconforto per quello che stava succedendo al Paese, all’economia, con gli imprenditori costretti a chiudere, la gente che perdeva il lavoro... Adesso cerco di fare la mia parte e di essere sempre fiduciosa e ottimista, anche se non è sempre facile.
In alcuni Paesi la campagna vaccinale procede spedita e sta già dando ottimi risultati: io nutro grandi speranze, il vaccino mi dà un senso di libertà, di rinascita, mi fa sognare di ritrovare la normalità. Spero che anche in Italia cominci a funzionare, con le giuste precedenze per le categorie più bisognose di protezione. Sono preoccupata per mia madre, che ha settantasette anni e ha avuto problemi ai polmoni... ancora non ha potuto vaccinarsi. Quando arriverà il mio turno, io lo farò senz’altro! Lo vedo proprio come un dovere civico: invito tutti a superare qualunque remora, qualunque ideologia, qualunque paranoia, e a vaccinarsi appena ne avrà la possibilità. È l’unico modo per ripartire.
Ho molti amici medici che hanno vissuto la pandemia in prima linea, negli ospedali, e ogni giorno li ringrazio. E penso con commozione e gratitudine a tutti i medici e gli infermieri che hanno perso la vita nel compimento del loro dovere.
Comparto dello spettacolo in era virus. Quindi teatro, cinema, eventi. Ha sofferto? Si poteva fare di più – secondo lei – per aiutare almeno le maestranze?
La categoria non è stata protetta, in tanti sono rimasti fermi, senza la possibilità di tirarsi fuori da questa situazione di difficoltà. Tanti colleghi non lavorano da febbraio dell’anno scorso... e se non lavori, non mangi! Un disastro. Anche per questo dico che il vaccino è importante. Bisogna ascoltare gli scienziati e vaccinarsi per ripartire: la cosa più importante è ricominciare a lavorare.
Un ultimo appello. Ragazze, donne di qualsiasi età: non abbiate paura! Chiamate Fondazione Doppia Difesa Onlus ai numeri presenti sul sito per farvi aiutare, e chi può sostenga Doppia Difesa attraverso il proprio 5 per mille o con una donazione.
Naturalmente. Ci sono avvocati e psicologi esperti, che dopo avervi ascoltato possono consigliarvi e guidarvi con competenza e sensibilità nel percorso di uscita dalla violenza.