Il Sociale
Smart tourism, le guide turistiche scritte dai ragazzi down
Vuoi mangiare un colcannon a Dublino? Se sei vegetariano i redattori della guida Smart Tourism della capitale irlandese te lo sconsigliano: è una salsiccia di maiale con pancetta e patate. In compenso puoi rifarti con i molti tipi di whiskey che esistono in Irlanda, a iniziare dai più famosi: il Jameson, il Paddy e il Bushmills. Se vuoi vedere qualcosa di caratteristico puoi usare i comodi bus turistici a due piani e visitare i posti più belli della città: il Trinity College (l’Università più antica di Irlanda) e la cattedrale di Christ Church. Se poi vuoi passeggiare, niente di meglio di O’Connell Street, la strada principale della capitale irlandese, mentre per bere una buona birra vai sul sicuro dirigendoti verso la fabbrica della Guinness.
Queste e altre informazioni si trovano nella guida Smart Tourism di Dublino, scritta da ragazzi con sindrome di Down irlandesi – insieme ad altri giovani europei – con un linguaggio semplice e chiaro, destinato a persone con disabilità intellettiva, con scarsa scolarizzazione o con poca comprensione della lingua. L’idea – di cui si racconta in uno dei numeri estivi della rivista SuperAbile Inail - di realizzare un testo ad alta comprensibilità per viaggiare è nata dall’Associazione italiana persone Down (Aipd), che dal 2011 – attraverso due progetti finanziati dalla Comunità europea (“Smart Tourism” e “Turisti non per caso”) – ha permesso la realizzazione di sette guide di città del vecchio continente: Roma, Dublino, Lisbona, Venezia, Praga, Budapest e La Valletta. Sulla scia dei progetti europei, poi, alcune città italiane hanno voluto realizzare la stessa esperienza, dando vita alle guide di Nardò, Mantova e Marca Trevigiana. La stesura dei testi ha coinvolto complessivamente 70 ragazzi con sindrome di Down, che hanno inizialmente individuato e visitato fisicamente la propria città alla ricerca di “chicche” da illustrare nel testo. In un secondo momento hanno fatto testare ad altri giovani con Trisomia 21 – quelli delle associazioni europee loro partner – la validità delle informazioni, andando a verificare, a loro volta, l’utilità delle guide degli altri Paesi.
Il risultato? Tanto entusiasmo, tanta voglia di fare e tanta felicità nel partire insieme al proprio gruppo di lavoro verso luoghi mai conosciuti prima. “Mi è piaciuto fare questo lavoro – racconta Michela Giannola, veneziana – perché ho visto tante cose belle: per scrivere la guida ci siamo chiesti quali informazioni servono ai turisti, quali sono le cose più curiose da vedere, come ci si muove a Venezia, dove dormire, dove mangiare, qual è la storia della città”. Città che Michela e i suoi amici definiscono così: "Venezia è un’isola costruita sull’acqua e ha la forma di un grande pesce". Nella guida, descrivendo i sestieri (i quartieri), i ragazzi indicano subito il numero di ponti: sono 416, utili per girare la città a piedi se non si vuole prendere il vaporetto; non manca una scheda con tutti i prezzi aggiornati. Fra i cibi più famosi segnalano quelli a base di pesce: il risotto con il bisato (l’anguilla) o il fegato alla veneziana, cotto con le cipolle. Per chi vuole fermarsi a dormire ecco nomi e indirizzi su hotel economici sia sull’isola che sulla terraferma, mentre per i più giovani sono indicate alcune discoteche. Tra gli itinerari tracciati (ogni guida ne presenta dieci), il museo Correr, la Chiesa della Salute e la Punta della Dogana, oltre al più noto Palazzo ducale, alla basilica di San Marco e al ponte di Rialto. L’ultimo suggerimento dei ragazzi veneziani è quello di non rinunciare al giro delle isole, senza tralasciarne nessuna.
Come tutti i giovani con sindrome di Down che hanno scoperto la propria città, anche i ragazzi veneziani sono poi partiti per conoscere gli altri redattori e testare le guide delle varie città. "Siamo andati a Budapest – racconta ancora Michela –, dove ho conosciuto delle persone Down come me e ho scoperto che sono in gamba come da noi”. Oltre a impossessarsi della bellezza del loro luogo di nascita, i ragazzi coinvolti nei progetti hanno potuto conoscere a fondo – tramite un percorso “privilegiato” preparato dai loro colleghi degli altri paesi – anche metropoli lontanissime e molto diverse tra loro.
Per Anna Contardi, coordinatrice nazionale di Aipd, è il valore aggiunto di queste esperienze: “Tra gli obiettivi dei progetti c’è senz’altro la necessità di tradurre in azioni concrete il significato di essere cittadini europei. Per farlo, abbiamo pensato che una strada potesse essere quella di dare la possibilità ad alcune persone con sindrome di Down di visitare altre città, vivere insieme esperienze comuni, conoscere persone di altri Paesi”. L’impegno come redattori, inoltre, non è stato solo un’occasione di scambio e di crescita ma anche un lavoro, e come tale retribuito con uno stipendio. “Le guide non solo sono scritte in modo semplice, ma sono pensate proprio nell’ottica del lettore – conclude Contardi –. Il nostro impegno è continuare a lavorare per l’inclusione e i progetti europei per i giovani sono un territorio di incontro forte in questo senso”.
Si chiama plain language e nasce negli anni Settanta nei paesi anglofoni per la semplificazione del linguaggio della burocrazia. Dieci anni dopo in Italia vede la luce "Due parole", un giornale di informazione scritto in linguaggio semplificato, diretto da Emanuela Piemontese e promosso da Tullio De Mauro presso l’Università La Sapienza di Roma. Negli ultimi anni Inclusion Europe diffonde le linee guida internazionali (easy reading) per scrivere in modo semplificato, con l’obiettivo di favorire le persone con disabilità intellettiva, scarso livello di scolarizzazione o straniere nell’accesso alle informazioni e ai testi scritti.
Nella stesura di un testo ad alta comprensibilità si utilizzano alcune tecniche specifiche: uso di un lessico comune; no a parole straniere, se non quelle molto conosciute (come babysitter); di fronte a una coppia di sinonimi si sceglie quello meno forbito (no “recarsi”, sì “andare”); si preferiscono le parole concrete alle espressioni astratte (“impiegati” meglio di “risorse umane”); non si usano metafore. No anche ad acronimi o abbreviazioni, così come a termini tecnico-specialistici. Anche le frasi vengono costruite in modo semplice, con soggetto, verbo e complemento, preferendo la brevità. Sono importanti pure gli aspetti grafici: il carattere di stampa deve essere sufficientemente grande e il testo diviso il più possibile in titoli, sottotitoli e paragrafi. Consigliabile, infine, l’uso di elenchi numerati e immagini accanto al testo per una maggiore comprensione del contenuto. (Marta Rovagna)
Da Redattore Sociale