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Juventus, e il Sarrismo dov'è finito? I problemi di una squadra in difficoltà
Juventus, e il Sarrismo dov'è finito? Gioco compassato, pochi tiri in porta, allenatore e giocatori smarriti: i problemi di una squadra in grande difficoltà
di Lorenzo Pastuglia (@pastu_jami22)
Ma alla fine il Sarrismo dov’è finito? Perché finora in questa Juve se ne è visto veramente poco. Dopo 90 minuti e poco più di un duello limitato dalle ruggini lasciate dal coronavirus, dal campo dell’Olimpico è emerso un verdetto abbastanza chiaro: finale di Coppa Italia meritatamente al Napoli e Juve in difficoltà come il suo allenatore. Il quarto d’ora iniziale dei bianconeri è andato piano piano sostituendosi con la maggiore intensità della squadra di Gattuso, che ha pressato, corso e creato diverse occasioni. E se non fosse stato per il palo di Insigne nel primo tempo o il doppio miracolo del sempreverde Buffon a 30 secondi dal triplice fischio, la finale forse non si sarebbe neanche decisa ai calci di rigore.
Maurizio Sarri dopo la finale persa con il Napoli (foto LaPresse)
Ora manca la Juve di Allegri?
Quella padronanza sul campo, quella capacità di chiudere molte partite prima del 90’ (e con diversi gol), sono le qualità che sono mancate da quando Massimiliano Allegri ha dato l’addio la passata estate. Anche l’anno scorso erano piovute diverse critiche: “La Juve di Max non ha un gioco”, gridavano in coro diversi tifosi bianconeri, di altre società o qualche critico calcistico in tv. Ma il cambio con l’allenatore toscano - che sfiorò la vittoria del campionato due anni fa con il Napoli (la sconfitta di Firenze e il gol di Higuain a San Siro, ve lo ricordate?) e vinse l’Europa League con il Chelsea lo scorso anno (con stavolta in squadra il Pipita che è tornato a Torino al suo fianco) - non è bastato a dare la svolta per il bel gioco. Anzi, il contrario. Squadra lenta, compassata, tanti cambi di fascia e un giro palla sterile, per non arrivare mai a tirare in porta o a creare spunti decisivi. Quello che invece sia con l’Inter sabato, che ieri, il Napoli è riuscito a fare. Con il Milan è stato lo stesso, ma se si vuole perdonare la squadra per lo stop coronavirus, gli altri risultati prima della pausa forzata non possono giustificarla: la sconfitta in rimonta a Verona, il pareggio contro il Milan nell’andata di Coppa Italia, la sconcertante prestazione contro il Lione (con un ritorno ancora da giocare, la gara d’andata è finita 1-0 per i francesi). Solo la vittoria in casa contro l’Inter dell’ex Antonio Conte, che ha allontanato i nerazzurri dallo scudetto, alza di poco la media.
Cuadrado a terra dopo uno scontro con Callejon (foto LaPresse)
Senso di appartenenza
Per non parlare del cuore, del sudore, della voglia di portarsi a casa un titolo. Tutto ciò che è mancato alla Juve, con una condizione atletica ancora troppo indietro. “Il senso di appartenenza”, pronunciato da Gattuso a fine partita dopo essere stato circondato dai suoi giocatori e dal presidente Aurelio De Laurentiis, quelli che gli sono stati vicino nelle ore successive alla morte di sua sorella Francesca. Un regalo bellissimo quello ricevuto dall’allenatore ex Milan, un attestato di amore e stima da parte di tutti. Dall’altra sponda, Sarri sembra invece guidare una squadra senza identità. Un insieme di giocatori stellari che tutto d’un tratto si sono smarriti. Solo i centrali di difesa (De Ligt-Bonucci) e Gigi Buffon si salvano. Se si parla degli altri è un ecatombe: Dybala ha sbagliato un altro rigore dopo quello in Supercoppa Italiana contro il Milan nel 2016 (stavolta murato da Meret e non da Gigio Donnarumma), Douglas Costa non è più devastante come prima sulla fascia, Ronaldo è la lontana copia del giocatore che ha vinto cinque Palloni d’Oro, e il suo sguardo spaesato in panchina in attesa della premiazione dice tutto. Proprio ieri sera il fenomeno portoghese ha compiuto un piccolo ‘record negativo’. In carriera non aveva mai perso due finali consecutive, con la Juve è la prima volta: la Supercoppa Italiana contro la Lazio (sconfitta per 3-1 a dicembre in Qatar), poi la disfatta dell’Olimpico contro il Napoli. E intanto la sorella di CR7, Elma, ha sparato a zero proprio contro Sarri con dure parole: “Non puoi fare miracoli, non capisco come si possa giocare così”. Con sullo sfondo gli sfottò dei tifosi napoletani sui social, ancora feriti per il suo arrivo alla Juve quest’anno: “Maurizio ha fatto vincere il primo trofeo al Napoli”, recita uno.
Rialzarsi per salvare la stagione
Sarri non è però l’unico colpevole di una squadra in difficoltà. Perché in campo ci vanno i giocatori che però stanno deludendo e dovevano invece essere al centro del progetto: come Pjanic o gli oggetti misteriosi Rabiot e Ramsey, quest’ultimo meglio del francese ma spesso infortunato. O di altri casi come Higuain, che vuole tornare in Argentina vicino alla mamma malata. Ora mancano pochi mesi per cambiare una realtà già di per sé complicata. La Juve rimane in gioco nell’accoppiata campionato-Champions League e per entrambe non sarà per nulla una passeggiata. In Serie A la Lazio è a solo un punto di distanza, convinta di poter vincere il suo terzo campionato dopo aver già battuto due volte i bianconeri in stagione: all’Olimpico per 3-1 in campionato e nella già citata Supercoppa Italiana. In Europa si parte dalla scomoda sconfitta di Lione e in caso di passaggio ci saranno poi le Final Eight di Lisbona (a porte chiuse). Serve cambiare mentalità e gioco o altrimenti la nave Juventus rischia di affondare veramente…