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Disordine sessuale compulsivo? Un disturbo di salute mentale. SESSO CHOC
Sesso come disordine mentale. Oms ricerca choc sul disordine sessuale compulsivo
Disordine sessuale compulsivo? Un disturbo di salute mentale. SESSO CHOC
Per la prima volta in assoluto il disturbo sessuale compulsivo, il sex addiction, è stato classificato come disturbo di salute mentale. A dirlo è l'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'OMS ha, infatti, inserito, aggiornando a giugno la lista relativa alle patologie, la dipendenza dal sesso all'interno delle patologie mentali.
Sesso come disordine mentale. Oms ricerca choc sul disordine sessuale compulsivo
Nell'elenco il disturbo sessuale compulsivo viene definito come "uno schema di fallimenti nel controllare impulsi sessuali intensi e ripetitivi, che sfociano in comportamenti sessuali ripetuti". La delineazione di una vera e propria malattia, che entrerà ufficialmente in vigore nel 2022, quando verrà approvata e accettata dall'assemblea dell'OMS.
Disordine sessuale compulsivo? Un disturbo di salute mentale. SESSO CHOC - i sintomi
Tratteggiati anche i sintomi di tale patologia all'interno della definizione: "le attività sessuali diventino centrali nella vita della persone al punto da far trascurare la salute, la cura personale o altri interessi, attività e responsabilità, nonostante conseguenze avverse o un azzeramento della soddisfazione sessuale stessa".
Disordine sessuale compulsivo? Un disturbo di salute mentale. SESSO CHOC - sei mesi di dipendenza
Come nel caso della dipendenza da videogame, per essere considerato patologia, il disturbo sessuale compulsivo deve superare la durata di sei mesi.
Disordine sessuale compulsivo? Un disturbo di salute mentale. SESSO CHOC - esperti divisi
Non tutti gli esperti, però, si trovano d'accordo e ad alcuni tale decisione ha suscitato qualche perplessità, in quanto ancora non esistono studi nazionali che documentino un numero evidente ed importante di persone affette da tale disturbo. Molti sostengono si tratti di un disturbo principalmente autonomo, nonostante alcune ricerche svolte a livello regionale, suggeriscano che potrebbe interessare circa il 5% della popolazione. La decisione dell'OMS aiuterebbe a definire meglio in questo senso tale disturbo.