Russia, salta il numero uno dell'antidoping - Affaritaliani.it

Sport

Russia, salta il numero uno dell'antidoping

Sono "infondate" le accuse rivolte alla Federazione di atletica russa dal report della commissione della Wada, l'agenzia mondiale antidoping: lo sostiene il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. "La questione - ha detto Peskov - è che se ci sono delle accuse allora devono essere sostenute da qualche prova, finché non si sono sentite le prove è difficile percepire le accuse, sono infondate". Il documento dettagliato, di 323 pagine, denuncia l'uso diffuso di sostanze proibite nello sport russo e la copertura del governo e perfino dell'Fsb, i servizi segreti di Mosca: di fatto un sistema di doping di stato. Il report chiede la sospensione dalle competizioni internazionali di tutti gli atleti russi, che rischiano quindi di non poter partecipare ai Giochi olimpici di Rio.

Il Cio in tal senso si muove: "Vista la politica di tolleranza zero nei confronti del doping, saranno pprese tutte le misure e le sanzioni necessarie per quanto riguarda l'eventuale ritiro e riassegnazione delle medaglie, nonché l'esclusione dai futuri Giochi". Sulle Olimpiadi invernali di Sochi 2014, in Russia: "I risultati dei test antidoping di Sochi sono credibili ma saranno ritestati".

Il ministro dello Sport Vitaly Mutko assicura invece la disponibilità della Russia a fare fronte a eventuali irregolarità "di qualsiasi tipo" da parte dell'agenzia antidoping nazionale. Il ministero esaminerà il dossier anche se ritiene che non sia la Wada a dover predeterminare e quindi consigliare azioni che spettano ad altre organizzazioni, come la sospensione da tutte le attività degli atleti russi. La commissione presieduta da Dick Pound ha svelato l'esistenza in Russia di una centrale che ha coperto sistematicamente i casi di doping attraverso la distruzione delle provette, la creazione di laboratori paralleli, la corruzione e l'intimidazione dei predisposti ai controlli. "Rispettiamo la commissione della Wada - è scritto in un comunicato -, ma non riteniamo che nelle competenze della commissione vi sia il predeterminare ulteriori azioni delle organizzazioni sportive internazionali, dove i rappresentanti del movimento sportivo della Russia sono membri a pieno titolo", ha contrattaccato Mosca. Nel comunicato si promette collaborazione e pugno duro nella lotta al doping. Il primo effetto della bufera intanto è arrivato. Si è dimesso Grigory Rodchenkov, il direttore del laboratorio di Mosca accreditato con l'agenzia antidoping al centro delle accuse contenute nel rapporto della Wada. Lo ha comunicato lo stesso Mutko in una intervista alla Tass.

Intanto è atteso per mercoledì a Sochi l'incontro tra Putin incontrerà e i capi delle Federazioni sportive russe per parlare della preparazione degli atleti alle Olimpiadi di Rio. Lo rende noto il Cremlino.

Il primo provvedimento da parte della Wada nel frattempo è già arrivato: è stato infatti sospeso l'accreditamento per il laboratorio antidoping di Mosca. La sospensione, un'altra delle richieste contenute nel rapporto della commissione, ha effetto immediato. Tutti i campioni del laboratorio dovranno essere trasportati presso un laboratorio alternativo e accreditato dall'agenzia antidoping "in modo sicuro, verificando con certezza che non venga alterata la catena di custodia".

All'interno del documento che ha scoperchiato il doping di Stato in Russia, oltre alla richiesta di sospendere la federazione russa di atletica leggera dalla competizioni per due anni, ci sono nomi di dirigenti ed atleti da squalificare a vita. Oltre ad atlete del calibro di Savinova e Poistogova, oro e bronzo negli 800 a Londra 2012, c'è un nome famosissimo in patria, dove è chiamato "il padre di tutte le vittorie dei nostri marciatori". E' Viktor Chegin, 53enne, colui che ha costruito tutti i successi della marcia russa operando nell'inavvicinabile centro specializzato e segreto di Saransk: è l'allenatore più vittorioso al mondo ma anche molto chiacchierato per i suoi metodi di lavoro che viaggerebbero in parallelo col doping. Per sfidare le squalifiche inflitte per doping, Chegin era anche a conoscenza della partecipazione ad alcune gare interne, ma comunque ufficiali, di atleti squalificati. Il fatto è accaduto alla fine dello scorso anno quando Elena Lashmanova partecipò ad una competizione indoor. Nel luglio 2014, a seguito di un'inchiesta della Rusada (l'agenzia antidoping russa) sui casi di doping nella marcia, la federazione di atletica di Mosca non aveva accreditato ufficialmente Chegin per gli Europei di Zurigo. Il tecnico era comunque presente in Svizzera ai bordi del circuito di marcia.

Suoi allievi sono stati tutti i marciatori russi che da metà dagli anni '90 ad oggi hanno vinto qualcosa di importante. Il primo marciatore più famoso è stato German Skurygin, già campione del mondo nel 1999 sulla 50 km (titolo poi revocato e andato all'italiano Ivano Brugnetti), morto a soli 45 anni per infarto. La new generation del marciatori russi, quella che ha fatto largo uso di in particolare di eritropoietina (Epo), ha visto implicati campioni del calibro di Olimpiada Ivanova, Olga Kaniskina, Valeriy Borchin, Sergey Kirdyapkin, Lashmanova , Sergey Morozov, Stanislav Emelyanov e tanti altri. Nel 2015 il doping ha annientato il settore e nessun marciatore russo era presente ai Mondiali di Pechino. Almira Alembekova, sulla quale vi erano forti dubbi dopo la vittoria in Coppa Europa nel maggio scorso, ha smesso di allenarsi con la scusa di preparare il matrimonio di fine agosto ed il viaggio di nozze in Turchia con Aleksandr Ivanov, ormai ex campione del mondo sulla 20 km. In totale gli atleti trovati positivi o comunque con un passaporto biologico anomalo seguiti da Chegin sono stati ben 37. Molti casi sono emersi proprio negli ultimi mesi. Tre di loro Igor Erokhin, Kanaykin e Morozov sono stati squalificati a vita per recidività.

Si complica anche per l'ex presidente della Iaaf, Lamine Diack, è stato provvisoriamente sospeso sospeso da membro onorario del Comitato olimpico internazionale. L'82enne dirigente senegalese è indagato dalla polizia francese sospettato di aver preso tangenti per coprire test di atleti positivi al doping. "Il Comitato esecutivo del Cio ha deciso questo pomeriggio di confermare la proposta della Commissione etica di sospendere provvisoriamente il signor Lamine Diack, l'ex presidente della Iaaf, dal suo ruolo di membri onorario del Cio".