Viaggi
Posta Marcucci, riapre il celebre hotel di Bagno Vignoni in Val d'Orcia
Riapre il 5 giugno la storica struttura in Toscana, della famiglia Costa. Affaritaliani incontra Michil Costa, che parla delle prospettive del turismo italiano
Riapre lo storico albergo di Bagno Vignoni, dopo duri mesi di lockdown che hanno messo a dura prova il settore turistico italiano. Affaritaliani intervista Michil Costa
Posta Marcucci, a Bagno Vignoni, è una struttura semplice, incastonata nel verde di un bel giardino che guarda la valle dall’alto, offrendo una vista suggestiva nel cuore della Val d’Orcia. Di fronte spicca la Rocca di Tentennano, a testimoniare come questi luoghi siano imbevuti di un passato ricco di storia. Pienza, Montalcino, Radicofani, il Monte Amiata, Buonconvento, San Quirico sono località vicine, accessibili, ricche di testimonianze architettoniche di stampo medievale e rinascimentale. All’interno di chiese e palazzi immancabili sono i capolavori che hanno reso e rendono tuttora l’Italia un paese unico al mondo in quanto alla qualità del patrimonio artistico che sa offrire. Posta Marcucci, ormai da alcuni anni di proprietà della famiglia Costa della Val Badia (gli stessi proprietari dell’hotel La Perla e del Berghotel Ladinia di Corvara) con le sue 36 camere, è celebre per la sua piscina, immersa nel giardino, formata da due vasche con acqua non filtrata per non modificarne gli equilibri consolidati nel tempo. Nella prima vasca la temperatura dell’acqua si stabilizza fra i 35 e 38°C, nella seconda fra i 28 e 32°C, creando così un’alternanza di calore che è pura vitalità. Quest’acqua ricca di calcio, ferro e zinco, ideale per lenire artrosi e reumatismi, si distingue da secoli per la sua salubrità. È noto come Etruschi e Romani amassero questo luogo, così come Caterina Benincasa, santa patrona d’Italia, Papa Pio II e Lorenzo il Magnifico ne descrissero qualità e virtù. La storia dell’hotel è davvero sorprendente. L’hotel prende forma nell’Ottocento, quando la famiglia Marcucci, originaria di Bagno Vignoni, inizia a gestire una locanda con rivendita di alimentari e recapito postale. Un secolo dopo, esattamente nel 1956, i Marcucci iniziano a costruire il corpo centrale dell’attuale albergo su una vigna spiantata. E’ quando prende a sgorgare acqua calda nella piscina voluta proprio nel giardino, e siamo a metà degli anni Settanta, che l’albergo inizia a diventare luogo di culto, piacere, benessere. L’acqua, che fluisce naturalmente a una temperatura di 49°, è l’elemento liquido che s’incastona perfettamente nella solidità di una struttura al cui interno trovano spazio mobili antichi, oggetti di famiglia, segni concreti di una modernità essenziale. Ed è in questo solco, fatto di concretezza priva di sfarzo, che oggi la storia cambia pagina senza mutare trama. Chi ne ha preso le redini, Michil Costa con la sua grande famiglia, ha un fine preciso: tramandare lo spirito leggero e soave che qui regna con rinnovato vigore, gioia e semplicità.
Signor Costa, ci può raccontare come lei, dalla Val Badia, è passato a gestire un hotel nel cuore della Toscana?
Mai niente avviene per caso. Negli ultimi anni ho avuto una attrazione fatale per il bello. Ho letto Platone che parla delle sue idee utopiche del bello. Non voglio dire che la bellezza salverà il mondo, mi sembra un pò eccessivo, perché sono più di impostazione buddista. Bagno Vignoni è un posto magnifico, c’è una energia unica, c’e tanto di autentico. E poi mi piace questa comunità toscana, il modo di vivere e parlare. Prima di me c’era la famiglia Marcucci, che aveva deciso di vendere, e dopo qualche esitazione iniziale dovuta al grande investimento economico, ci siamo decisi perché innamorati di questa meravigliosa realtà toscana. Ho seguito gli insegnamenti che mi ha dato mio padre a Corvara quando diceva che per avere successo non devi pensare tanto all’obiettivo economico, quanto all’entusiasmo che deriva da una impresa. Le persone che vengono da te, quando hai una impresa alberghiera, si accorgono che tu ti prendi cura di loro e ci metti tutto l’impegno per accoglierli nel migliore dei modi come un angelo tutelare dell’ospitalità. Non si può pensare sempre ai conti, ecco perché il mondo non funziona, perché si pensa al puro ritorno economico mentre l’obiettivo principale è la cura della persona che va messa la centro. In questa epoca così difficile io vorrei sentire di più gli intellettuali, i filosofi e i poeti, piuttosto che gli economisti che parlano sempre di conti e piani finanziari. Bisogna dare più spazio alla profondità della saggezza umana.
Questa crisi cambierà il settore alberghiero. Recentemente un rapporto di Confindustria alberghi delinea una prospettiva a medio termine per niente ottimista. Cosa prevedere lei?
Io non faccio altro che ripetere quello che altre persone più sagge di me hanno già detto in passato, cioè che dal punto di vista economico sarà un disastro, ma quello che ci vuole più di tutto adesso sono degli incentivi a fondo perduto legati ad un futuro turistico che abbia una sostenibilità sociale con il territorio di appartenenza. Altrimenti significa che un terzo degli hotel andrà a gambe per l’aria. E’ molto difficile far capire alle persone dell’ambito turistico che il visitatore non deve essere trattato come tale ma come cittadino che usufruisce di determinati servizi, in una ottica di accoglienza completamente diversa dai canoni attuali. Il turismo non può essere solo strategia di marketing ma deve esserci un umanesimo nel settore turistico. Nel caso della nostra famiglia i clienti non sono considerati come tali ma come ospiti. I grandi alberghi che fanno grandi numeri, ma che hanno anche grandi costi, faranno una immensa fatica a risollevarsi da questa crisi se non adotteranno delle nuove politiche di accoglienza. E’ un processo molto lungo e complesso, che non si attua dall’oggi al domani solo perché ci si ritrova immersi in una crisi sanitaria senza precedenti.
Cosa prevede per il futuro?
Purtroppo temo che ripartiremo con una grande velocità senza far tesoro degli errori del passato e, quindi, senza aver riflettuto sulle strategie corrette dal mettere in atto. C’è però una grande opportunità. Prevedo infatti che il nuovo centro del mondo non sarà più l’Occidente ma l’Oriente, con la sua cultura che non prevede valori solo commerciali.
Come avete gestito questa crisi nel vostro gruppo alberghiero?
La gestione è ancora basata sulla famiglia, che è composta ancora dai nostri genitori, con mio fratello, io, le nostri mogli e i nostri figli. Il gruppo conta 170 persone nelle varie strutture e abbiamo un cogestione molto democratica trasparente in cui le decisioni vengono prese di comune accordo consultandoci prima tutti. La decisione di aprire le nostre strutture è stata fatta non pensando al ritorno economico, che ovviamente non c’è, ma con altri criteri che le dicevo prima. Ci siamo visti con i direttori e abbiamo deciso di aprire il 5 giugno con poche prenotazioni, ma ho sulle spalle decine e decine di persone che si aspettano da me, imprenditore, delle risposte responsabili. La fascia più colpita sarà proprio quella dei lavoratori del turismo e temo delle rivolte sociali se non si interviene prontamente. Per fortuna, nel nostro caso, abbiamo un bilancio economico sano e quindi per senso di responsabilità teniamo aperto, anche se sappiamo benissimo che i costi di esercizio, almeno nei primi tempi, saranno maggiori dei ricavi. Ma è il nostro modo di ragionare, etico e responsabile. Non faremo probabilmente investimenti che avevamo programmato come la nuova piscina o la nuova palestra, ma almeno garantiremo lo stipendo a molte persone.
Lei fa parte di un gruppo di famiglie di albergatori che ospiterà i medici che hanno salvato la vita a mote persone. Ci può parlare di questa iniziativa?
Bisogna parlare di questi medici che sono stati protagonisti di grandi gesti di altruismo, in molti casi rimettendoci anche la vita. Ho pensato a questa iniziativa e ho contattato Roberto Sciò del Pellicano di porto Ercole per allargare questa idea anche ad altre strutture. Sono coivolte la famiglia Melpignano con Borgo Egnazia, la famiglia Gualandi con l’Hotel Cristallo di Cortina, la famiglia Varese, la famiglia Rossi e la famgilia Bertolini con l’Hotel Royal Sanremo, la famiglia Moretti con l’Andana e l’Albereta e la famiglia Madonna con l’Hotel Byron di Forte dei Marmi ed il Plaza E De Russie a Viareggio. Il progetto si chiama “La cura siamo anche noi” e prevede di ospitare medici, rianimatori e infermieri dei reparti di terapia intensiva italiani che hanno lottato contro il coronavirus in questi duri mesi. Ogni hotel avrà un’offerta specifica che potrà essere concordata al momento della prenotazione. L’offerta comprende un soggiorno di 1 o 2 notti dalla domenica al giovedì. Il personale medico potrà essere ospitato fino a novembre 2020 escluso il periodo che va dal 13 al 26 agosto. Il voucher è nominale e si potrà scegliere un solo hotel aderente all’iniziativa. Ogni struttura ha messo a disposizione un minimo di 50 notti. Le prenotazioni andranno effettuate direttamente con gli uffici booking di ogni albergo.