Finanza

Banche e Credito: che futuro ci attende

Il direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, pochi giorni fa ha sostenuto che occorre accelerare con la razionalizzazione delle sedi centrali e delle reti territoriali per “riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi”. In non pochi casi saranno inevitabili anche interventi sul personale. E a questo proposito Rossi ha detto: “Si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti, ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo. Ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc”.

Nel corso del Convegno “Banche e Credito” tenutosi il 3 ottobre a Milano, riportato ampiamente sabato scorso da Affari Italiani, Giorgio Benvenuto, uno dei grandi politici di tradizioni laico-socialiste, nel suo ruolo di presidente delle due Fondazioni Buozzi e Nenni, aveva affermato: “Non possiamo dimenticare che il sistema bancario ha garantito per anni il finanziamento delle piccole e medie imprese impossibilitate a ricorrere alla Borsa per reperire credito. Lo scenario economico e sociale è completamente mutato con la globalizzazione e con la finanziarizzazione. La politica e i corpi intermedi (sindacati, imprese, professioni, ecc.) ne hanno sottovalutato gli effetti, aggravati anche dalle nuove procedure sulla legge di stabilità decise dall'Unione Europea”.

 

Chiediamo alla Presidente dell’Assemblea Metropolitana del PD a Milano, Alessia Potecchi, che cosa pensa della situazione delle banche oggi in Italia.

“La globalizzazione, la finanziarizzazione, la mancanza di regole chiare, la debolezza dell’Europa hanno creato una situazione nelle banche di forte cambiamento; nel mondo del credito siamo nel pieno di una rivoluzione che possiamo paragonare a quella che è avvenuta nelle grandi fabbriche che sono praticamente scomparse assieme al lavoro ripetitivo, all’operaio massa, al modo di collocare i prodotti”.

Ma c’è qualche possibilità di recuperare in tempo il sistema creditizio?

“E’ tutto un sistema superato - prosegue Alessia Potecchi -  Allo stesso modo nel mondo del credito la rivoluzione è e sarà ancora più forte; prima le banche erano diffuse sul territorio, erano basate su una banca centrale e sulle filiali. Ora andremo incontro invece ad una trasformazione delle banche che saranno per lo più centrali e saranno competitive se avranno poche filiali e utilizzeranno i sistemi informatici per operare ed effettuare i servizi. Ad esempio alcune importanti banche stanno già chiudendo le filiali e stanno costruendo grandi sedi con risorse umane in grado di collocare prodotti finanziari tramite sistemi informatici: un lavoro quindi che non si fa più con il contatto fisico ma con il contatto informatico. Patuelli (ndr: Antonio Patuelli presidente dell'ABI Associazione Bancaria Italiana) ha detto che nel 2016, che non si è ancora concluso, le filiali che sono state chiuse in Italia sono addirittura circa mille”.

Allora il fenomeno potrebbe sfuggirci di mano?

“E’ una trasformazione importante che va governata. Non bisogna avere un atteggiamento di difesa ma bisogna riorganizzare questo processo di cambiamento. Le banche italiane sono 643 di cui 215 commerciali S.p.A., 63 popolari e 365 di credito cooperativo. La riorganizzazione del sistema bancario, basato su privatizzazione, concentrazione e specializzazione si è realizzata negli ultimi 25 anni a partire dalla legge Amato. Oggi è necessario un ulteriore processo di razionalizzazione per fronteggiare la rivoluzione tecnologica ed una bassa redditività generata da una regolamentazione prudenziale e da una politica monetaria a tassi di interessi pari a zero”.

Ma c’è qualcuno che afferma addirittura che le banche andranno a sparire.

Sì, proprio Ennio Doris, amministratore delegato di Mediolanum, ha dichiarato che le filiali delle banche diventeranno come le cabine telefoniche: strutture da eliminare perché non ci entra più nessuno. E’ così? No, non deve essere così. Le banche devono innovare oggi più che mai puntando sulla qualità, se non vogliono diventare come le cabine telefoniche. Occorre sfidare quegli operatori non bancari che offrono sistemi di pagamento on-line poco affidabili, poco trasparenti, apparentemente gratuiti. Oggi siamo di fronte a problemi eccezionali. È importante, fondamentale, ma non più sufficiente il ruolo delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea. È necessaria l'azione di altri attori. I governi, i parlamenti, le forze sociali devono fare tutti la loro parte per aumentare la crescita e lo sviluppo”.

Ma in particolare in Italia, quale potrebbe essere il futuro delle banche?

“Venendo all’Italia, le questioni di fondo del sistema bancario italiano riguardano in generale, da una parte, la persistente debole dinamica del nostro sistema economico, dall'altra, in particolare si riferiscono ai crediti in sofferenza o di scarsa redditività, alla debole capitalizzazione, ad una frequente incapacità di gestione degli istituti spesso non corrispondente alle necessità dell'economia e a quelle del nostro Paese. In questo scenario sono maturati una serie di interventi tesi a consolidare il sistema bancario. L'Europa, la Banca Centrale Europea, il governo Renzi hanno affrontato di petto la situazione con una serie di misure legislative innovative, che hanno coinvolto anche il sistema delle banche cooperative e delle banche popolari”.

 

In che senso questi interventi potranno portare ossigeno al sistema?

 

“Un punto di forza di questa strategia è la spinta all'aggregazione tra le banche. La fusione tra le banche in Italia oggi è necessaria. La crescita dimensionale consente di affrontare in modo migliore la trasformazione digitale e informatica e di assistere il sistema delle imprese anche oltre i confini nazionali per l'export. Le nuove banche dovranno puntare sull’innovazione tecnologica e sullo sviluppo dei servizi, fermo restando che le loro mission resteranno quelle di tutelare e valorizzare il risparmio. Le banche devono inoltre valorizzare e sviluppare la professionalità dei loro dipendenti che spesso rappresentano una platea composta da ingegni e da saperi e competenze sui quali contare e investire”.

 

Milano resterà un’importante piazza finanziaria europea?

 

“Sì, non dimentichiamo in tutto questo contesto il ruolo importante di Milano, che ha tutte le carte in regola per diventare la nuova capitale finanziaria dell’Europa. E’ rimasta immune dalla deriva populista che ha investito molti Paesi europei. L’uscita della Gran Bretagna dall’Europa rappresenta un’opportunità per riproporre con forza la candidatura di Milano per la sede dell’Autorità Bancaria e di quella Alimentare oggi allocate a Londra. E Milano si appresta a riqualificare l’area del dopo Expo dove sorgerà un Centro di Ricerche molto importante, ma anche un campus per i giovani universitari europei che avranno la possibilità di incontrarsi e fare esperienze”.  

Paolo Brambilla