Finanza

Bce, sponda di Draghi sulle banche: aiuti pubblici possibili

Gli aiuti di Stato alle banche si possono fare "in circostanze eccezionali". Come quando non si riescono a smaltire i crediti deteriorati sui mercati e bisogna evitare "vendite incontrollate" in Borsa: proprio quello che sembra verificarsi in Italia.

Con queste parole il presidente della Bce, Mario Draghi, è sembrato dare all'Italia quella sponda che, con ogni probabilità, al governo speravano di trovare. Ma l'assist si accompagna con un richiamo: in Italia "si può fare di più" per allestire regole facilitino lo smaltimento delle sofferenze tramite i mercati.

Come riporta l’Agenzia Askanews, le banche della Penisola sono tornate nel mirino con lo scatenarsi della volatilità a seguito del voto per la Brexit. E da settimane il problema degli eccessivi "Non performing loans" (Npl) è al centro di un intenso confronto (le autorità dicono "dialogo costruttivo") tra il governo italiano, da una parte, e la Commissione Europea dall'altra.

Il nodo sembra esser rappresentato dalla necessità, prevista dalle nuove regole europee, di imporre il famigerato "bail in" in caso di dissesto di una banca. Come unica soluzione o come misura propedeutica per eventuali aiuti pubblici. In pratica si tratta di effettuare dolorosi prelievi anche tra i creditori della banca stessa, cioè i detentori di obbligazioni. E dopo la pessima esperienza dello scorso anno sui bond subordinati delle quattro piccole banche risolte, questo è uno scenario che il governo e non solo vuole evitare, tanto più potrebbe riguardare istituti ben più grossi (Mps, per non fare nomi).

Sul tema, ricorda il Corriere della Sera, si era già espresso nel 2013 Mario Draghi, che aveva espresso preoccupazioni proprio sui rischi a cui sarebbero stati sottoposti i detentori di bond subordinati "nel contesto di ricapitalizzazioni precauzionali". All'epoca la Commissione rispose che tutto era già stato previsto nelle nuove regole sui salvataggi bancari.

Nello stesso anno l'obiettivo generale dichiarato dalla Commissione Europea era la stabilità finanziaria, in modo da garantire al tempo stesso che aiuti di Stato e distorsioni della concorrenza tra banche e in tutti gli Stati membri fossero ridotti al minimo. La stabilità finanziaria implica la necessità di prevenire i gravi effetti di ricaduta negativi per il resto del sistema bancario, che potrebbero derivare dal dissesto di un ente creditizio, nonché la necessità di garantire che il sistema bancario nel suo complesso continui a fornire un'adeguata erogazione di prestiti all'economia reale.

Draghi ha evitato di addentrarsi su questi dettagli, esaminando il tema solo per linee generali e dal punto di vista della Banca centrale. Peraltro intervenire sulla base delle implicazioni che ha sulla politica monetaria, oltre che giustificare la stessa presa di posizione può anche servire a mettere le mani avanti da possibili critiche che, magari dalla Germania, si potrebbero levare contro "il presidente italiano della Bce" che si schiera a favore delle banche tricolori.

Le nuove regole europee, stabilite dalla direttiva Brrd "contengono, come ho detto più volte, tutta la flessibilità necessaria per le circostanze eccezionali", ha affermato Draghi. "I crediti deteriorati delle banche in Italia sono un grande problema che richiederà tempo, come ha richiesto tempo risolverlo ovunque. Ma dobbiamo essere consapevoli che più a lungo permarrà, meno funzionerà il sistema bancario e meno saranno capaci le banche di trasmettere gli impulsi monetari all'economia.

Gli elevati Npl rendono poi le banche particolarmente vulnerabili ai mercati. E una delle ragioni per cui è così è che mette in dubbio la futura redditività. Quindi - ha proseguito Draghi - da un lato ci sta un interesse a risolvere il più velocemente possibile il problema”. 

Paolo Brambilla