Lo sguardo libero
“Divide et impera”: il gioco di una politica senza bussola

Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen
Assistiamo a un ritorno della strategia del divide et impera, sia nella politica internazionale che in quella nazionale. Un meccanismo antico quanto il potere. Negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump – "The Anomaly" (privo di una filosofia né di una strategia; gli americani sapranno riparare i danni, come sostiene l’ex consigliere per la sicurezza John Bolton) – ha trasformato la superpotenza americana in una potenza prepotente. La sua politica dei dazi sta avendo effetti funesti: questa mattina in tre ore le Borse europee hanno bruciato 890 miliardi di euro.
Divide et impera. Più di 50 Paesi hanno chiesto incontri bilaterali con Washington per rinegoziare gli accordi. Pare che anche Giorgia Meloni potrebbe essere, il prossimo 16 aprile, alla Casa Bianca. Un viaggio che si inserisce nella strategia divisiva, non solo nei confronti di Bruxelles (la stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha detto che è un bene che Meloni abbia un rapporto privilegiato con Washington, ma chi conosce i codici della diplomazia sa che, talvolta, una dichiarazione può voler dire l’opposto), ma anche nei confronti del vicepremier Matteo Salvini, che ambiva a porsi come interlocutore privilegiato degli Usa, forte della sponda offerta dal vicepresidente americano J.D. Vance. È lecito supporre che, se la premier Meloni otterrà una riduzione dei dazi, sarà più frutto della logica divisiva di Trump verso l’Europa che di una reale affinità strategica.
Anche sul fronte interno assistiamo alla stessa dialettica. Il congresso di Firenze ha riconfermato Matteo Salvini segretario della Lega fino al 2029, nonostante il crollo del partito dal 34,3% delle Europee del 2019 all’attuale 8,7%. All’evento ha preso parte anche Elon Musk. Nel corso dell’incontro, è emerso l’auspicio di un ritorno del leader leghista al Viminale, in sostituzione dell’attuale titolare, Matteo Piantedosi. È stata inoltre confermata la volontà di privilegiare il dialogo con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, relegando a un rango secondario quello col vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Secondo la media dei sondaggi, Forza Italia si attesta oggi al 9,5%, mentre la Lega è ferma all’8,7%.
La stessa logica del divide et impera è stata alla base del congresso di Azione dell’ultimo weekend di marzo, con Carlo Calenda che ha invitato Meloni: un’altra mossa, in particolare contro Italia Viva di Matteo Renzi. Qui si parla di partiti con percentuali basse: Italia Viva si attesta al 2,5% e Azione al 3%. In questo scenario, possono trarne vantaggio figure politiche come quelle di von der Leyen e Tajani - non a caso entrambi eredi di quella tradizione popolare che si ispira anche ad Alcide De Gasperi, lo statista che guardava alle prossime generazioni, non alle prossime elezioni.