Affari Europei

Nel Labour si apre il processo a Miliband. Ecco chi sono i candidati alla successione

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Era dato come probabile primo ministro e invece ora Ed Miliband non è altro che un rottamato della politica. Prima di queste elezioni, che tra le altre cose hanno sancito l'inaffidabilità dei sondaggi elettorali, il leader dei laburisti riteneva di poter aspirare al numero 10 di Downing Street. Oggi invece le sue dimissioni sono firmate e nel partito si pensa già alla successione e soprattutto a come tirare fuori il Labour dalla fossa che Miliband gli ha scavato.

Una delle cause della sconfitta è stata senza dubbio la personalità stessa del leader. Percepito come snob, lontano dalle classi sociali che dovrebbe rappresentare, Miliband non ha fatto breccia nei cuori degli inglesi neppure quando ha tentato di rendersi più vicino al popolo: celebre è la foto che lo ritrae mentre addenta disgustato un simbolo dell'Inghilterra, il panino al bacon.

Ma la simpatia o l'antipatia non possono spiegare una disfatta tanto cocente. E allora nel quartier generale dei laburisti si cerca di fare autocritica. Secondo molti analisti Miliband ha perso perché non ha preso posizioni definite sui temi che stanno a cuore agli inglesi. Ha detto che non avrebbe smantellato il sistema del welfare, ma non ha neppure detto che avrebbe stanziato più fondi. Ha parlato di “maggiore giustizia sociale”, ma non ha fatto proposte concrete.

Insomma, Miliband non è piaciuto alla sinistra perché troppo di destra e non è piaciuto al centro perché troppo di sinistra. Il risultato? Solo 323 seggi contro i 331 del rivale Cameron. Senza contare la debacle scozzese, da sempre un'area in cui i laburisti hanno vinto a mani base. Il leader dello Scottish National Party, Nicola Sturgeon, ha portato a casa 56 seggi su 59, facendo proprie le istanze che erano state dei laburisti e condendole con un po' di sano nazionalismo scozzese.

Per i prossimi cinque anni Cameron potrà governare incontrastato, nessuno potrà distoglierlo dalla guida del Paese, e del partito. Al contrario nel Labour si pensa già alla successione e si iniziano a fare i primi nomi.

Quello con più chance, dicono i bookmakers, sembra essere Andy Burnham. Il 45enne deputato inglese è diventato un 'cocco' della base e ha forti entrature tra i sindacati (che sono i maggiori sponsor del partito e che hanno decretato la vittoria di Ed contro il fratello David cinque anni fa).

I suoi sostenitori sono cresciuti da quando nel 2009 chiese a gran voce la riapertura dell'inchiesta sul disastro di Hillsborough, in cui morirono 96 persone allo stadio di Sheffield. Tuttavia i critici dicono che potrebbe essere vulnerabile per alcuni scandali legati alla sanità quando era segretario alla salute.

C'è poi  Chuka Umunna, 36 anni, ex avvocato del lavoro. Il diretto interessato ha detto che sarebbe stato “arrogante” puntare alla guida del partito, ma i bene informati affermano che si stia già muovendo per raccogliere le truppe in vista di una sanguinosa guerra di successione interna.

Il punto debole? Il fatto che ha appena concluso il suo primo mandato da deputato e che è considerato inesperto. Definito da alcuni l'Obama inglese (soprannome che a lui non piace) sarebbe il primo leader laburista appartenente ad una minoranza etnica (avendo origini nigeriane).

Ci sono poi  Yvette Cooper e Liz Kendall, due donne che potrebbero portare una ventata di novità all'interno del partito, anche se entrambe hanno una lunga storia in politica e hanno avuto ruoli importanti nei governi ombra laburisti. L'unico problema è che mai, nella storia del partito, una donna è stata eletta segretario.