Apocalisse migratoria: 52% dei giovani africani vuole trasferirsi all’estero
Peggiorano le condizioni di vita in Africa e i giovani vogliono andare all’estero. In Europa. Degli 1,4 miliardi di abitanti africani il 50% ha meno di 20 anni
Il sondaggio che sconvolge l’Europa. I giovani africani: “Miglioreremo le nostre vite, anche se ciò significa dover alzarsi, andarsene e andare da qualche altra parte"
Il 52% dei giovani africani, tra i 18 e i 24 anni, vuole trasferirsi all'estero, con un numero che sale a tre quarti degli intervistati per Nigeria e Sudan. E il continente più vicino è l’Europa. Lo spiega una ricerca di African Youth Survey, condotta dalla fondazione Ichikowitz che ha intervistato 4.500 giovani.
Si stima attualmente che degli 1,4 miliardi di abitanti africani il 50% abbia meno di 20 anni. Secondo il sondaggio, il 60% della popolazione africana ha meno di 25 anni e più di un terzo un'età compresa tra i 15 e i 34 anni. Si stima anche che entro il 2030 il 42% della popolazione giovanile mondiale sarà africano.
Solo il 32% degli intervistati si è detto ottimista sulle prospettive dell'Africa. Le cause di tanto scoramento sono dovute alla mancanza di prospettive economiche, di accesso all'acqua, le preoccupazioni per il terrorismo, l'instabilità politica, i rapimenti diffusi e la violenza imperante. Il 90% dei ragazzi intervistati pensa che non avrà alcun futuro in Africa. Ma il 75% immagina una prospettiva positiva personale futura. Partire può essere una soluzione.
Secondo la fondazione a molti degli intervistati è stata sospesa la scuola e hanno perso il reddito a causa della pandemia. E' un numero inquietante perché durante il Covid dai sondaggi risultava che due terzi dei giovani africani volevano rimanere nei loro Paesi d’origine, dato l’imperversare della pandemia in Occidente.
Oggi almeno due terzi dei giovani intervistati credono che le loro nazioni stiano andando nella direzione sbagliata, a parte il Ruanda e il Ghana, dove il 60% e il 56% degli interpellati sono ottimisti. Il quadro peggiore in Nigeria, Zambia, Kenya, Malawi, Sudan, Etiopia, Angola e Congo.
Ma la volubilità la fa da padrona. Ad esempio l'ottimismo diffuso in Sudan nel 2019, dopo il rovesciamento del dittatore Omar al-Bashir, era stato seguito dalla nascita di nuove imprese e progetti, generati soprattutto da giovani. Ma è stato immediatamente schiacciato dal colpo di stato militare dello scorso novembre, alimentando l’idea di trasferirsi all’estero.
Dopo la pubblicazione della ricerca la BBC, il servizio pubblico radiotelevisivo britannico, ha intervistato cinque giovani nigeriani e sudafricani che hanno affermato di non sentirsi al sicuro nei loro Paesi e di non avere accesso a opportunità di lavoro.
Per quelli del Ghana invece il quadro sembra differente: “Il trasferimento all'estero può sembrare roseo”, ha detto alla BBC il ventiquattrenne Julius Kwame, ex capo della National Union of Ghana Students, “ma la fuori non c'è nulla di quello che viene promesso”.
Una giovane donna sudafricana, che ha chiesto alla BBC di rimanere anonima, ha spiegato che l'alto tasso di criminalità nel Paese le ha fatto desiderare di emigrare, oltre alla mancanza di prospettive lavorative dopo essersi laureata. La donna ha raccontato di essere stata violentata nel 2019 mentre camminava dal campus al suo alloggio per studenti e da allora non si è sentita più al sicuro. Tra il 2018 e il 2019 l'aggressione sessuale e lo stupro sono stati annoverati tra i reati più diffusi in Sudafrica. Questo tipo di violenza brutale è da molti anni un dramma nel Paese. Il romanzo chiave di John Maxwell Coetzee, uno dei due premi Nobel per la letteratura sudafricani, non a caso ruota proprio intorno alla violenza sessuale diffusa nel Paese.
Ivor Ichikowitz, l’uomo dietro al sondaggio, ritiene che il mondo abbia bisogno di svegliarsi e investire in Africa, in modo che i giovani africani non si sentano obbligati a trasferirsi all'estero per realizzare i propri sogni a spese dei loro Paesi d'origine. E, aggiungiamo noi, in masse che fanno da manodopera a bassissimo costo in Occidente, colpendone ulteriormente le diffuse condizioni di lavoro con effetti sociali devastanti. Anche perché il mondo, quando lo ha fatto in modo positivo e non con prospettive coloniali, ha già investito in Africa con risultati non sempre confortanti.
"È più grande di una fuga di cervelli", ha detto al programma BBC Newsday. "Questo gruppo di persone, di età compresa tra i 18 e i 24 anni in Africa, sta dicendo: 'Miglioreremo le nostre vite, anche se ciò significa dover alzarsi, andarsene e andare da qualche altra parte'".