"Giovani? Il mondo virtuale senza regole distrugge vite e ricordi"
La professoressa Maria Rita Parsi parla con Affari per indagare lo sfondo degli ultimi drammatici episodi di cronaca con ragazzini protagonisti
Giovani fuori controllo, la psicologa Maria Rita Parsi ad Affari: "Il virtuale? Servono regole. Famiglia e scuola surclassati"
Due ragazzini accoltellano un bagnino dopo la lite per un lettino a Napoli. Un gruppo di giovani, su una Lamborghini, viaggia a tutta velocità in nome di una sfida, investendo e uccidendo un bambino a Roma (Casal Palocco). Due giovani, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, accoltellano a morte due ragazze, uno a Senago, nel milanese (caso Tramontano), e l'altro a Primavalle, periferia della Capitale (caso Michelle). Ma non è tutto: è di poche ore fa la condanna alla ragazza che, ubriaca, investì e uccise il 18enne Francesco Valdiserri a Roma.
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L’elenco potrebbe continuare, gli episodi sono all’ordine del giorno. Diventati terribilmente “normali”, e che hanno come protagonisti sempre più giovanissimi. Che sembrano compiere gesti estremamente pericolosi, se non addirittura mortali, incuranti (o ignoranti?) delle conseguenze.
Affaritaliani.it ha approfondito l’argomento con la professoressa Maria Rita Parsi, psicopedagogista, psicoterapeuta e Presidente della Fondazione Movimento bambino.
È possibile individuare una sorta di comun denominatore a questi episodi drammatici?
Assolutamente sì. Ci troviamo in un mondo in cui i giovani vivono la realtà virtuale come se fosse quella reale. Qualunque illegalità, provocazione, velocità è tollerata nel mondo virtuale, di cui i ragazzi sono assuefatti e in cui posso fare tutto, senza leggi. Anche cose che in realtà non si potrebbero permettere di fare.
E poi c'è l’ossessione di farsi selfie per far sapere tutto di sè al web, anche riprendendo scene terrificanti (come nel caso di Casal Palocco). Tutto questo è drammatico.
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Non mi dirà che la “colpa” è tutta del virtuale …
Sicuramente con l’avvento del virtuale tutto ciò che prima era sporadico è diventato endemico: sto a casa, apprendo, vivo relazioni solo attraverso il virtuale. Questa è la generazione dell’altro mondo, quello dove non si muore mai, dove si possono fare gli esercizi più pericolosi. Un mondo che però vampirizza l’immaginario: anche se io morissi, il mio avatar non morirebbe mai. Tutto viene azzerato dal fatto di continuare a raccattare immagini, scene: non si ricorda più, ma si “riprende”. I ricordi sono diventati le riprese virtuali di quello che si è fatto, sono diventati il colore del virtuale.
Cosa si può realisticamente fare per prevenire il più possibile il ripetersi di fatti simili?
Esiste un pericolo, che bisogna seriamente affrontare. Come? Anzitutto immettendo nel virtuale regole e condizioni che ci siamo conquistati democraticamente. Poi vigilando su contenuti e modalità di utilizzo. Perché, parliamoci chiaro, i giovani imitano i peggiori esempi che ci sono in circolazione, e credono che i modelli migliori siano quelli di moda, violenza, criminalità, sessualità perversa.
Ovviamente bisogna intervenire anche sulla famiglia e sulla scuola, formando i formatori, e insegnando materie fondamentali come educazione ai diritti e ai doveri del virtuale. Ma bisogna agire anche sulla terza “agenzia educativa”, ossia il mondo virtuale stesso, che deve essere usato virtuosamente, e tutelato, porto alle generazioni nuove così come a quelle vecchie in modo che se ne possa fare un uso non pervasivo, che crei Internet addiction.
Sembra che le nuove generazioni siano anche allergiche ai “no”, ai “rifiuti”
È vero, perché nel mondo virtuale si può fare come si vuole, senza ottenere "no". I giovani non si rendono conto della gravità dell’atto che compiono; se ci fosse la possibilità di comprare le armi come in America anche qui ci sarebbe una strage a settimana. E infatti cosa usano i ragazzini per compiere i crimini? Il coltello che non è un’arma vietata, come è avvenuto nel caso di Senago, di Primavalle.
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È quello che si chiama “effetto scia”: si vede ammazzare, pugnalare, aggredire, sparare, e alla fine tutto ciò sembra un atto regolamentare, un atto che come le parolacce diventa “normale”. Il virtuale è, insomma, un disservizio totale, e viene messo nelle mani di persone che sono in tenera età.
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Forse però stiamo andando in una direzione un po’ opposta, con l’Intelligenza Artificiale …
L’intelligenza è una qualità dell’anima, quella artificiale è il prodotto di tutte le ricerche, ma sempre artificiale è. Solo che da formidabile strumento è diventato qualcosa da cui dipendere, e che addirittura supera la realtà. Basti pensare al caso di Casal Palocco, dove addirittura questi giovani guadagnavano tantissimo tramite le pubblicità, postando le cose più orribili, oscene, le sfide più provocatorie e pericolose, venendo addirittura premiati da like e compensi.