Michela Murgia, rispetto per la morte ma senza onori delle armi e ipocrisia
Non li avrebbe graditi nemmeno lei, essendo dichiaratamente antimilitarista
Lo si confessi: un coccodrillo in tali casi è difficile, primo perché i coccodrilli bisogna averli pronti nel cassetto, secondo perché anche ad alcuni nemici spettano taluni ossequi funebri, terzo perché gli ossequi funebri non sono né onori militari o tantomeno onore delle armi (per chi non lo sapesse l'onore delle armi è una cortesia militare cavalleresca che i vincitori tributano agli sconfitti valorosi, consentendo loro di sfilare in assetto da combattimento seppure senz'armi, ma guidati da un ufficiale armato, davanti ai vincitori altrettanto inquadrati che tributano un present'at arm). Onori delle armi a Michela Murgia non spettano: in primis perché non li avrebbe graditi nemmen lei, essendo dichiaratamente antimilitarista, in secundis perché non ne avrebbe nemmanco capito il senso, ed infine per palese mancanza di titoli a meritarsi un simile omaggio: a livello di empatia umana dispiace sinceramente che una persona, a maggior ragione in età relativamente giovane, perisca per malattia, ma solo il peggior perbenismo di matrice beghino-cattolica può beatificare chi l'altro ieri si detestava.
E per molti di noi Michela Murgia era una summa di tic detestabili, almeno nella sua immagine pubblica: faziosità miope se non cieca, ideologizzazione pure della pasta e ceci, fanatismo di parrocchia, asservimento modaiolesco di formulicchie e stilemini ipertriti d'oltreoceano, abuso di anglicismi in assenza di ponderosa e soprattutto ponderata conoscenza di lingua e cultura anglosassone, furori d'antifascismi da corteo di studenti medi già risibili in un brufolante studente medio, figuriamoci dopo i trenta/quarant'anni, crociatine buffoline ma sgradevoli sull'uso, per altro sciocco in stampa ma fin esilarante nella esecuzione fonetica, della soluzione più scema all'assente problema del superamento del "siore e siori" (validissimo, mirabile dictu, dal mercato rionale alla presentazione al Teatro scaligero), voltagabbanate perfino giunte in politica, appoggi dichiarati a personaggi da operetta, amici importanti quanto imbarazzanti ed imbarazzati, tra cui molti invariabilmente più miracolati che meritevoli, tonitruanti gaffe anche in seguito difese a spada tratta, sense of humor da oratorio (per non citare la matrice giustamente un tempo deprecata pure da canzoni di Zucchero Fornaciari), allucinazioni visive da saluti romani rinvenuti ovunque, pure nella pasta e fagioli (anche esse probabilmente di arcaica natura cattolica, come quelle pie donne di matroneo che vedon Gesù piangente nei cirri), femminismi fuori tempo massimo e tagliati a fettone iniziali sacrosanti impulsi laburisti ed antiliberisti persisi poi a tempo record nel marasma delle più asfissianti false flag (e qui l'anglicismo ci vuole) della vulgata più fessa del pianeta, quella LGBTPRSHJFGQQTTPPTTTZGFZ, e qui ci si fermi proprio per la carità di Patria.
Michela Murgia li respingeva, poiché anche solo la parola Patria a suo dire era un obelisco eretto a gloria del patriarcato, salvo OPSSS, dimenticarsi che perfino in un paese certamente un po' maschilista come l'Italia in lingua italiana si dice abitualmente MADRE PATRIA, vanificando con ciò gli appassionati studi murgeschi, e specialmente la delirevole proposta del neologistico "matria" avanzata da Michela Murgia stessa, in un'orgia di lisergia da rotocalco online di area "noi gggioFani" (commissionato ovviamente da vecchi in Maybach con autista e talvolta cucito da giovani kebabbofagi sottopagati). Quindi, oltre non si vada. Si renda un accennato inchino alla presumibile ottima fede (in questi casi giudica chi conosce di persona e non chi semplicemente legga o ascolti prese di posizione, pur dirimenti) e si prosegua ad opporsi a codesto blocco di partigianerie malragionate seppur ben paganti. Sic transit gloria: e si pensi, non è questa battuta transfobica e sessista. Incredibbbile eh?