Padre Spadaro, da spalla del Papa a opinionista sul Fatto. La triste parabola
L'inamovibile "Giambruno del Vaticano" finisce a gestire una rubrica sul quotidiano di Marco Travaglio
Padre Spadaro finisce a commentare il Vangelo su Il Fatto Quotidiano: la parabola
Domenica scorsa, scorrendo Il Fatto Quotidiano, ci si poteva imbattere in una curiosa rubrica tenuta da Padre Antonio Spadaro, in cui veniva commentato il Vangelo. Due fatti destano sensazione: il primo è che un giornale di lunga tradizione laica, diciamo pure illuminista, come Il Fatto, ospiti una rubrica fissa religiosa e il secondo che Padre Spadaro è stato, fino a poco tempo fa, il consigliere più vicino a Papa Francesco. Infatti la cosa non piace né a parecchi lettori de Il Fatto né a parecchi cattolici.
Direttore della prestigiosa e più antica rivista della Chiesa, La Civiltà Cattolica, Spadaro era ritenuto inamovibile, un po’ il Giambruno del Vaticano, se ci si permette l’irriverente accostamento tra laico e profano.
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La rivista che dirigeva riceve l’imprimatur direttamente da Oltretevere e per questo viene ritenuta il verbo ufficiale di Papa Francesco. La sua posizione gli permetteva di essere una sorta di vice – Pontefice. In più, quando va all’estero, Bergoglio incontra sempre i confratelli gesuiti, ordine di cui fa parte insieme a Spadaro che si premuniva personalmente di fare i sunti degli incontri, di tradurli e di riconsegnarli al Papa e poi di pubblicarli nelle nove edizioni internazionali che vedono coinvolti ben duecento confratelli. Ma qualcosa negli ultimi tempi si era andato inceppando in questo meccanismo così ben collaudato da ben 12 anni, cioè da quando aveva preso il posto di padre Bartolomeo Sorge. Qualche granellino di sabbia lo aveva dapprima rallentato e poi mandato fuori fase, per così dire.
Il modo di fare, la sicumera, e una certa asperità caratteriale gli ha attirato le ire dei collaboratori e l’ostilità più o meno manifesta dei confratelli. Poi è successo qualcosa con il Papa. Non possiamo sapere esattamente cosa sia avvenuto ma fonti interne confermano che il rapporto non è stato più così fluido. Inizialmente il Papa ha preso un po’ le distanze, gli incontri si sono fatti più sporadici, qualche trasferta è saltata, insomma è stato evidente che Bergoglio voleva creare una sorta di cuscinetto tra lui e l’ex collaboratore.
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E Padre Spadaro è stato colpito in quello che aveva di più caro: la direzione della prestigiosa rivista che data al 1850 la prima uscita.“Finalmente ce lo siamo tolti di torno”, devono aver pensato a La Civiltà Cattolica giornalisti, tipografi, famigli, e perfino il barista dietro l’angolo. Il primo ad annunciare la “liberazione” era stato padre Francesco Occhetta che utilizzando “Xitter” aveva lanciato un irrituale grido di giubilo: “Countdown alla direzione della Civiltà Cattolica, la rivista più autorevole e longeva dei Gesuiti. Auguri!”.
Qualche giorno dopo è arrivato l’atteso annuncio ufficiale, perché quando ci sono i gesuiti di mezzo può capitare di tutto: “Il Preposito generale padre Arturo Sosa Abascal (meglio conosciuto come il potentissimo “Papa Nero”, ndr) ha nominato padre Nuno da Silva Goncalves come nuovo direttore. Dal primo ottobre prenderà il posto di padre Antonio Spadaro che ha guidato la rivista internazionale dei gesuiti per 12 anni (dal 2011) e che è da 25 anni nel Collegio degli Scrittori”. L’annuncio era estivo, l’effetto autunnale, in un procedimento che ricorda molto l’allontanamento di Padre Georg nelle fredde lande della Foresta Nera.
Dopo la defenestrazione, raccontata dal prelato in una intervista a Il Giornale come un normale avvicendamento dopo che i “miei superiori ne hanno parlato con il Papa”, Spadaro ha rischiato di finire in Africa. Infatti, terrorizzato di questa opportunità, aveva denunciato la cosa come una fake news messa in giro da qualcuno per liberarsi di lui e aveva furbamente proposto la sede di Washington perché è ancora membro del board della Georgetown University, ma il Papa ha fatto orecchie da mercante.
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Alla fine gli hanno trovato un posticino in un ufficetto, come sottosegretario al dicastero della Cultura, ma si tratta di uno strapuntino per non dare la sensazione di averlo brutalizzato senza pietà. Ora frequenta il Sinodo, ma più che altro da cronista se non da turista e si consola spiegando ai giacobini taglia teste dei preti de Il Fatto, la misericordia divina.