Sigarette e prodotti senza combustione: il punto dell’indagine Censis
Vaccaro (Censis): "I divieti sono insufficienti per raggiungere l'obiettivo di riduzione dell'abitudine al fumo: servono maggiore supporto e informazione"
L'intervista di affaritaliani.it a Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis
Quale rapporto intercorre tra italiani e fumo? Su quale percezione si basa? Che ruolo giocano i prodotti senza combustione? Queste le domande al centro del dibattito nazionale, indagate dal Censis all'interno del "1° Rapporto sul fumo di sigaretta e prodotti senza combustione in Italia". Dall'indagine, condotta su un campione di circa 1.300 fumatori italiani maggiorenni, emerge che i prodotti senza combustione sono percepiti come meno dannosi, a causa dei minori danni percepiti sia a livello fisico che estetico. Questa potrebbe essere la risposta a quella lotta al tabagismo sempre più urgente che il Governo italiano sta cercando di attuare da un ventennio, con non poche difficoltà. I numeri dimostrano la necessità di una riforma delle attuali politiche sanitarie italiane, le quali non si sono dimostrate all'altezza del loro compito poiché incentrate sulla totale disassuefazione dal fumo, sui divieti. Altri Stati invece, come Gran Bretagna, Nuova Zelanda e USA, ampiamente avviati in materia di prevenzione, fanno leva sul principio di riduzione del rischio, avvicinandosi sempre più ai risultati ambiti dall'European Beating Cancer Plan dell'Unione Europea.
Pochi giorni fa il ministro Schillaci, in commissione Affari sociali alla Camera, ha annunciato un probabile aggiornamento e ampliamento della legge Sirchia (2003): una stretta sul fumo, dunque, che va però a colpire anche l'utilizzo di sigarette elettroniche. Secondo il ministro, infatti, dovrebbe essere vietato fumare all'aperto in presenza di donne in stato interessante e di minori, e anche fumare sigarette elettroniche all'interno di locali, principio che contrasterebbe appunto con quello di riduzione del rischio, e che proseguirebbe invece la strada, già lungamente solcata, della politica dei divieti.
"La riduzione dell'abitudine al fumo e la prevenzione (soprattutto delle giovani generazioni) è un irrinunciabile obiettivo di sanità pubblica. Si deve parlare però dell'efficacia degli interventi che vengono messi in campo per raggiungere questo obiettivo. I divieti, da soli, hanno solitamente un'efficacia parziale" dice ad affaritaliani.it Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis. "Certamente la legge Sirchia ha avuto un impatto immediato e significativo ai tempi, ma dal 2020 c'è stata un'inversione di tendenza: il numero dei fumatori in Italia è aumentato". Infatti la strategia basata sui divieti è ottima per i non fumatori, ma poco efficacie nei confronti di quelli più assidui, i cosiddetti heavy smokers, per i quali c'è bisogno di un piano più articolato che punti sulla riduzione del rischio.
I fumatori sono pienamente consapevoli dei danni che il fumo può comportare. Dallo studio del Censis emerge infatti che il 61% del campione intervistato ha pensato di smettere di fumare: il 17,2% alla fine non ci ha provato, mentre la quota maggiore ci ha provato per poi ricominciare (43,8%). Il vero problema, come sottolineato dalla Vaccaro, è il principio del 'fai da te': "I fumatori italiani sono convinti di poter migliorare la propria abitudine al fumo attraverso il fai da te, autoregolandosi. Smettere di fumare non è semplice, è un percorso che ha bisogno di essere sostenuto ed è qui che entra in campo il ruolo della sanità pubblica. È importante fare una riflessione sul rinnovamento di queste politiche: il mero principio dei divieti è insufficiente, servono maggiore supporto, informazione, comunicazione".
L'indagine riporta un dato fondamentale: la metà dei fumatori intervistati ha affermato di aver cambiato le proprie preferenze di prodotto riguardo il fumo e il 45,1% di essi è riuscito a ridurre il consumo di sigarette tradizionali grazie all’utilizzo di prodotti senza combustione. Ciò perché questi ultimi sono percepiti come potenzialmente meno dannosi per la salute, in quanto si riscontrano meno problemi fisici (tosse e mancanza di fiato) ed estetici (minori effetti su unghie e pelle), ma anche perché sono considerati meno fastidiosi per le persone attorno, e quindi maggiormente "accettati" dalla società.
Ketty Vaccaro ha infatti affermato che quello della riduzione dell'abitudine al fumo "è un obiettivo di sanità pubblica complesso, che ha quindi bisogno di una strategia altrettanto complessa e ben studiata, che tenga conto del mutato scenario e dunque anche della presenza dei prodotti senza combustione". In effetti, quello di un maggior incentivo all'utilizzo di prodotti innovativi potrebbe essere la chiave per velocizzare il processo e convincere sempre più fumatori che un'alternativa esiste e può essere sfruttata per smettere di fumare. Potrebbe funzionare perché "i fumatori sono pienamente consapevoli che il loro è un vizio nocivo, e costruendo una sorta di graduatoria di pericolosità per la salute, al primo posto mettono proprio le sigarette tradizionali, mentre agli ultimi posti si trovano le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco scaldato, che vengono quindi percepiti come meno rischiosi".
Secondo il Rapporto del Censis, ciò che i fumatori chiedono alle Istituzioni, in un contesto del genere, è semplicemente un'informazione più ampia e fruibile rispetto alle diverse tipologie di prodotto e al loro impatto sulla salute. Manca dunque un feedback da parte delle fonti autorevoli, un supporto concreto da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal Ministero della Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), che potrebbero incentivare i fumatori a cambiare direzione con una comunicazione efficace. "Dobbiamo cercare di consegnare ai fumatori un'informazione corretta ed esaustiva, che risponda alle loro domande e ai loro bisogni, garantendo al contempo forme di sostegno che aiutino in modo efficace chi è intenzionato a smettere di fumare. La politica dei divieti non basta, può fungere da ulteriore deterrente di contesto, ma non può essere utilizzata da sola. La partita è davvero troppo importante per non mettersi in gioco e studiare nuove strategie, nuove modalità più efficaci di sostegno. Si fa ancora troppo poco" ha concluso Vaccaro.