Cdp offre 15 miliardi per la rete di Tim: ma la trattativa non decolla
Momento di grandissima confusione tra il cambio di esecutivo e la volontà di chiudere una partita cruciale per il Paese
Cdp offre 15 miliardi per la rete di Tim
La notizia positiva è che finalmente c’è un prezzo per la rete Tim. Quella negativa è che si tratta di una cifra talmente lontana da quelle circolate nei mesi scorsi da far pensare che si tratti di una boutade. Succede, infatti, che questa mattina su Il Tempo una persona bene informata sui vari accadimenti economici del nostro Paese, Luigi Bisignani, “spari” a tutta pagina di un’offerta di Cassa Depositi e Prestiti per la rete di Tim appunto per 15 miliardi complessivi. Si tratta di una cifra che è lontanissima non solo da quanto dichiarato dal ceo di Vivendi Arnaud De Puyfontaine (31 miliardi), sia da elaborazioni puntuali realizzate da un analista di primo piano per Affaritaliani.it (intorno ai 22 miliardi).
E dunque? Da Cdp bocche cucitissime, come è naturale che succeda. Quello che però Affaritaliani.it è in grado di confermare dopo aver consultato fonti autorevoli vicine a Via Goito è che la Cassa valuta la rete di Tim molto meno di quanto faccia Vivendi. Più precisamente nella forchetta bassa degli analisti tra i 16 e i 18 miliardi di euro. E quindi, riportano le fonti, un’offerta di 15 miliardi sarebbe congrua per iniziare a sedersi intorno a un tavolo e provare a risolvere una questione che si trascina ormai da moltissimo tempo e che è stata di massima importanza anche durante la campagna elettorale. Fratelli d’Italia, il partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti, ha da tempo espresso una volontà precisa: una rete unica, pubblica e non verticalmente integrata. Per questo servirebbe un acquisto dell’asset più interessante di Tim da parte della Cassa. E Alessio Butti, responsabile delle tlc di FdI, ha fatto capire chiaramente in un’intervista ad Affaritaliani.it che la valutazione di 31 miliardi “non ha alcun senso. Tra quattro anni l’attuale rete in rame non ci sarà più. Allora perché questa valutazione stratosferica della rete?”.
Secondo fonti accreditate, però, per 15 miliardi Tim non si siederebbe neanche intorno al tavolo, nonostante l’urgenza di abbattere un debito monstre che rappresenta sempre più un fardello. Ma certo, consapevole dell’importanza di quest’asset non è disposta a svendere. A quanto ci risulta, servirebbe un’offerta che presenti il “2” davanti, in una forchetta tra i 20 e i 25 miliardi di euro. Altrimenti, come ribadito da Pietro Labriola all’investor market day, ci sarà sempre il cosiddetto Piano B. Quale? Qui le ipotesi sono molteplici: si parla addirittura della possibilità di lanciare un beauty contest per vendere parti della NetCo (la società che raggruppa i servizi di rete) che viene valutata intorno ai 20 miliardi dagli analisti.
Infine, rimane da capire quale ruolo si immagini per Cassa Depositi e Prestiti nei mesi a venire. E, soprattutto, chi dovrà guidarla. Le ipotesi al momento sono di vario tipo. Il Foglio oggi sosteneva che l’attuale ceo di Via Goito, Dario Scannapieco, potrebbe essere pronto a prendere il posto di Daniele Franco a Via XX Settembre. Ma sarebbe una mossa singolare: perché un amministratore delegato, nominato il 1° giugno del 2021, dovrebbe lasciare? Qualcuno dice: perché non ha la fiducia di Giorgia Meloni, che vorrebbe al suo posto un fedelissimo come Maurizio Leo o Guido Crosetto. Ma allora perché portare in uno dei ministeri chiave un manager di cui non si ha fiducia? Il castello non regge. E se invece si trattasse di un attestato di stima, vorrebbe dire che la mossa di Cdp raccontata da Bisignani, cioè un’offerta al ribasso, è stata concordata con Draghi e Meloni. È davvero così?
In questo momento di transizione diventa molto difficile anche solo fare delle ricostruzioni. Si vedrà nei prossimi giorni, insomma. In attesa che Giorgia Meloni porti al Quirinale la lista dei ministri per discuterne con Mattarella. I tempi sono molto stretti se, come risulta ad Affari, dal 10 ottobre in poi la leader di Fratelli d’Italia inizierà le discussioni ufficiali. Al di là delal doverosa cronaca di un dossier fondamentale per il futuro, al momento sulla vicenda Tim-Cdp conviene smorzare i toni. Anche perché si rischia di depauperare ulteriormente un asset di primaria importanza.