L'Italia riparte, ma incognite sul futuro: boom di centenari e culle vuote
Il rapporto annuale dell'Istat fotografa una realtà fatta di luci ma anche di ombre. Mentre l'inflazione avanza, il Paese invecchia e si impoverisce
Istat, l'Italia riparte dopo la pandemia, ma con incognite sul futuro: dal calo delle nascite al boom dei centenari fino alla trappola della povertà
È un'Italia ai blocchi di partenza, ma ancora in posizione statica. È questa la fotografia scattata dall'Istat nel suo rapporto annuale 2023, presentato oggi alla Camera, in cui ai primi segnali favorevoli - come la ripresa economica e la crescita del Pil - si alternano anche grandi criticità e incertezze sul futuro. Tra le incognite evidenziate dall’Istituto nazionale di statistica c’è il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime - accentuato dalla guerra in Ucraina - e l’andamento dell’inflazione che condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro. Preoccupano poi, non poco, il calo delle nascite e l'inclusione dei giovani, sia a livello lavorativo che formativo. Si tratta quindi di un resoconto ampio e complesso: ecco nel dettaglio ciascun tema.
Nascite in calo e record ultracentenari
Sul fronte demografico, si registrano sempre meno neonati in Italia: nei primi quattro mesi di quest’anno le nascite (118mila) sono state l’1,1% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 e il 10,7% in meno rispetto all’analogo periodo del 2019. Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Secondo l’Istat, il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022 (27mila unità in meno) dipende per l'80% dal cosiddetto "effetto struttura", ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20% è dovuto, invece, alla minore fecondità: da 1,27 figli in media per donna del 2019 a 1,24 del 2022.
Leggi anche: Pensioni, con Quota 103 la novità: ecco il bonus
Al tempo stesso, però, il numero stimato di ultracentenari in Italia ha raggiunto il suo più alto livello storico, sfiorando, al 1 gennaio 2023, la soglia delle 22 mila unità, oltre 2 mila in più rispetto all'anno precedente. Gli ultracentenari sono in grande maggioranza donne, con percentuali superiori all'80% dal 2000 a oggi. Si stima che nel 2041 la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni; quella degli ultranovantenni arriverà addirittura a 1,4 milioni. L'Italia dunque si riconferma, mai come oggi, un "Paese per vecchi". Non a caso siamo i primi per numero di anziani in Europa e secondi al mondo (con il 24%) dopo il Giappone (28%).
Lavoro e imprese
Dopo la fine della pandemia il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall'incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici: ha trasferito sui prezzi di vendita l'aumento dei prezzi degli input produttivi, ma al contempo ha avviato anche strategie più complesse per rafforzare la competitività e incrementare l'efficienza energetica. Per quanto riguarda l'occupazione, nel corso del 2022 il numero di occupati è cresciuto del 2,4% (+545mila unità) facendo registrare un aumento di molto superiore rispetto a quello osservato nel 2021 (+0,7 per cento pari a 167mila unità). Tuttavia, questo dato rimane comunque inferiore ai numeri conseguiti dai principali paesi europei e dell’Ue nel complesso.
È ancora scarsa invece la percentuale delle imprese che si occupa di innovazione, una su due (50,9%). Ma c’è un notevole gap di produttività tra chi la fa e chi non la fa: quasi il 40%. E questo potrebbe essere una spinta per cominciare a investire nell’innovazione. Scarsa la percentuale di giovani sotto i 35 anni che ha una sua impresa: appena uno su dieci circa (11,7%500 mila in numero assoluti), mentre quella delle donne è arrivata ad essere quasi una su tre (il 27%, + di un milione e 200 mila).
Giovani, lavoro e formazione
Per quanto riguarda l’occupazione giovanile (25-34 anni) risultano occupati nel 2022 quasi 8 giovani su 10 nel Centro-Nord a fronte dei 5 circa nel Mezzogiorno. In Italia poi, nel 2022 quasi un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione, sono i cosiddetti "Neet". Nel rapporto si evince che il tasso italiano di "Neet" è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo e, nell'Unione europea, secondo solo alla Romania.
Tra il 2012 e il 2022 la quota di giovani tra 25 e 34 anni che hanno conseguito almeno un titolo di studio secondario superiore è cresciuta di 6 punti percentuali, raggiungendo il 78%, ancora 7,4 punti al di sotto della media europea. E’ poi rimarcato lo svantaggio del Mezzogiorno (per i giovani 25-34enni la differenza con la media nazionale è di 4,7 punti percentuali al Sud e 9,1 nelle Isole) e la situazione più favorevole per le ragazze, con una quota di oltre 5 punti superiore a quella dei coetanei maschi. Tra i 18-24enni, l’anno passato l'11,5% ha invece abbandonato precocemente gli studi, senza conseguire un diploma secondario superiore. L'incidenza degli abbandoni è superiore di oltre 4 punti tra i maschi rispetto alle femmine e, sul territorio, sfiora il 18 per cento nelle Isole.
Famiglie, cresce la povertà
Oltre una famiglia su quattro risulta ancora in povertà energetica dopo aver ricevuto i bonus sociali per l’elettricità e il gas, il 25,1%, secondo il rapporto annuale dell’Istat. L’ammontare dei bonus sociali, pensati per mitigare l’impatto sulle famiglie della crescita dei prezzi dei beni energetici, è in media di 992 euro per famiglia beneficiaria e oltre il 90% del valore totale della spesa va alle famiglie più povere, quelle nei primi due quinti di reddito. Complessivamente le famiglie che hanno una spesa energetica troppo elevata unite a quelle il cui reddito scende sotto la soglia di povertà, una volta fatto fronte alle spese energetiche, sono l’8,9% di quelle residenti in Italia.
Leggi anche: Pensioni, nuova circolare Inps: grosse novità sull'assegno, cosa cambia
C'è un fenomeno, poi, che è sempre più in drammatica crescita tra le famiglie. Si tratta della "trappola della povertà", che in Italia è più intensa che nella maggior parte dei paesi dell’Ue e sta aumentando più che altrove, a confronto con il 2011. Quasi un terzo degli adulti (tra 25 e 49 anni) a rischio di povertà proviene da genitori che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019, indicano in Italia il valore più alto tra i principali paesi europei e nel complesso dell’Ue inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania.
Crisi climatica
Le tematiche ambientali si collocano ai primi posti tra le principali preoccupazioni dei cittadini. Nel 2022 oltre il 70% dei residenti in Italia, dai 14 anni in su, considera infatti il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie. Secondo l'Istat, l'attenzione per i bisogni presenti e per quelli delle future generazioni dovrebbe permeare l’azione degli operatori economici e la progettazione delle politiche pubbliche a livello nazionale e locale, anche in considerazione dei cambiamenti normativi e delle opportunità già disponibili (Green Deal, Recovery Fund, RePower Eu).