Mps crolla in Borsa (-10%) dopo il no alla fusione con Bper
Il ceo di Bper Montani e il presidente di Unipol Cimbri dichiarano di non essere interessati a una fusione con Siena
Mps crolla in Borsa: -10%
Due montanti ben assestati mandano ko il titolo in Borsa di Mps. Le azioni di Rocca Salimbeni crollano di oltre il 10%. “Finite le bugie” maligna qualcuno dalle parti di Siena. E in effetti, in un giorno sono arrivati i “grazie ma no grazie” a una fusione tra Monte dei Paschi e Bper sia dall’amministratore delegato Pier Luigi Montani, sia dal presidente esecutivo di Unipol (che di Bper è il primo azionista) Carlo Cimbri. Il ceo ha commentato laconicamente che “Mps è a Siena, a noi non interessa nulla”. Poi gli ha fatto eco Cimbri, che ha bollato come “fantasiose” le ipotesi di un’aggregazione.
Si torna dunque al punto di partenza, come nel gioco dell’oca (o dell’opa come recitava un fortunato libro degli anni ’80). BancoBpm non sa più come smentire un interessamento. Lo ha detto molte volte Giuseppe Castagna, ma nessuno gli ha creduto. Lo ha fatto anche il presidente Massimo Tononi, il quale a Siena ha ricoperto ruolo analogo e conosce bene vizi (e virtù) della Rocca. Certo, con la cura Lovaglio oggi la banca sta bene. Ma forse l’aggregazione che tutti attendono con trepidazione è ancora di là da venire.
Che cosa può succedere all’atto pratico? Che il governo eserciti una qualche pressione – o è più elegante dire “moral suasion”? – e porti per le orecchie fino a Siena qualcuno che compri la banca e si fonda con essa. Chi? BancoBpm (aridaje) oppure la stessa Bper. Altri soggetti non sembrano granché plausibili al momento. L’alternativa è Unicredit. Ma Andrea Orcel in questo momento ha avviato una campagna per la sua riconferma il prossimo anno.
I dividendi record, il buyback e le altre operazioni rappresentano un bottino troppo interessante per i grandi elettori che difficilmente accetteranno di ridurre la loro “torta” per mangiarsi Siena. E poi c’è quel precedente, quello sgarbo reciproco tra Orcel e Mario Draghi che non si sono mai seduti al tavolo insieme per chiudere la trattativa. Dunque, c’è qualche ruggine di cui liberarsi. Intesa è fuori dai giochi per una questione di concentrazione. E difficilmente il governo accetterebbe che Credit Agricole, dopo l’opa sul Creval, possa entrare nel capitale di Mps. Ammesso e non concesso, tra l’altro, che vi sia questo interesse.
Da Siena garantiscono che non c’è fretta e che la banca è in salute. Il governo ha dato dei tempi per uscire dal capitale, anche perché sa che se iniziasse a vendere quote del titolo lasciandole sul mercato genererebbe un effetto tsunami che farebbe calare ulteriormente il valore azionario (citofonare Axa per chiarimenti). Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per una navigazione con qualche onda più forte. Per la tempesta è ancora presto, ma si consiglia di iniziare a fare scorte di antiemetici.