Rivoluzione per 8 professioni su 10, così l'IA cambierà il mondo del lavoro
Entro il 2030 cambierà il mercato del lavoro per 8 professioni su 10, ecco come
L'intelligenza artificiale rivoluziona il mondo del lavoro: cambiamenti per 8 lavoratori su 10
Da qui al 2030 aumenterà sempre più la domanda di professioni tecniche e ad alta qualifica, non solamente legate all’informatica e alla tecnologia, ma anche alla cura e ai servizi legati alle persone, incluso l’orientamento, la formazione e l’inserimento socio-lavorativo. D’altra parte, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa, nonché per le professioni qualificate e quelle imprenditoriali collegate ai settori a bassa crescita (es. settore primario, industrie tradizionali). Nel complesso, però, la domanda di lavoro in Italia rimarrà in crescita per il resto del decennio.
Sono questi alcuni dei principali risultati della nuova edizione dello studio Il futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale, realizzato da EY, leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza, ManpowerGroup, multinazionale guida nel settore delle innovative workforce solutions e Sanoma Italia, leader europeo nel settore dell’editoria scolastica.
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Lo scopo dello studio, elaborato grazie a tecniche di Intelligenza Artificiale (IA) e algoritmi di machine learning, è di costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia da qui al 2030, con l’obiettivo di fornire a decisori pubblici, aziende e operatori dell’istruzione e della formazione gli strumenti utili a mettere in campo i giusti investimenti per affrontare al meglio opportunità e rischi che si presenteranno entro la fine del decennio.
L’Intelligenza Artificiale e la domanda di lavoro
Secondo quanto emerge dallo studio predittivo di EY, ManpowerGroup e Sanoma Italia, non si assiste ad un effetto di sostituzione del lavoro umano con l’IA. In Italia, infatti, la domanda di lavoro continuerà a crescere nei prossimi anni, ma la crescita rallenterà a partire dal 2024 e poi, in modo più significativo, dal 2027, in corrispondenza della diffusione sempre più importante dell’adoption di soluzioni di IA generativa e robotica avanzata nelle aziende. L’IA avrà un impatto negativo sulla domanda, in particolare, di profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, chi svolge mansioni d’ufficio che hanno a che fare con la gestione dei dati.
L’IA avrà invece un impatto differenziale sui settori. Lo studio stima che, in Italia, la domanda di lavoro aumenterà, a causa dell’IA, in 9 settori di attività su 23: tra questi alcuni settori tecnologicamente maturi (telecomunicazioni, public utilities, chimica), ma anche settori legati alla trasformazione dei servizi e delle competenze (servizi di cura, servizi di educazione, formazione e lavoro). Tra quelli in cui si prevede che la domanda di lavoro aggregata diminuirà, si trovano settori come banche e assicurazioni, che hanno da tempo intrapreso un percorso di ristrutturazione legato all’uso delle tecnologie dei dati.
Disaggregando le previsioni formulate dal modello predittivo per le singole professioni, si nota che la crescita della domanda legata all’IA riguarderà profili molto eterogenei: ingegneri e fisici (+7%), ma anche analisti di mercato e psicologi del lavoro e della formazione (+3%). Crescerà la domanda di profili ad alto contenuto creativo (architetti, progettisti, pianificatori), ma anche le professioni legate al marketing e alle vendite (+5%). L’impatto dell’IA sulla riorganizzazione dei processi e dei modelli lavorativi sarà evidente nella crescita della domanda di professioni manageriali, come i direttori di amministrazione e finanze e gli specialisti di organizzazione (+3%).
“I risultati emersi dallo studio confermano come, in generale, la domanda di lavoro si sposterà sempre di più verso profili a qualifica alta e molto alta, in molti casi con skillset ibridi tecnologici e di settore, ad esempio nella ricerca e sviluppo, nel marketing, nell'ambito della sostenibilità energetica” – dichiara Donato Ferri, EY Europe West Consulting Managing Partner. Prevediamo che nel prossimo decennio i profili la cui domanda registrerà una maggior crescita sono sì legati alla pervasività della tecnologia, ma anche alla progettazione di nuovi modelli di lavoro e di collaborazione tra le persone. Non soltanto la relazione tra "uomo-macchina" evolverà strutturalmente, ma vedremo nuove forme di lavoro a distanza e diverse opportunità di collaborazione nelle catene del valore e tra ecosistemi interconnessi. In definitiva, la cosiddetta sfida dello "human-in-the-loop" richiede che dovranno essere sempre gli umani a governare lo schema di gioco e, ancora più importante, a definire gli orizzonti di significato del valore del lavoro”.
Un altro cambiamento che le imprese dovranno gestire e che avrà un impatto sul mercato del lavoro è quello della sempre maggiore importanza ricoperta dalla sostenibilità e dagli obiettivi ESG - Environmental, social, governance. Un ambito su cui il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere tutti i professionisti necessari allo scopo e il 70% si sta già muovendo per assumerli. Ci sarà quindi una crescita dei cosiddetti green jobs, cioè posizioni che richiedono competenze specifiche rispetto ai diversi settori della sostenibilità e la padronanza di un’ampia varietà di “green skills” specializzate. Tra le professioni verdi del futuro ci sono sia figure tecniche (ingegneri di fonti di energia rinnovabili e della mobilità elettrica) sia manager (chief sustainability officer e manager dei rischi ambientali). Solo in Italia sono già migliaia le posizioni aperte per questi profili.
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“Il mondo del lavoro continua a cambiare in modo ancora più veloce rispetto agli scorsi anni – commenta Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia. Così come è necessario intensificare le azioni di upskilling e reskilling a breve termine, anche attraverso gli strumenti e i fondi a disposizione, per fornire le competenze per le migliaia di posizioni vacanti per raggiungere gli obiettivi del PNRR, allo stesso modo è fondamentale che il nostro Paese non si faccia trovare impreparato per i cambiamenti che ancora ci aspettano a medio e lungo termine, come anticipa lo Studio Predittivo sul Futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale. È adesso che bisogna agire insieme al sistema formativo, per avviare percorsi che vadano incontro a questi cambiamenti. Con questo studio vogliamo dare uno strumento alle organizzazioni, agli enti di formazione e ai decisori pubblici per intervenire sul mercato del lavoro italiano con una prospettiva di lungo periodo fino al prossimo decennio”.
Per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, a imprese, sistema dell’istruzione e decisori pubblici è richiesto di intervenire per tempo su tre quarti delle professioni: nel caso si tratti di occupazioni con domanda in calo si dovrà gestire un eccesso di forza lavoro da riassorbire in altri ruoli (lavoratori non qualificati e a media qualifica come commessi e addetti al magazzino); nel caso invece si tratti di lavori in forte crescita occorrerà essere pronti a formare addetti con le giuste competenze prima di incontrare problemi di talent shortage (profili ad alta qualifica legati alla sicurezza informatica, specialisti analisi dati, distributori di nuovi servizi).
In particolare, cambieranno gli “skillset”, cioè il bagaglio di competenze richieste ai lavoratori. Alle professioni tecniche sarà richiesto di aumentare la varietà di competenze possedute, anche non strettamente attinenti al proprio lavoro; viceversa, alle professioni ad alta specializzazione servirà approfondire sempre di più il proprio settore di competenze. È prevista inoltre una domanda trasversale di competenze sulla sostenibilità su cui dovrà formarsi oltre il 60% dell’attuale forza lavoro. Le green skills sono quelle che permettono alle aziende di migliorare il proprio impatto ambientale, come ad esempio in materia di mitigazione dell'inquinamento, contrasto al cambiamento climatico e prevenzione dei rifiuti, bonifica ambientale, acquisti sostenibili, produzione e gestione dell'energia.
Tutti i cambiamenti illustrati potranno dunque comportare un aumento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Già oggi la quota di assunzioni che le imprese italiane giudicano difficili da realizzare ha superato il 48% a settembre 2023 ed è in continua crescita almeno dal 2019 mentre la percentuale di posti di lavoro disponibili ma non occupati (job vacancy rate) è attorno al 2%, con perdite stimate pari al 3% del valore aggiunto annuo di industria e dei servizi.
Un rimedio al talent shortage e al mismatch è dato dalla formazione che in prospettiva costituirà una risorsa sempre più preziosa ed efficace anche grazie alle potenzialità offerte dall’IA ad aziende ed enti di formazione. Integrando l’IA nei processi d’apprendimento sarà infatti più semplice e rapido allineare le offerte dei sistemi di istruzione alle trasformazioni costanti del mercato del lavoro. Secondo le stime, l’implementazione di soluzioni IA renderà corsi e programmi di formazione più accessibili per lavoratori e aziende, oltre a consentire un aumento dell’efficacia dell’insegnamento superiore potenziando soluzioni formative tradizionali. Un ruolo fondamentale svolgerà l’orientamento già nelle scuole secondarie, impostato in modo da consentire a studenti e famiglie di focalizzarsi sull’acquisizione di competenze e di riconoscere quali percorsi formativi e quali scelte professionali offrono maggiori opportunità di successo.
Sottolinea Mario Mariani, AD di Sanoma Italia: “Lo studio mette bene in luce come, per formare giovani in grado di inserirsi positivamente nel mondo del lavoro, la scuola giochi un ruolo essenziale, sotto diversi aspetti: da un lato, fornendo le skills sociali, cognitive ed emotive – tra cui resilienza, imparare a imparare, capacità di problem solving, pensiero critico – che permetteranno loro di entrare e di adattarsi ad un mercato del lavoro in continua e veloce trasformazione. Anche la formazione di competenze legate al digitale e all'intelligenza artificiale sarà molto importante. Un altro obiettivo di grande rilievo è aiutare i giovani a individuare il percorso professionale migliore per ognuno di loro: per questo l’orientamento è diventato centrale nel percorso formativo. In questo quadro crediamo che il nostro compito, come casa editrice education, sia quello di creare una connessione tra il mondo del lavoro e la scuola, supportando docenti e dirigenti scolastici, con strumenti tangibili, per aiutarli a fornire la migliore formazione a studentesse e studenti”.
Il mismatch in uscita dalle Università italiane
Lo studio predittivo stima anche il mismatch in uscita dai percorsi universitari italiani. In particolare, il modello prevede che il disallineamento tra le competenze dei neolaureati italiani e i lavori di primo impiego crescerà in modo significativo nel corso del decennio, soprattutto in uscita dai percorsi STEM (tra gli altri, scienze e tecnologie agrarie, biotecnologie, scienze e tecnologie informatiche, disegno industriale) e tra i lavori di primo impiego più frequenti tra i laureati triennali (tecnici programmatori, grafici, tecnici agronomi).
Questo effetto è correlato anche al fatto che mentre gli skillset delle professioni sono dinamici e cambiano velocemente, i curricoli delle classi di laurea sono meno soggetti a modifiche significative nel breve periodo. In parte, la natura della generale difficoltà di reclutamento di laureati deriva da questo disallineamento tra i tempi di cambiamento delle esigenze del mercato del lavoro e i tempi di risposta del sistema universitario.