I quattro finalisti allo Strega 2022 da ascoltare su Audible

“Quel maledetto Vronskij”, “Niente di vero”, "E poi saremo salvi" e “Randagi” sono i quattro titoli finalisti al Premio Strega 2022 presenti anche su Audible

di Chiara Giacobelli
Dalla pagina Facebook del Premio Strega
Libri & Editori

Non più solo libri cartacei o ebook; gli audiolibri risultano in costante ascesa e i titoli che Audible propone sono sempre più recenti, richiesti, di qualità. Già presenti in catalogo quattro dei sette finalisti allo Strega 2022: Quel maledetto Vronskij, Niente di vero, E poi saremo salvi e Randagi.

Rizzoli, Einaudi, Mondadori e Bollati Boringhieri: sono queste le case editrici che hanno già siglato un accordo con Audible per rendere ascoltabili quattro romanzi arrivati nella cinquina (quest’anno settina) del Premio Strega 2022. Un’occasione che ci fa piacere sottolineare e a cui diamo volentieri spazio, poiché non soltanto rappresenta un modo nuovo e diverso di approcciarsi alla letteratura, ma è anche un mezzo per superare le barriere, ad esempio per i ciechi o per chi in generale ha problemi di vista o dislessia. Ad Audible si avvicinano sempre più persone di ogni età, giovani in primis, senza considerare il fatto che ormai noti attori fanno la fila per leggere i testi di alcuni scrittori, così da fondere insieme l’arte della narrativa con quella della lettura espressiva. Scopriamo allora di cosa parlano i finalisti allo Strega che, volendo, potrete anche ascoltare.

Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti (Rizzoli)

Claudio Piersanti firma uno dei romanzi più belli della finale, edito da Rizzoli. È quasi insolito che un libro del genere raggiunga un livello tanto alto al Premio Strega in assenza di temi rivoluzionari, ma in questo caso la forza del soggetto sta tutta nella delicatezza che contraddistingue i due grandi protagonisti di Quel maledetto Vronskij: l’amore e la morte. Giovanni è un uomo medio che nella vita non ha compiuto nessun gesto eroico, non è particolarmente affascinante, né ricco, né potente, ma una cosa l’ha fatta: ha amato con tutto sé stesso sua moglie Giulia e insieme hanno avuto una figlia, ormai adulta e trasferitasi all’estero. La vita della coppia è un calmo scorrere del tempo nella quotidianità dei gesti che divengono abitudini affettuose, nei rituali della convivenza appagata e nella profonda conoscenza l’uno dell’altro. Almeno fino a quando qualcosa di totalmente inatteso arriva a sconvolgere la loro esistenza: il cancro.

Entra in gioco già dalle prime pagine del romanzo la malattia, un imprevisto a cui nessuno dei due sa come reagire e inevitabilmente sbaglia, ferisce, si lascia prendere dal panico, non è più in grado di comunicare ciò che sente e – nel caso di Giulia, colpita in prima persona – scappa senza dare alcuna spiegazione. L’intero svolgersi della storia è allora una dolorosa ma preziosa presa di coscienza di quanto fragile sia l’essere umano e di quanto in fondo l’essenziale risieda nelle piccole cose. Giovanni, appassionato di parole e di mestiere tipografo, si allontana sempre di più dal rumore assordante di un mondo caotico che smania per appagare ogni piacere, si slancia verso il progresso nella totale illusione di poter controllare il futuro, pretende il divertimento anche quando si avrebbe solo voglia di piangere. A poco a poco riesce a superare la sua disperazione per la perdita della moglie, che di fatto lo abbandona da un giorno all’altro, dapprima facendosi prendere dalla gelosia, poi dalla rabbia contro la malattia, infine lasciando entrare l’amore, e con esso la paura.


 

Chi è quindi Vronskij? È l’incarnazione delle nostre ombre più oscure, quelle che non riusciamo mai a guardare in faccia e da cui rifuggiamo istintivamente. È il viso odiato dell’uomo più giovane e carismatico che forse si è portato via sua moglie, quando è convinto che Giulia se ne sia andata con un amante; è il ghigno terribile della malattia ogni volta che si riaffaccia alla porta e bussa per entrare; è l’elemento che sfugge al controllo umano, così potente da deviare del tutto il corso di una vita, o molte di più; è, infine, la nostalgia per tutto quanto non si è riusciti ad essere o a fare, per ciò che ci sembra migliore di noi, per quello che abbiamo sognato ma non ottenuto. Eppure, Giovanni scoprirà che con quelli come Vronskij non bisogna attaccare briga né evitarli, bensì parlarci, a viso scoperto, sereni nella tempesta.

Quel maledetto Vroskij è un libro che vi consigliamo sinceramente di leggere, perché costituisce un percorso di formazione anche per il lettore; ci pone di fronte ai basilari perché dell’esistenza e non ci fornisce le risposte, ma ci racconta un modo di gestirli che appare saggio, maturo, responsabile. In più c’è l’amore, tema centrale del romanzo, mostrato qui – pur con tutte le sue pecche e i suoi limiti – nella veste migliore. Da ultimo, ma non meno importante, Piersanti affronta il discorso spinoso della morte, o meglio del suicidio di fronte all’inevitabile: è giusto decidere per l’altro quando si debba vivere e quando morire? È vero amore quello che trattiene al nostro fianco una persona malata, sofferente, stanca? Ci vuole predisposizione d’animo e d’emotività per apprezzare appieno questo romanzo, ma senza dubbio calarsi tra le sue pagine – o ascoltarle in questo caso dalla voce di Gabriele Donolato – è un’esperienza che vi lascerà più ricchi e consapevoli.

Niente di vero di Veronica Raimo (Einaudi)

È Cristina Pellegrino a impersonare su Audible Veronica Raimo in Niente di vero, edito da Einaudi, poiché in questo caso si tratta di romanzo autobiografico e dunque leggerlo ad alta voce significa immedesimarsi completamente nell’autrice. Irriverente, a tratti ironico, in alcuni punti quasi dissacrante, il libro finalista allo Strega 2022 della Raimo è un viaggio nella vita – dall’infanzia alla maturità – della scrittrice, con un focus importante sulle dinamiche familiari, sociali, relazionali.

Pur giocando con la fantasia e facendo ampio uso di immaginazione, la narrazione prende spunto da fatti realmente accaduti, da personaggi esistiti che qui cambiano il nome ma non la sostanza e affronta questioni scottanti per i lettori odierni. Veronica è figlia di genitori un po’ bizzarri, con il pallino per le malattie, la fissa di costruire muri divisori dentro case già anguste (il padre) e l’ansia costante per la sorte dei figli, il maschio in particolare (la madre). In un contesto del genere, fratello e sorella non possono che crescere quantomeno un po’ fuori dagli schemi, incapaci a loro volta di instaurare rapporti stabili e sereni con gli altri, perseguitati da demoni e scheletri nell’armadio.


 

Tuttavia, ciò che ci è sembrato costituire il punto di forza del romanzo è la capacità dell’uno e dell’altra, fratello e sorella, di dare un senso alle proprie vite ponendosi delle domande sensate e dandosi delle risposte non precostituite. Se per il maschio della famiglia la politica e l’impegno sociale diventano il modo per riscattare la prima parte dell’esistenza e migliorarla, per la femmina la strada da seguire è quella della scrittura, cercando sempre di restare sé stessa. Nello specifico, nonostante potrebbe aver fatto storcere il naso ad alcuni lettori, ci è sembrato graffiante e provocatorio il discorso attorno alla maternità, poiché qui finalmente viene trattato senza peli sulla lingua un argomento altrimenti schiacciato da pregiudizi, pressione sociale e tradizioni ormai sorpassate. La protagonista non fa invece alcun segreto di non voler diventare madre, di sostenere l’aborto e con esso la libertà di scelta di ogni donna non soltanto sul proprio corpo, ma anche sul proprio futuro.

Sebbene si tratti di un romanzo all’apparenza divertente e di facile lettura, pensato anche per far sorridere il lettore, i punti di interesse in cui approfondire tematiche niente affatto scontate sono molti, a seconda di quanto si voglia soffermarsi sul non detto tra le righe. È quindi un libro che consigliamo soprattutto per il coraggio dell’autrice, la quale ha sfidato l’opinione comune scrivendo talvolta affermazioni piuttosto forti che in realtà in molti pensano, seppure nessuno osi dirlo ad alta voce. Si spera possa essere l’inizio di una letteratura più vera, senza retorica, capace di distruggere del tutto la visione edulcorata della donna-moglie-madre perfettamente inserita nel tessuto sociale. La protagonista è tutto fuorché questo, ma in fondo sa farsi amare ugualmente e di certo non ha meno valore; al contrario, suggerisce l’idea di un soggetto femminile che – pur con i propri problemi irrisolti – sa formarsi un’opinione originale, generare un pensiero critico e mettere in discussione la società in cui viviamo.

E poi saremo salvi di Alessandra Carati (Mondadori)

Esordiente e già finalista al Premio Strega, nonché autrice pubblicata da Mondadori: Alessandra Carati non può che ritenersi più che soddisfatta della sua prima prova letteraria, applaudita da pubblico e critica, ora anche letta da Michela Caria su Audible. Merito di un talento indiscutibile, ma anche dalle "fortunate" circostanze che - specie negli ultimi mesi - hanno reso il romanzo della Carati più che mai attuale.

Il tema è quello della fuga, della distruzione e poi ricostruzione - mai possibile del tutto - a seguito dello scoppio di una guerra. In questo caso l'ambientazione è il conflitto dei Balcani e il luogo a cui dire addio è un piccolo villaggio della Bosnia, ma potrebbe benissimo essere una qualunque città dell'Ucraina, come ci sta insegnando la storia dei nostri giorni. Aida è una bambina di appena sei anni che vede disintegrarsi la serenità della propria infanzia a causa dello scoppio di un conflitto al di fuori della sua comprensione, nonché del controllo dell'intero popolo a cui appartiene. Una vita spezzata, e così tante altre: perché di fatto l'interrogativo che resta pendente nel corso dell'intero libro riguarda proprio quanto possano ritenersi davvero salvi coloro che sperimentano l'orrore di una guerra. Certe ferite non potranno mai rimarginarsi del tutto, senza considerare che chi scappa dalla propria terra diventa figlio di nessuno, non più parte del Paese che ha lasciato (e che in alcuni casi non esiste nemmeno più), ma nemmeno realmente integrato nella comunità che lo "accoglie".


 

Tratto da episodi realmente accaduti, E poi saremo salvi - che gioca proprio sul significato ambiguo della parola "salvi" - è un'epopea familiare e sociale che riesce a trattare all'interno della stessa storia più argomenti spinosi: il tema dell'integrazione, il conflitto generazionale, il dramma della guerra e le conseguenze a breve/lungo raggio che essa provoca, come pure i molti modi che l'essere umano possiede per affrontare la sofferenza, non sempre tuttavia in grado di combatterlo e sconfiggerlo. Libro doloroso, intenso, commovente, letto su Audible con il giusto pathos dalla Caria, E poi saremo salvi andrebbe ascoltato perché ci riguarda tutti, nonostante potremmo avere la percezione che non sia così. Ognuno di noi deve affrontare la propria battaglia interiore e trovare la strada per uscirne vivo, epilogo purtroppo non sempre scontato; ma ci coinvolge in prima persona anche quando parla di integrazione e quindi della reale capacità degli uni di accogliere, degli altri di inserirsi in una nuova realtà.

Proposto da Andrea Vitali al Premio Strega 2022 con la seguente motivazione (qui sintetizzata per motivi di spazio): "E poi saremo salvi non è solo la storia di Aida, profuga bosniaca che giunge in Italia appena in tempo per sfuggire agli orrori dei massacri. È anche quella di un padre a volte padrone e a volte bambino, di una madre che comprime il profondo e a tratti disperato amore per i figli al punto di dare talvolta l'impressione di essere assente. E infine è anche la storia di due schizofrenie entrambe vere: quella che ha lacerato i Balcani e l'altra, quella che affligge Ibro, il fratello di Aida, un crudo quadro di realtà che in alcuni passaggi diventa un commosso inno alle fragilità dell'essere umano".

Randagi di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri)

La voce di Alberto Onofrietti, speaker e artista musicale italiano, accompagna per oltre nove ore l’ascoltatore che abbia voglia di seguire la storia di un ragazzo, Pietro Benati, e quella della sua sgangherata famiglia. Randagi è il romanzo di Marco Amerighi pubblicato da Bollati Boringhieri e ambientato per buona parte a Pisa, meravigliosa città che l’autore ci permette di scoprire a poco a poco grazie a una narrazione in cui molto spazio viene lasciato ai luoghi, ai costumi e al contesto in cui la trama principale si sviluppa.

La famiglia Benati è ben nota per la maledizione degli uomini di casa, che prima o poi spariscono tutti, ciascuno a suo modo: il nonno – dato per disperso durante la guerra – ha in realtà messo su una famiglia oltremare e fa ritorno in Toscana con il disonore che gli grava sulle spalle. Il padre è l’individuo forse più difficile da comprendere e perdonare, specie per i figli, poiché le sue sparizioni costanti non sono legate soltanto alle donne, ma anche ai traffici illegali a cui si dedica, fino ad arrivare a un epilogo drammatico per l’intera famiglia e agli arresti domiciliari. Il fratello Tommaso è invece il super eroe che sa sempre cosa fare e come agire al meglio, primeggia su ogni attività, è elemento d’invidia e al contempo di luce per Pietro, la cui vita si spezza quando Tommaso muore ancora giovane in un incidente stradale.

Ad eccezione della madre Tiziana, una donna morbosamente attaccata al marito, incapace di uscire dal proprio mondo surreale per affrontare la realtà, questo è un romanzo al maschile, in cui la maggior parte dei personaggi sono ragazzi o uomini. Fa eccezione la presenza di Dora, la quale però – per il modo in cui si comporta e per come reagisce ai drammi subìti – sembra assumere anch’ella i tratti di un uomo, chiuso all’interno della propria corazza protettiva per resistere agli urti di un percorso non facile. Di certo, nessuno dei tanti personaggi che l’autore mette in campo in questo romanzo è convenzionale: arrivano tutti da situazioni familiari complicate, hanno un difficile rapporto con l’altro sesso e fanno difficoltà a trovare uno scopo per sé stessi, non si conoscono mai a sufficienza e forse non vogliono neppure conoscersi.


 

Randagi è un romanzo particolare che non va facilmente incontro ai lettori, sia per il ritmo abbastanza lento di fatti e avvenimenti, sia per la connotazione dei personaggi, a tratti poco realistici, ma di certo toccanti e in alcuni momenti persino commoventi. È stato scelto come finalista al Premio Strega 2022 dalla scrittrice Silvia Ballestra e ha detto di questo libro Sandro Veronesi, vincitore dell’edizione 2020 con Il colibrì: “Con Randagi Marco Amerighi s’impone come uno scrittore dal quale non si potrà più prescindere. Fin dalle prime pagine la scrittura avvolge e coinvolge, si concentra e si distende, unisce personaggi per poi separarli. Magistrale, non c’è altra parola. Voce, lingua, grana, timbro, luce, trazione: la scrittura di Amerighi splende in questo romanzo e si colloca nel perimetro entro il quale stanno i grandi affabulatori della nostra tradizione – molti dei quali toscani come lui, da Collodi a Fabio Genovesi, passando per Malaparte, Pratolini, Palazzeschi, Pardini ed Edoardo Nesi. Tra essi Marco Amerighi, con questa sua seconda opera, così bella, così potente, prende definitivamente posto”.

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