Alluvione in Emilia Romagna, sul commissario scoglio Mattarella

Mattarella deve salvare la sinistra. E l’Italia sembra una monarchia. Dal palazzo i retroscena su chi sarà il commissario

di Antonio Amorosi
Sergio Mattarella e Stefano Bonaccini
Politica

Il Pd rischia l’estinzione. La nomina del commissario diventa decisiva per la sopravvivenza politica in Emilia Romagna, ma anche per tastare il polso del governo. Quest'ultimo avrà la forza per rispondere?

In Italia ogni tragedia diventa commedia, ce l’hanno insegnato grandi registi del passato, e in questa ultima dell’Emilia Romagna la forza del governo e della sinistra si stanno misurando sulla nomina del commissario. Anche se in questa fase sembra che ognuno “canti la sua canzone”. 

Il governo Meloni sarebbe anche pronto a nominare il commissario straordinario all’alluvione per l’Emilia Romagna ma come può contraddire l’unico leader di sinistra rimasto, Sergio Mattarella? O meglio di centro sinistra. Sembra che per quel posto, il presidente della Repubblica in carica non veda altri che il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, nel ruolo che forse più gli compete: ricostruire ciò che non è riuscito a far distruggere (dalle calamità, si intende).

La situazione di stallo trapela dalle stanze del governo ma anche da quelle del Pd.

Magari Bonaccini avrebbe potuto realizzare prima del danno le opere di contenimento dei fiumi, evitare le solite esondazioni del Sillaro, del Santerno, dell’Idice, del Savio tracimati già nel 2019 e tirarli a lucido come è stato fatto per il Secchia e il Panaro (che sono a Modena, in “casa” sua), rinforzando gli argini, costruendo vasche di laminazione, pulendo il greto dei torrenti, sì, magari.

E paradossalmente sembra proprio il governo di centro destra a cantare una vecchia canzone comunista (Bandiera nera, la vogliamo? No!) dove al posto della bandiera c’è Bonaccini: “Bonaccini lo vogliamo? No! Perché l'è il simbolo dell’alluvione, Bonaccini lo vogliamo? No!”. Vedremo se basta.

Per la normativa il commissario deve essere nominato d’intesa tra Regione e governo con lo scoglio Mattarella che non appare aggirabile facilmente se non con una mossa a sorpresa. Anzi, era emerso già subito, quando il ministro della Protezione civile e delle Politiche del mare, Nello Musumeci, si sorprese per il mancato invito del governo alla visita del presidente della Repubblica nelle zone alluvionate. La replica di Mattarella non tardò: “Il presidente della Repubblica nelle visite nei territori italiani non impone la presenza di esponenti del governo. Essa, peraltro, è sempre gradita. È così da sempre, dall'inizio del primo settennato”. E ancora: “Il Quirinale in occasioni del genere non ha mai fatto inviti. Ma se qualcuno vuol venire è benvenuto”.

Così il popolo locale potè apprezzare le riprese di Mattarella e Bonaccini insieme in elicottero, sorvolando la Romagna mentre quest’ultimo indicava al presidente le centinaia di frane, Mattarella e Bonaccini a Ravenna che incontrano i bambini che cantano “Romagna mia” e i volontari che aiutano la popolazione, e Mattarella a Modigliana con Bonaccini e le frane e la gente che canta “Romagna mia”, tutti a Forlì con Gian Luca Zattini (ahinoi di centro destra) ma anche col presidente della Provincia Enzo Lattuca (del Pd) che per fortuna accoglie le istituzioni (Mattarella e Bonaccini), e poi Cesena dove Lattuca è sindaco e poi a Ravenna, Lugo e Faenza con i sindaci tutti di centro sinistra e la gente che canta “Romagna mia” e “Romagna mia” e “Romagna mia”. A un certo punto non sembrava più la visita a un disastro ma una marcia triofale.

Un caso per carità perché come ha detto il presidente della Repubblica agli alluvionati “Tutta l’Italia vi è vicino e non sarete soli in questa opera importante che deve essere veloce (riferendosi alla ricostruzione, ndr)”. Tutti uniti e veloce nella stessa frase?

Giovedì scorso Bonaccini e company, si sono presentati al tavolo di Palazzo Chigi con la stima provvisoria dei danni post alluvione: “8,8 miliardi di euro” da avere dal governo.

Alla richiesta governativa di esibire l’elenco degli interventi stimati, la Regione ha risposto che avrebbe inviato le carte il giorno stesso. Sono passati 7 giorni e l’elenco non si è visto né sul tavolo del governo né su quello della Protezione Civile nazionale. Ora la gente si sta stancando di cantare “Romagna mia”.

Per molte settimane i bookmaker davano Bonaccini-commissario e la nomina di un sub commissario vicino al governo. Escamotage che mostra una certa fragilità del centro destra, in questo caso troppo relazionale e poco deciso. Opzione che non piace neanche a Bonaccini, in fibrillazione: non vuole un controllore che possa fargli le pulci. Si sa, l'Emilia-Romagna è una specie di Cambogia in mano ad amministratori locali che hanno una lunghissima esperienza di controllo capillare del territorio. Avere 8,8 miliardi di euro a disposizione permetterebbe di recuperare terreno dopo il disastro di maggio e presentarsi al voto regionale dell’anno prossimo di nuovo credibili e vincenti.

Ma in questo momento la quotazione Bonaccini-commissario sembra in calo. Il problema per il governo Meloni è come trovare una figura valida senza fare preoccupare Mattarella sulle sorti della sinistra italiana.

Qualcuno dice che a Roma c’è un governo fascista ma in realtà da tempo immemore, da quando la manina della massoneria inglese ha realizzato l’Unità d’Italia, siamo condannati ad essere solo monarchici. Viva la monarchia! Invece di cantare “Romagna mia” o “Bandiera nera” dobbiamo cantare la “Marcia trionfale del Regno d’Italia”.

Non importa il colore del fazzoletto che si sventola, non importa la melodia di destra o di sinistra, soprattutto in questi ultimi decenni sembra pesare di più la cultura monarchica. E siamo passati dal regno di Re Giorgio (Napolitano) a quello di Re Sergio (Mattarella).

Ma gli elettori di centro destra accetteranno la sottomissione a Re Sergio presidente? Perché una mossa sbagliata nella nomina del commissario in Emilia Romagna potrebbe risultare un flop con rinculo anche per il governo. La musica comunque non cambia e tra chi “se la canta e se la suona” e chi spala fango di ogni genere, in basso si finisce sempre per spalare e cantare, sennò con la monarchia non ti passa. Il tutto mentre il neo segretario Elly Schlein sta costruendo una sua strategia soprendente.

Seconda puntata/ Continua...

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