Esteri

Ucraina, l'insegnamento di Dostoevskij e la fine dell’egemonia Usa

L'opinione di Matteo Castagna

La posta in gioco culturale, spirituale, ideale, al di là di ogni quotidiana osservazione dei fatti, degli intrighi e dei giochi di potere

Leggere Dostoevskij per capire la posta in gioco in Ucraina

Nel suo capolavoro “Delitto e castigo”, scritto nel 1866, Fedor Dostoevskij (1821 - 1881) denuda l’uomo, e compie un'indagine psicologica che lo rende attualissimo. Egli non è più il superbo eroe napoleonico, il paladino della giustizia, il salvatore del mondo, il grande liberale che con pochi doveri confonde i desideri coi diritti per corrompere una società, da cui, in realtà, si sente emarginato, anche se è orgogliosamente tronfia costola del Sistema che, a parole, vorrebbe cambiare. Al contrario è un essere misero, su cui aleggia il fantasma della vergogna, della frustrazione, della viltà e del senso di colpa.

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Il testo del grande scrittore russo, tradotto e letto in tutto il mondo, è osteggiato dalle élites dell'Occidente globalista perché il suo messaggio è essenzialmente cristiano: l'uomo può raggiungere la salvezza attraverso la sofferenza, intesa come purificazione dell'animo, che gli rende accessibile la vita eterna in Dio. In "Diario di uno scrittore" (articolo a pag. 201) Dostoevskij scrive: «Ci sono nella vita degli uomini dei momenti storici, in cui una scelleratezza evidente, sfacciata, volgarissima può venir considerata nient'altro che grandezza d'animo, nient'altro che nobile coraggio dell'umanità che si libera dalle catene» e comprende quanto i cosiddetti liberal siano l'emblema di queste ignobili caratteristiche. Al contrario, riferendosi all'uomo della tradizione, il filosofo russo dice: ‹‹La sofferenza, il dolore sono l’inevitabile dovere di una coscienza generosa e d’un cuore profondo. Gli uomini veramente grandi, credo, debbono provare su questa terra una grande tristezza››.

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