Bertinotti, dall'abuso d'ufficio al garantismo: il radical chic elogia Meloni

"Fausto il Rosso", ovvero Bertinotti, non si rassegna alla pensione e colpisce ancora. Il capolavoro di incoerenza dell'Ultimo Dinosauro della Sinistra

Di Giuseppe Vatinno
Fausto Bertinotti
Politica

Bertinotti: "Via l’abuso d’ufficio. E Giorgia Meloni non è fascista". L'elogio alla premier 

Fausto il Rosso” non si rassegna alla pensione e colpisce ancora. E lo fa tramite una intervista a il Foglio, quotidiano diretto da Claudio Cerasa, fondato da quel Giuliano Ferrara” spia della Cia”, come lui stesso si definì senza tanti giri di parole, anzi vantandosene.

Quindi non proprio un giornale adatto ad un Sacerdote Rosso come lui ma come noto “articolo non olet”, potremmo dire parafrasando i latini. Il vecchio sindacalista e rifondatore comunista, lui che comunista –tra l’altro- non fu mai, semmai socialista, ci fa sapere che è giusto abrogare il reato di abuso d’ufficio, ma siccome un giudizio tira l’altro, un po’ come le ciliegie (restiamo in tema cerasa), non si riesce a trattenere ed elogia il premier: «L'abrogazione dell'abuso d'ufficio è sacrosanta, si ascoltino i sindaci. Meloni fascista? Non scherziamo, la premier è afascista. Con Meloni non vedo il pericolo di una deriva fascista né autoritaria, vedo piuttosto il tentativo di espansione e controllo, questo sì totalitario, di tutti i gangli vitali della società. Come se, tra un'elezione e l'altra, la democrazia si sospendesse. Il centrodestra a guida Meloni ha tre teste: una liberaldraghiana, una corporativa, una illiberale. Ma il suo governo non deve fare paura».

E poi ritorna, nostalgia canaglia, ai grandi padri rossi: “Io ritengo che sia un bene abrogare l'abuso d'ufficio, su questa materia andrebbero ascoltati i sindaci, a partire dai vertici dell'Anci. La sinistra avrebbe dovuto abrogarlo da tempo senza aspettare che a farlo fosse un governo di destra. La sinistra dovrebbe recuperare l'antica propensione garantista che ha caratterizzato l'intera storia del movimento operaio, come testimoniano le riflessioni di personalità illustri, da Umberto Terracini fino a Emanuele Macaluso in tempi più recenti".

Ma non contento il suo zelo si spinge a fare un terzo assist alla Meloni e alla destra, questa volta sul garantismo: “A sinistra esiste un problema di cultura politica: l'abbandono o la messa in sospensione del garantismo è una delle molte ragioni per cui la sinistra è venuta meno alla promessa di cambiamento della società rispetto ai diritti delle persone». E aggiunge: «La riforma Meloni-Nordio è un'occasione per far valere un'ipotesi garantista: si rinunci allo spirito di crociata e si aboliscano gli impedimenti al lavoro ordinario degli amministratori. Ripeto: in primo piano va messa l'istanza manifestata dai sindaci di ogni colore».

In verità la sinistra è stata garantista solo per se stessa mentre con gli altri è stata manettara e giustizialista, tanto che poi l’unico partito che si salvò da Mani Pulite fu proprio il PCI mentre PSI e DC furono annientate. Ma questo Fausto il Rosso non ama ricordarlo. La sua è una prosa melliflua e rotonda che grazie alla sua “erre moscia capalbiana”, avvoltola, irretisce e concupisce. (Ne abbiamo parlato qui: clicca il link). 

Bertinotti, Pifferaio Rosso, è un darwiniano politico. Una volta caduto il PCI insieme al Muro di Berlino è riuscito a costruirsi il “Muretto dei Parioli” (il quartiere dei ricchi dove lui naturalmente abita), cioè Rifondazione Comunista. Roba d’arte fine, da intenditore, d’artigiano della politica. Attrezzi? Demagogia, faccia tosta, cashmere, tanto Capalbio ed erre moscia e il gioco è fatto. Ora, l’Ultimo Dinosauro della Sinistra, riesce nel suo capolavoro di incoerenza elogiando Giorgia Meloni e la destra. Siamo contenti che si sia accorto come stanno le cose, forse un po’ tardivamente, ma come diceva il maestro Alberto Manzi: “Non è mai troppo tardi” e per i suoi fan “non si è mai troppo tordi”.

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