Meloni e la tripletta giudiziaria. Che cosa c'è dietro il silenzio leghista

Giustizia, ordine tassativo dai vertici del Carroccio: non si parla

Di Alberto Maggi
Giorgia Meloni Matteo Salvini
Politica

Santanchè lascerà il ministero del Turismo? Delmastro sarà costretto a dimettersi? Che cosa accadrà al presidente del Senato? "Affari di Fratelli d'Italia, decidano loro e decida la presidente del Consiglio", ragionano ai vertici della Lega

 

Ordine tassativo arrivato direttamente dal segretario e vicepremier Matteo Salvini: nessuno della Lega, dai ministri ai capigruppo fino ai semplici parlamentari, deve parlare della cosiddetta tripletta giudiziaria che ha colpito Fratelli d'Italia e indirettamente la premier Giorgia Meloni sui casi Santanchè, Delmastro e La Russa. Il silenzio è totale. Si parla d'altro con i giornalisti, se vogliono, ad esempio di autonomia differenziata e di delega fiscale. Ma di Giustizia no. Che cosa c'è dietro questo silenzio del Carroccio?

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Fonti qualificate spiegano che "non si vuole tornare all'epoca di Berlusconi" e alla "guerra tra politica e Magistratura, altrimenti si bloccano le riforme". Quindi l'unica risposta in questo momento è il silenzio. E il silenzio è d'oro. Soprattutto perché la gatta (anzi, le gatte) da pelare è tutte di Meloni. Santanchè lascerà il ministero del Turismo? Delmastro sarà costretto a dimettersi? Che cosa accadrà al presidente del Senato? "Affari di Fratelli d'Italia, decidano loro e decida la presidente del Consiglio", ragionano ai vertici della Lega.

Salvini e i suoi, in sostanza, non chiedono un passo indietro degli esponenti di FdI nella bufera ma nemmeno sono disposti a immolarsi per difenderli. E le riforme? "Certo che vanno avanti. Abbiamo fatto un referendum per la separazione delle carriere, ci mancherebbe altro", spiegano sempre dal Carroccio. Ma proprio per evitare che le riforme si trasformino in una battaglia come ai tempi del Cavaliere serve stemperare i toni, abbassare il livello dello scontro. E quindi silenzio. Un silenzio che non è solo d'oro, ma anche assordante. E notato ai vertici di Fratelli d'Italia.



Dietro le quinte, ovviamente, c'è la partita delle Europee che hanno una valenza duplice. Da un lato c'è da costruire una maggioranza di Centrodestra anche in Europa, e qui le divisioni sono profonde con Antonio Tajani che continua a dire "mai con Le Pen e Afd", e dall'altro il dato delle urne (si voterà con il proporzionale e quindi tutti contro tutti) peserà moltissimo sugli equilibri nazionali e di governo. Dopo il magro risultato alle Politiche 2022, deludente, la Lega e Salvini - che secondo Swg sono tornati in doppia cifra al 10% - puntano a erodere consensi alla premier e a rilanciare i loro cavalli di battaglia, dall'autonomia alla flat tax passando per la riforma delle pensioni.

Pensando magari anche a un rimpasto che possa dare maggiore peso al Carroccio. La partita è delicatissima e le difficoltà di Fratelli d'Italia sulla Giustizia sono in qualche modo un'occasione per la Lega per tentare il recupero. Nessuna intenzione di far cadere il governo, nessuno Papeete bis, assicurano da Via Bellerio. Ma avanti con una linea autonoma, leale sul programma di governo, ma senza scendere in campo direttamente nello scontro con le toghe. Sia per non compromettere le riforme, anche della Giustizia, sia in prospettiva per cercare il colpaccio alle Europee e contare di più nella maggioranza e nell'esecutivo.

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