Morto Berlusconi, ora Meloni sogna di polarizzare l’Italia come fece Silvio
L’antiberlusconismo si trasformerà in antimelonismo?
Silvio Berlusconi è morto, e con lui il fronte che lo ha combattuto
Niente sarà più come prima! Se n’è andato il leader politico italiano certamente più influente dell’ultimo quarto di secolo. Lui, che, con la sua irriverente discesa in campo, aveva cambiato il volto e l’essenza stessa della politica nostrana, è destinato a sconvolgere nuovamente tutto con la sua. Non è questione di carisma o di fascino politico che il Cav aveva da vendere, quanto proprio di assetto del quadro politico.
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Con la morte di Silvio Berlusconi quel granitico ed ideologico fronte antiberlusconiano che aveva - con tutte le più amare esagerazioni - segnato una stagione; inesorabilmente, diviso l’elettorato in pro o contro il prestigioso inquilino di Arcore e sorretto un “malato” bipolarismo, verrà necessariamente meno e ciò darà la stura a novità eclatanti, soprattutto a sinistra. Non è una cosa di domani, sicuramente. Ma con la prospettiva del prossimo voto europeo, certamente, sì.
Si dirà: un fronte muore; l’antiberlusconismo, ed uno sorge; l’antimelonismo, quindi niente cambierà. L’equazione è culturalmente e politicamente impropria: Meloni è la destra e come tale ininfluente sull’elettorato di sinistra. Berlusconi no! Berlusconi rappresentava il sogno della classe media, un faro per quel popolo moderato che aveva deciso le sorti dell’Italia dalla sua fondazione come Repubblica. Quel popolo che la “gioiosa macchina da guerra” occhettiana pensava di aver messo a tacere come il pentapartito con tangentopoli.
Dunque lesa maestà; quindi, lotta senza quartiere! Questo è stato Berlusconi: un meteorite che ha cambiato l’asse di rotazione alla politica italiana. Come sarà - c’è da scommetterci - la sua dipartita: altra bomba nucleare su un Nazareno traballante dopo la batosta amministrativa.
Con la dipartita del Presidente azzurro si potrebbero creare quelle condizioni, fino ad oggi impossibili, per una ricomposizione di quel sentimento culturale e identitario di centro capace di assecondare le tante insofferenze tenute sino ad oggi sopite nei vari schieramenti dall’impossibilità di alternativa visto che al centro c’era Berlusconi e non vi era spazio per alcuno (Renzi docet!). Questo non significherà necessariamente un rischio per l’esecutivo Meloni, sebbene l’8% di Forza Italia sia decisivo per le sorti del Governo. Anzi!
L’apertura sulle riforme costituzionali registrata dal Premier sul cosiddetto “premierato” potrebbe divenire una argomento forte di sintonia tra il Governo ed un nuovo aggregamento moderato: fulcro di un futuro centro nel quale potrebbero confluire l’ala DEM di Lorenzo Guerini dato in piena ebollizione dopo la sonora sconfitta alle recenti amministrative, i malpancisti di Graziano Del Rio, i cattolici di Pierluigi Castagnetti (Beppe Fioroni ha già lasciato) ma anche, sul fronte opposto, Noi con l’Italia e altre frange azzurre oltre ovviamente i renziani e gli azionisti di Carlo Calenda.
Centro che, a livello europeo, potrebbe anche confluire nel PPE e creare le condizioni per un governo di continuità tra Roma e Bruxelles. Insomma una convergenza di più interessi politici liberati proprio dalla partenza di Silvio Berlusconi che, anche di lassù, tornerebbe a fare un nuovo sgambetto ad una sinistra già abbondantemente claudicante.