Nomine cardinali, gli italiani solo solo tre: nuovo schiaffo di Bergoglio
Papa Francesco ha nominato 21 nuovi Cardinali e chi ne ha requisiti potrà partecipare al prossimo Conclave. In Vaticano il nostro Paese conta sempre meno
Il Papa fa i nuovi Cardinali ma ci sono pochi italiani. Milano, Venezia e Torino deluse dalle nuove nomine
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Papa Francesco ha nominato 21 nuovi Cardinali e chi ne ha requisiti potrà partecipare al prossimo Conclave. L’annuncio è stato dato ieri all’Angelus e il Pontefice ha comunicato che il prossimo 30 settembre ratificherà le nomine durante il nono suo concistoro in dieci anni di pontificato.
I nuovi porporati portano a 137 i cardinali che possono votare.
Una volta votavano tutti i cardinali ma fu Paolo VI che nel 1975 promulgò un motu proprio dal titolo Ingravescentem aetatem che pose il limite a 80 per i cardinali aventi diritto al voto, una norma che allora destò polemiche e critiche ma che era in linea con i dettati del Concilio Vaticano II di cui Paolo VI fu custode.
Il Papa ha detto ieri:
«l’universalità della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della terra. L’inserimento dei nuovi Cardinali nella diocesi di Roma, inoltre, manifesta l’inscindibile legame tra la sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo».
Molti nuovi cardinali sono di Chiese periferiche come la Tanzania e Hong Kong ma non c’è neppure un vescovo residenziale italiano.
La polemica è subito montata perché mancano nomine che erano aspettate per Torino, Venezia e Milano, ma anche Kiev non ha ottenuto nulla.
I nuovi porporati italiani sono solo tre: Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, Agostino Marchetto, nunzio Apostolico che non può votare per raggiunti limiti d’età e Claudio Gugerotti, nunzio a Londra e poi a Minsk, in Bielorussia e che fa parte della “squadra” ucraina guidata da Capo della CEI Matteo Maria Zuppi che curiosamente in questa vicenda ha completamente esautorato il cardinal Pietro Parolin che come segretario di Stato dovrebbe invece occuparsene.
Ricordiamo che Papa Francesco è particolarmente attivo dal punto di vista delle questioni interne vaticane.
Ad inizio anno, subito dopo la scomparsa di Papa Benedetto XVI, il Papa aveva compiuto un atto molto particolare ed atteso da tempo, cioè la riforma del Vicariato di Roma.
Il Papa aveva in pratica messo “sotto tutela” il suo Vicario, il cardinal De Donatis, con la Costituzione Apostolica che si chiama “In Ecclesiarum Communione”. Riportiamo il passaggio specifico: “L’esteso impegno che richiede il governo della Chiesa universale mi rende necessario un aiuto nella cura della diocesi di Roma. Per questo motivo nomino un cardinale come mio ausiliare e vicario generale (cardinale vicario), che a mio nome e per mio mandato, avvalendosi della collaborazione degli altri miei vescovi ausiliari, tra i quali scelgo il vicegerente, esercita il ministero episcopale di magistero, santificazione e governo pastorale per la diocesi di Roma con potestà ordinaria vicaria nei termini da me stabiliti”.
Ma torniamo al presente.
In Italia c’è delusione per la nomina di soli tre nuovi porporati di cui solo due possono partecipare al voto per il prossimo Conclave ed inoltre –come detto- sono rimaste deluse tre grandi città come Milano, Torino e Venezia. Il che è stato interpretato come uno sgarbo all’Italia o comunque scarsa considerazione per il nostro Paese.
Sostanzialmente il “potere italiano” nel Vaticano fa scemando sempre di più, se si eccettua la figura di Zuppi che potrebbe avere buone chance di elezione a Papa, data anche la sua età e la considerazione in cui lo tiene Francesco.
Invece Parolin attende gli eventi ed ufficialmente ubbidisce al Papa ma il ruolo di Zuppi -che l’ha di fatto esautorato- non deve gradirlo molto.