I timori di Meloni, torna l'alleanza gialloverde. Asse Lega-M5s sulle pensioni
Il Carroccio ha bisogno di fare un po' di confusione per poi negoziare sulla manovra e ha trovato in Conte una spalla. Il retroscena
Manovra, l'intesa sulle pensioni Salvini-Conte preoccupa la premier
Per il governo Meloni i pericoli potrebbero arrivare non proprio dalla sinistra di Schlein ma dal suo "alleato". Si sta infatti facendo strada l'ipotesi di un nuovo asse tra la Lega e il M5s, in particolare sul fronte delle pensioni, si tratta della vecchia alleanza gialloverde che inaugurò la scorsa legislatura, per opporsi al rigore della legge di stabilità, in particolare in materia di pensioni. Per costringere Meloni e Giorgetti - si legge su La Stampa - ad addolcire alcune delle misure scritte per accontentare le richieste di Bruxelles. Quanto potrà reggere quest'intesa, è da vedere, dato che i testi forniti dal governo sono ancora destinati a modifiche, e Salvini intanto ha ottenuto i fondi per il Ponte sullo Stretto di Messina. Quel che conta per il governo resta arrivare al più presto a una condivisione nella maggioranza che consenta un iter il più possibile rapido della manovra di fine anno.
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Intanto però c’è da registrare che l’idea di una legge di stabilità da far marciare senza emendamenti alle Camere – proposta dallo stesso Salvini – s’è infranta contro la realtà è contro l’eventualità che alla fine siano maggioranze spurie, formate da pezzi di maggioranza e pezzi di opposizione, a costringere la premier e il ministro dell’Economia a un aggiustamento che al momento dicono di non potersi permettere, a causa degli impegni presi con la Commissione europea. Al momento il problema più grosso - prosegue La Stampa - restano le pensioni. E non solo perché Salvini, che si era impegnato su quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi per uscire dal lavoro), con la quota 104 attualmente prevista si ritroverebbe con un aumento dell’età pensionabile che farebbe fatica a spiegare ai suoi elettori. Inoltre la prospettiva più dura riguarda i giovani, i cosiddetti Millennials, destinati per ora a lavorare fino a 71 anni e a poter lasciare il lavoro soltanto se i loro versamenti sono sufficienti ad assommare una pensione pari a tre volte la minima.