Alcool: incidenti, etichette e comportamenti - La nota ARCAT
di Giovanni Aquilino *
Alla notizia delle diciture di avvertenza da imporre sulle etichette del vino e delle altre bevande alcoliche di “danno alla salute”, del governo Irlandese, hanno fatto seguito le inevitabili polemiche soprattutto in Italia, Francia e Spagna che sono nell’ordine i maggiori produttori di vino nel mondo.
I dati scientifici parlano chiaro l’alcol è una sostanza cancerogena accertata, è una sostanza tossica per l’organismo, inoltre ha effetti psicotropi e reca gravi danni alla salute. Di fronte agli inoppugnabili dati forniti dalla ricerca medica, da decenni l’OMS, sta cercando di stimolare i governi a prendere provvedimenti.
Forse è per questo che in questi giorni nessun medico ha prestato la sua faccia alle lobby alcoliche per argomentare dal punto di vista medico i vantaggi del “buon bere” moderatamente che negli ultimi decenni andavano falsamente sbandierando.
Oggi la difesa del bere e del consumo di alcol è tutta incentrata sul piano culturale: tradizioni, colture agricole millenarie, modelli di convivialità, il sapere enologico e via dicendo. Certo tutto questo forma un valore, un sedimento culturale spesso ed articolato, ma nel corso della storia umana: quante variabili culturali sono state giustamente abolite, modificate o sostituite poiché rivelatesi nel corso del tempo modi di pensare e di comportarsi non più adeguati?
La cultura è un “organismo” in continua evoluzione, 2000 anni fa nella cultura classica alle donne era proibito bere, poiché già si conoscevano i danni derivanti dal consumare alcool da parte delle donne che dovevano essere fisicamente integre per generare una prole sempre più sana e forte.
Nel corso del tempo tanti concetti si nono modificati, oggi frotte di signorine consumano bevande alcoliche come una evidente conquista di parità e libertà davanti a locali o in ogni circostanza possibile: l’aperitivo, la birra, il cicchetto o/e il cocktail, pur sapendo scientificamente che il metabolismo femminile mal sopporta il consumo di alcol, di fatto le donne a parità di consumi si ubriacano prima e nel tempo hanno più possibilità di ammalarsi degli uomini.
Mettere un avviso su di una etichetta non equivale a proibirla, ma a spiegare che c’è un pericolo e, pertanto, sarebbe corretto informare e mettere in condizione le persone di scegliere: se correre il rischio o meno.
L’alzata di scudi che, va ormai avanti da decenni, da parte dei produttori e dei dispensatori, all’ingrosso e al minuto, è evidente che sia una forma da un lato di tutela e conservazione di una specifica cultura e dall’altro una difesa degli interessi economici del comparto.
Il settore alcool, dalla produzione al consumo, rappresenta diversi punti percentuali del PIL nazionale, pare che nell’intera filiera ci lavorino circa un milione di persone.
Questo però non può giustificare il fatto che miglia di persone, soprattutto giovani, lasciano le loro vite sull’asfalto delle strade del sabato sera.
Immaginare che la colpa sia di chi beve troppo e non si sa controllare è voler dare una giustificazione ad un comportamento culturale, che promuove e diffonde un bere diffuso ad ogni piè sospinto.
Nel maggior numero dei casi a fare incidenti sono le persone che bevono saltuariamente e non gli “alcolisti”, quelli in genere sono talmente strafatti che non sono in grado neanche di salire in macchina.
Sono i giovani che dopo una serata passata a girare da un locale all’altro, alla fine stanchi ed intontiti dal consumo di uno a più “drink”, perdono il controllo del proprio mezzo. La fatalità vuole che in certe circostanze, magari a farne le spese, possano essere persone che non abbiano assolutamente bevuto, ma che sciaguratamente vengono a trovarsi sulla traettoria del mezzo guidato dal giovane alticcio.
Ora, sarà mai una avvertenza a mettere in crisi un settore produttivo tanto florido quanto esteso e pervasivo, o la eventualità di un potenziale, seppure lento, inizio di una inversione culturale?
Infatti, questa è la novità “rivoluzionaria” ovvero che un governo - finalmente in veste ufficiale -rompa il colpevole silenzio, che miete migliaia di vittime e di invalidi l’anno e metta l’allerta.
Poi ognuno sceglierà, ma almeno lo potrà fare scientemente e, per cortesia, non si dia la colpa sempre agli “alcolisti”, loro andrebbero solo aiutati e non utilizzati dai saggi “bevitori sociali” come una giustificazione: sono loro che eccedono noi degustiamo e godiamo dei piaceri della tavola.
È facile dire che esiste un bere cattivo, quello di chi eccede ed un bere buono quello nostro, quello dei “bevitori sociali”. Rimane solo un problema che andrebbe valutato meglio: ogni “alcolista” prima di diventare tale è stato un “bevitore sociale” esattamente come noi.
* Presidente ARCAT Puglia
(Associazione Club Alcologici Territoriali)
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Pubblicato sul tema: Vino, Dario Stefàno: 'Errore l'allarmismo sulle etichette'