Roma scivola nel sud Italia: gli stipendi medi sono sotto la media nazionale

Lo studio di Uil Lazio-Eures, Civica: “La struttura produttiva non è più competitiva e il lavoro è sempre più stagionale”. La politica fa finta di niente

Roma

Regionali Lazio, ai candidati è meglio non far sapere che in caso di vittoria guideranno una Regione ormai sprofondata nel Sud Italia. Nel Lazio stipendi e potere d'acquisto diminuiscono e l'esercito dei lavoratori che vivono con 10 mila euro l'anno è in costante aumento. Lo certifica il dossier Lavoro povero e disparità, elaborato dalla Uil Lazio e dall'Eures.

Lo studio dettagliatissimo lascia pochi margini alla politica, sempre più concentrata sulle promesse della campagna elettorale e sempre più lontana dai problemi reali della Capitale e della sua Regione. Scrive la Uil Lazio: “Se storicamente i lavoratori della nostra regione percepivano stipendi più elevati della media nazionale, adesso lo scarto è quasi nullo (74 euro, contro i 1.336 euro del 2011) e potrebbe addirittura azzerarsi durante l’anno in corso raggiungendo, se la dinamica rimane invariata, importi medi al di sotto del valore nazionale”.

Alberto Civica: "La struttura produttiva della regione non è più competitiva"

“Un peggioramento - commenta il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica - frutto anche di una struttura produttiva non in grado di competere nei campi dell’innovazione e della digitalizzazione, di un’economia non sostenuta da efficaci politiche di sviluppo industriale, da investimenti pubblici di valenza strategica né da una capacità di attrazione degli investimenti esteri e da un sempre maggiore ricorso all’occupazione precaria e stagionale, a discapito di quella stabile”. E' il cosiddetto “effetto sala giochi” che ha consentito a Roma di tirare il fiato di fronte alla crisi economia, sostenuta solo dal Turismo che però genera lavoro stagionale. E Roma, da sempre alla ricerca di una vocazione industriale, può solo sperare che i flussi si mantengano costanti nella stagionalità e aumentino i picchi. Diversamente la sentenza di città-regione condannata ad entrare nel Sud Italia, è scritta.

Per la Uil, “Retribuzioni più basse significa anche maggiore disparità e disuguaglianze. I dati Inps relativi al periodo 2016-2021 evidenziano infatti come, a fronte di un complessivo incremento di 130 mila lavoratori del settore privato nel Lazio, si registri una vera e propria impennata (+30% in cinque anni) di lavoratori che percepiscono compensi inferiori a 5 mila euro annui e un consistente incremento di quelli tra 5 mila e 10 mila euro: complessivamente, dunque, i lavoratori dipendenti con retribuzioni inferiori a 10 mila euro arrivano a rappresentare un terzo del totale (33,0%), contro il 29,5% del 2016. Stabile invece il numero di lavoratori con retribuzioni comprese tra 10 e 20 mila euro che rappresentano circa un quarto del totale dei lavoratori dipendenti del settore privato del Lazio (quasi 400 mila unità). Dati questi che ancora non tengono conto del peggioramento dell’inflazione del 2022, durante il quale si sono raggiunti valori a due cifre non riscontrati in Italia da oltre 35 anni e che stanno comportando un’ulteriore riduzione di capacità di spesa pari a quella della tredicesima mensilità”. 

Le donne guadagnano sempre meno degli uomini

La Uil certifica: “Nell’ambito delle disuguaglianze, spicca ancora una volta la differenza di genere: i compensi percepiti dalle donne sono di 6,5 mila euro inferiori a quelli degli uomini. Squilibrio non interamente attribuibile a trattamenti differenziati a parità di lavoro/qualifica, ma dovuto soprattutto alla differente incidenza dei contratti part-time – spesso “imposti” dall’impresa – che, nel Lazio, nel 2021, coinvolgono quasi la metà delle lavoratrici del settore privato (48,7%). Una dinamica purtroppo decennale che evidenzia come, continuando così, sarebbero necessari ancora 80 anni perché il “gender gap” si azzeri”.

Chi paga il prezzo della crisi sono i giovani

I sindacato e l'istituto Eures, non hanno dubbi: “Come prevedibile, sono soprattutto i giovani a pagare il prezzo più alto della crisi. Le retribuzioni crescono infatti con l’aumentare dell’età anagrafica attestandosi su valori inferiori ad un terzo della media regionale tra gli under25enni (6.845 euro annui nel 2021 contro 21.942). Anche tra i cosiddetti “middle young” (25-34 anni) – dove la quota di dipendenti che ha lavorato per meno di 3 mesi raggiunge il 19% e appena poco più di un lavoratore su tre ha percepito almeno 12 mensilità – i compensi si mantengono al di sotto della media regionale, raggiungendo i 15.627 euro annui.

Alberto Civica: "Ormai si specula sul lavoro”

“Questi dati stanno a indicare che c’è un sistema che approfitta degli spazi che alcune normative concedono - commenta Civica - quasi una speculazione sul lavoro di cui la politica dovrà assolutamente tenerne conto e le imminenti elezioni regionali potrebbero rappresentare un momento di riflessione in tal senso. Inoltre, eliminare il reddito di cittadinanza tout court potrebbe contribuire all’incremento del lavoro povero, di cui certo non abbiamo bisogno”. 

Il calo delle retribuzioni sembra però non toccare i cosiddetti profili apicali che anzi registrano una significativa crescita. Se infatti lo stipendio medio di un quadro supera i 64 mila euro e quello di un dirigente è di 142 mila, la retribuzione annua di un impiegato non raggiunge i 24 mila e quella di un operaio e di un apprendista non arriva nemmeno a 14 e a 12 mila euro. 

Disparità che appare ancora più evidente se si confronta la retribuzione lorda media annua di un dirigente e quella di un operaio nel corso degli ultimi 10 anni: i 20.559 dirigenti del settore privato censiti dall’INPS nel 2021 nel Lazio, hanno complessivamente ricevuto retribuzioni pari a quelle di oltre 211 mila operai. Se consideriamo che operai e impiegati rappresentano il 90% dei lavoratori del settore privato si comprende quanto la disparità retributiva si traduca anche in una perdita del potere d’acquisto e in un problema sociale non indifferente.

L'agricoltura è strategica ma soffre più del Terziario

Nello studio si evidenzia coma Anche il settore dei servizi che nel Lazio assorbe l’80% dei lavoratori dipendenti non agricoli non se la passa meglio. I lavoratori del terziario ottengono compensi inferiori al dato medio regionale, con retribuzioni medie annue pari a 20.408 euro e che addirittura non raggiungono nemmeno i 10 mila euro per il 36% di essi. 

La flessione trova conferma soprattutto tra le attività di alloggio e ristorazione i cui compensi medi annui nel 2021 arrivano ad appena 8 mila euro. In forte calo anche le retribuzioni dei lavoratori impegnati in attività artistiche e sportive, di quelli che operano nel campo dell’istruzione, e di quelli che si occupano di attività di noleggio e agenzie di viaggio, che complessivamente rappresentano un quinto del totale dei lavoratori della regione. 

Situazione resa possibile anche dal ricorso sempre più frequente al lavoro occasionale. Diminuiscono infatti i lavoratori a tempo indeterminato, passando dal 78,1% del 2011 al 73,4% del 2021, mentre aumentano quelli a termine che sono passati dal 21,7% nel 2011 al 24,2% nel 2021. Ancora più preoccupante il dato dei dipendenti inquadrati con contratti stagionali che nel 2011 rappresentavano lo 0,3% del totale e a distanza di dieci anni hanno raggiunto il 2,4% dei lavoratori.

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