L'avvocato del cuore
Cyberbullismo e garante della privacy: come intervenire e cosa dice la legge
Qualsiasi giornale pubblica orami, con cadenza serrata, se non addirittura quotidiana, notizie riguardanti i casi di cyber-bullismo, definito così dal legislatore: “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (articolo 1 della legge n. 71 del 2017).
Due notizie meritano particolare attenzione e suggeriscono ponderate riflessioni: entrambe sono state lette ieri, martedì 20 aprile 2021, nel sito TGCOM 24. La prima è questa: “Più del 12% dei ragazzi racconta che, da quando è iniziata la pandemia, ha subìto almeno un atto di violenza online. Con la Dad che rischia di fare da pericoloso megafono: uno su 5 dice di aver assistito durante le lezioni a distanza a prese in giro nei confronti dei compagni di classe”.
La seconda è questa: “Nel 2020, rispetto all'anno scorso, sono quasi raddoppiati i casi di cyberbullismo che vedono vittima un minore di età inferiore a 9 anni: nel 2019 erano 28, mentre nel 2020 sono state 52. In aumento anche i minori denunciati (62 nel 2019 contro i 66 nel 2020) per detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. I dati della polizia postale sono stati diffusi nel corso dell'incontro del Moige "Giovani Ambasciatori per la cittadinanza digitale".
Il fenomeno del cyberbullismo ha registrato una desolante recrudescenza, così come ha documentato la Polizia Postale, rendendo pubblici dati decisamente allarmanti. È facile intuire che l’uso dei mezzi informatici e della tecnologia digitale in genere – salvifico in tempi di pandemia perché preserva i rapporti interpersonali – si sia trasformato, in taluni casi, in abuso, permettendo ai cyber-bulli di esibirsi sulle piattaforme digitali divenute il palcoscenico delle loro malefatte, e cioè di spettacoli non edificanti che gli spettatori, inermi, farebbero volentieri a meno di guardare.
Chi intercetta on line, per esempio durante la DAD, il cyber-bullo può, invero, farsi autotutela e comportarsi al pari di chi si trovi davanti allo schermo televisivo: può cambiare canale e cercare un programma più stimolante e invitante di quello cui vorrebbe costringerlo ad assistere il bullo della Rete. Chi, però, è vittima del cyber-bullo può davvero interrompere la connessione internet e mettersi al sicuro dalle aggressioni informatiche, semplicemente cliccando sul tasto off del pc? La risposta è no.
Se fosse così semplice liberarsi dalle persecuzioni mediatiche dei cyber-bulli, il legislatore non avrebbe pubblicato la legge n.71 intitolata “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” e articolata in sette norme: articolo 1, Finalità e definizioni; articolo 2, Tutela della dignità del minore; articolo 3, Piano di azione integrato; articolo 4, Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto in ambito scolastico; articolo 5, Informativa alle famiglie, sanzioni in ambito scolastico e progetti di sostegno e di recupero; articolo 6, Rifinanziamento del fondo di cui all'articolo 12 della L. 18 marzo 2008, n. 48; articolo 7, Ammonimento.
Ai sensi e agli effetti dall’articolo 2 della Legge, il minore che abbia compiuto quattordici anni o, in sua vece, il padre o la madre, o, in mancanza di costoro, la persona esercente la responsabilità genitoriale sul minore, possono presentare “al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media” un’istanza diretta all’oscuramento, alla rimozione o al blocco del dato personale.
Qualora entro ventiquattro ore dalla ricezione dell’istanza il responsabile non abbia aderito alla richiesta di tutela o qualora non abbia avviato la condotta riparatoria dell’illecito entro le successive quarantotto ore, l’interessato può rivolgersi al Garante per la Privacy. Questi deve interrompere la propagazione dell’illecito con celerità, e cioè entro quarantotto ore dalla presentazione dell’istanza. L’indirizzo del Garante è cyberbullismo@gpdp.it mentre il modello dell’istanza per segnalare gli episodi di bullismo sul web o sui social network è scaricabile dal sito ufficiale del Garante medesimo: https://www.garanteprivacy.it/
La segreteria del Garante è composta da persone disponibili e rassicuranti: qualche giorno addietro il mio Studio legale ha presentato un ricorso per la rimozione – dai social network – delle fotografie di due bambini. Nel giro di 24 ore il ricorso è stato protocollato e il genitore istante ha avuto la confortante impressione di interfacciarsi con un interlocutore serio e affidabile che si sarebbe preso a cuore il suo caso. Vedremo quale sarà l’epilogo della vicenda. Comunque sia, quello che conta è potenziare l’empatia attorno alle vittime del cyber -bullismo, in modo tale che non si sentano sole e isolate, bensì protette e tutelate, ma anche incoraggiate alla denuncia degli autori di questi odiosi illeciti.
*Studio legale Bernardini de Pace