L'avvocato del cuore

Figli travolti da liti dei genitori: giudice può affidarli ai servizi sociali?

di Benedetta Di Bernardo

Buongiorno Avvocato, 

all’ultima udienza di separazione il Giudice, di fronte all’ennesimo, forte, scontro verbale fra me e mio marito, ha fatto capire ai nostri avvocati che, se non la smettiamo di litigare, i nostri figli (di 4 e 7 anni) verranno affidati ai servizi sociali. Io da quel giorno sono terrorizzata, non dormo la notte e vivo nell’angoscia, perché non posso pensare che mi vengano portati via. Cosa accadrà se davvero il Giudice deciderà così? Come evitarlo?

Cara Signora,

la misura dell’affidamento c.d. etero-familiare, che il Giudice della separazione Vi ha prospettato, come extrema ratio, a tutela dei due minori, rientra nell’ambito dei poteri a lui attribuiti dall’art. 337 ter c.c. Questa norma, infatti, da un lato impone al Giudice di valutare “prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori” o di stabilire “a quale di essi i figli sono affidati”, e, dall’altro lato, lo autorizza ad adottare “ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare”.

Questa norma di chiusura ha permesso alla costante Giurisprudenza – in casi di elevata conflittualità fra i genitori, tale da compromettere il diritto dei minori alla bigenitorialità o da ostacolare l’assunzione delle decisioni più rilevanti per loro – di disporre l’affidamento della prole ai Servizi Sociali dell’ente territoriale di appartenenza.

E’ una misura tendenzialmente provvisoria (seppur non necessariamente, come di recente chiarito dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 28998/2018) tesa a “tamponare” le situazioni di emergenza, nelle quali il conflitto coniugale coinvolge (anzi, travolge) i minori, e ad accompagnare i genitori al recupero della rispettiva responsabilità genitoriale, nonché al rispetto l’uno dell’altro.

Quello dei Servizi Sociali affidatari di minori, infatti, è stato definito dalla Corte di Cassazione “un ruolo di supplenza e di garanzia, nell’attesa che i genitori riescano nel “superamento del conflitto e nella corretta instaurazione di una relazione basata sul rispetto reciproco nella relazione con i figli” (Cass. Civ. n. 28998/2018).

Parallelamente, infatti, vengono quasi sempre adottate iniziative che vanno nello stesso senso, quali percorsi di supporto alla genitorialità, attività di costante monitoraggio dei rapporti interni alla coppia genitoriale, interventi di educativa domiciliare e di mediazione da parte di figure specializzate quale il coordinatore familiare.

Il Suo caso mi sembra corrispondere esattamente a questa prassi dei Tribunali, ormai sempre più dilagante e all’ordine del giorno, nelle pagine di cronaca quotidiana. Mi sento però di rassicuirarLa, quantomeno sull’incidenza concreta che questo provvedimento, laddove assunto, potrà avere nella Vostra quotidianità.

In primo luogo, perché il provvedimento che dispone l’affidamento ai Servizi Sociali, benché limiti effettivamente la responsabilità genitoriale di mamma e papà, non ha un contenuto tassativo e codificato dal Legislatore. Per questo, i Tribunali di merito si sono “sbizzarriti”, delineando limiti e poteri dell’Ente, di volta in volta diversi: più o meno ampi, più o meno articolati, più o meno gravosi, più o meno limitati nel tempo, a seconda delle esigenze del caso concreto e dello specifico miglior interesse del minore coinvolto.

In secondo luogo, perché l’affidamento etero-familiare non incide – fatti salvi casi estremi – sul collocamento del minore che, generalmente, non viene modificato, per non privare i figli dell’ambiente e degli affetti di riferimento, nel tempo che serve ai genitori a recuperare la propria piena idoneità e responsabilità genitoriale.

E’ infatti da non confondere la misura in esame, riconducibile ai poteri del Giudice della separazione, ex art. 337 ter c.c., con il diverso (e più drastico) istituto previsto dall’art. 4 della Legge n. 184 del 1983, che riconosce al Tribunale per i minorenni il potere di disporre, in via provvisoria, l’affidamento familiare (a un’altra famiglia, o a una comunità di tipo familiare, o a un istituto di assistenza pubblico o privato) del minore che sia “privo di un ambiente familiare idoneo” e non in grado di “assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione”.

In conclusione, per evitare qualsivoglia – drastica o meno drastica – compressione dei Suoi diritti e doveri verso i Vostri figli, Le suggerisco di proporre sin d’ora a Suo marito un percorso di supporto alla genitorialità che possa accompagnarVi, senza dover attendere imposizioni e termini perentori, nel recupero della reciproca fiducia, se non come coniugi, quantomeno come genitori.

Dimostrando al Giudice la capacità di accantonare livori e recriminazioni, e di tenere indenni da questi le decisioni di maggiore interesse per i Vostri bambini, il rischio dell’affido etero-familiare potrà dirsi certamente attutito: “La mera conflittualità riscontrata tra i genitori che vivono separati, non preclude - in via di principio - il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si traduca in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse” (Cass. Civ. n. 5604 del 28 nfebbraio 2020).

In bocca al lupo!

Avv. Benedetta Di Bernardo-Studio legale Bernardini de Pace