L'avvocato del cuore

Tradita da mio marito per anni. Danni morali ed economici: cosa posso attivare

Di Avv. Benedetta Di Bernardo*

'I rimedi risarcitori alla violazione dei doveri coniugali'

Buongiorno Avvocato

per anni mio marito mi ha tradita platealmente, umiliata e maltrattata, fino a gettarmi in una depressione profonda, che mi ha fatto tentare due volte il suicidio e mi ha fatto perdere il lavoro. Ora, dopo un anno di cure farmacologiche, sto meglio e ho trovato la forza di chiedere la separazione. Quali rimedi posso attivare per ottenere un ristoro morale ed economico a tutto il dolore subito?

 

Cara Signora,

la Sua storia, purtroppo, non è un caso isolato.

Sono tante, troppe, le unioni, coniugali e non, che – nel nome della stabilità economica, dell’apparenza, dell’accettazione sociale, o di quello che si presume (erroneamente) l’interesse dei figli – celano dinamiche annientanti, subdole, laceranti.

Violenze fisiche, verbali, economiche o psicologiche che, a lungo andare, permettono il consolidarsi di rapporti disfunzionali nei quali l’inerzia dell’uno alimenta inesorabilmente e pericolosamente l’aggressività dell’altro.

Il codice civile offre al coniuge vittima di queste condotte maltrattanti due strumenti risarcitori diversi, per presupposti ed effetti, e da attivare distintamente: la domanda di addebito della separazione e la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale (morale, biologico o esistenziale).

Il primo è disciplinato dall’art. 151, comma II c.c., il quale dispone che “ll Giudice pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”. E cioè i doveri di fedeltà, assistenza morale e materiale, coabitazione e collaborazione nell’interesse della famiglia (art. 143 c.c.).

La pronuncia di addebito è rimessa alla valutazione discrezionale del Tribunale, chiamato ad accertare se, nel corso della causa separativa, la parte che ne ha fatto domanda abbia adempiuto rigorosamente – facendo ricorso a documenti, testimoni, consulenze tecniche d’ufficio, ecc. – all’onere di “provare la condotta dell’altro e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza” (Cass. Civ. n. 27777/2019).

Il coniuge al quale è stata addebitata la separazione non avrà diritto all’assegno di mantenimento (art. 156, comma I c.c.) e perderà le prerogative successorie (art. 548 c.c.), salvo ipotesi residuali. 

Venendo specificatamente al Suo caso, la costante Giurisprudenza, di merito e di legittimità, non manca di ribadire come “In tema di separazione personale dei coniugi, l'aggressione dei diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, costituisce grave violazione dei doveri coniugali, e in particolare del dovere di rispetto dell'altra persona. La violenza perpetrata nei riguardi dell'altro coniuge è sempre intollerabile e mai giustificata; essa consente di ritenere provato, ex se, il nesso causale tra la violazione del dovere coniugale di assistenza e solidarietà tra i coniugi, costituendo quindi, causa di addebito della separazione” (Tribunale Milano Sez. IX, 11/07/2013).

Il secondo rimedio – da attivarsi in una ulteriore e diversa causa, pena l’inammissibilità della relativa domanda inserita nel ricorso per separazione – trova invece la propria fonte normativa nella figura del danno non patrimoniale prevista dall’art. 2059 c.c. e nell’interpretazione che di questa è stata resa dalla Giurisprudenza maggioritaria, sino a estenderne la portata a tutti quegli illeciti che incidono su valori della persona garantiti costituzionalmente.

Per quanto qui rileva, la Corte di Cassazione ha più volte chiarito come La natura giuridica dei doveri derivanti dal matrimonio implica che la loro violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità personale” (Cass. Civ. n. 6598/2019; Cass. Civ. 4470/2018).

Le conseguenze concrete delle condotte di Suo marito, e cioè le gravi lesioni di diritti inviolabili che leggo nella Sua lettera (fra questi, anche la salute), andranno specificamente allegate e provate con ogni mezzo.

Per lenire le ferite emotive, invece, serviranno tempo, consapevolezza e voglia di riscatto.

*Studio legale Bernardini de Pace