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L'avvocato del cuore
Trans, esibizione del Green Pass: un coming out forzato

Troppe persone non sanno, e dunque non capiscono, cosa significhi per una persona trans essere continuamente e pubblicamente esposta a un contesto sociale impreparato a riconoscerla nella sua dignità, nonché a un contesto istituzionale che troppo spesso la misconosce apertamente. 

La popolazione transgender costituisce a oggi, nel nostro Paese, una comunità attiva e resiliente, soprattutto a seguito dell’assunzione, da parte dell’autodeterminazione individuale, di un ruolo centrale nella società contemporanea, nella quale è la percezione psichica a definire l’identità sessuale, indipendentemente dal genere. Al mutamento socio-culturale è seguita, poi, una lenta evoluzione normativa, spesso sollecitata dalle pronunce giurisprudenziali, miranti a garantire visibilità e dignità giuridica alla popolazione transessuale

L’Italia in realtà, con la legge 164/1982, è stata uno dei primi Paesi a legiferare in merito ai diritti degli individui transessuali e alla possibilità di ottenere la modifica del sesso ricevuto alla nascita e registrato all’anagrafe. Oggi, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. 150/2011, i procedimenti per la riassegnazione del genere seguono un rito di tipo ordinario con la partecipazione del Pubblico Ministero davanti al Tribunale del luogo di residenza dell’interessato. 

Nel giudizio è possibile chiedere l’autorizzazione per l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso e la contestuale rettificazione del nome e del genere anagrafico, oppure è possibile domandare solamente la modifica dei documenti anagrafici. Questa seconda opzione è divenuta possibile a seguito di due importanti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale

La Corte di Cassazione (sentenza n. 15138/2015) ha infatti dichiarato, anche se solamente nel 2015, la non indispensabilità del trattamento chirurgico di demolizione degli organi sessuali ai fini della pronuncia di rettificazione di attribuzione di sesso. Si è stabilito che l’interesse pubblico alla definizione dei generi non può implicare il sacrificio dell’interessato alla propria integrità psicofisica ed è, quindi, rimesso al Tribunale il compito di verificare se, prescindendo dall’intervento chirurgico, l’interessato abbia già definitivamente assunto un’identità di genere

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