Lo sguardo libero

Dal prof. Matteo Bassetti a Fedez, dal narcisismo alla società classista

Di Ernesto Vergani

Gli effetti negativi dei media e della tv. Muri invisibili sempre più insuperabili

Dal prof. Matteo Bassetti al rapper Fedez, che cosa hanno in comune? Lo spazio sui media e in tv, che hanno dinamiche loro proprie, che si danno per scontate, ma non è detto che siano invariabili, e di cui è più facile cogliere gli aspetti illogici.

Con tutto il rispetto, come probabilmente pensano tanti italiani, quando la pandemia sarà superata, oltre a conseguire il ritorno alla normalità, ci si libererà dagli infettivologi in tv. Assoluta fede nella scienza, ma sorprende la sete di visibilità mediatica di tali medici che sfocia nel narcisismo, addirittura ostentato dal prof. Matteo Bassetti: “Sì, sono narcisista: chi nega di esserlo dice una bugia”.  L’esistenza è un fatto spirituale; come insegnano i latini, la virtù è fine a sé stessa e per Buddha bisogna mutare le cause e le condizioni che ci determinano per farle svanire. Tutto ciò è l’opposto del narcisismo.

Dall’altra parte il rapper Fedez che, mettendo a confronto la raccolta di firme per posticipare il “coprifuoco” notturno per la pandemia con quelle a favore del disegno di legge Zan contro l'omotransfobia, polemizza con la Lega e, a seguito di ciò, Matteo Salvini risponde: “Caro Fedez, ti stimo come artista e cittadino, non è tempo di polemiche, vediamoci”. Con tutto il rispetto, anche ciò è conseguenza ed effetto della pervasività dei media e del web. Sorprende che a dettare i temi della politica sia un rapper. La conoscenza, a partire dalle questioni che riguardano l’uomo, la società e l’economia, è “scienza” (etimologia: dal latino scire “sapere”), riduzionista, innovatrice o geniale; persino l’arte, come sostiene Socrate, è un fatto razionale (mentre la maggioranza pensa che sia creatività, la lampadina che si accende…). Conoscenza che è il risultato di apprendimento, di studi continuativi, fatica e sacrificio, di un curriculum vitae. Per intenderci, anche i figli delle famiglie nobili e borghesi, che crescono nel contesto educativo più fortunato (sotto questo punto di vista la nobiltà è giusta, nascere in una casa propizia è come vincere alla lotteria), studiano e si laureano (ovvio una persona può essere colta anche senza laurea, ma siano poche le eccezioni che confermano la regola), oltre perché è necessario, per rispetto delle famiglie meno favorite dalla sorte che investono sulla formazione e gli studi dei figli. Studiare è una forma di umiltà. È triste sentire un ragazzo affermare: “Voglio fare l’influencer” e non “Voglio laurearmi in Economia e andare a lavorare New York”. Tutto ciò rallenta il progresso (uomini liberi per il sapere) e crea paradossalmente una società più classista e reazionaria: borghesi sempre più borghesi, popolo sempre più popolo. Muri invisibili sempre più insuperabili.