Lo sguardo libero

Europee/ Si vota per la stanza dei bottoni di Strasburgo non per l’Italia

Di Ernesto Vergani

Se vogliono fare i propri interessi, gli italiani scelgano (persino) “disgiuntamente” dalle proprie convinzioni politiche

Il rischio di dare il proprio voto a chi sarà escluso dalle decisioni

Domani e domenica gli italiani esprimeranno i propri 76 europarlamentari in rappresentanza dei 720 totali. Come ricordato da queste colonne, l’Unione europea è un fatto pragmatico che tocca tutti gli europei – anche gli italiani – ed è quindi decisivo che si voti per chi non sia escluso dalla stanza dei bottoni di Strasburgo e di Bruxelles (nella prima ha sede il Parlamento, nella seconda operano le Commissioni parlamentari) e sia nella condizione di poter decidere per fare gli interessi di ciascun elettore.  Un italiano che voglia fare i propri interessi potrebbe persino esprimere un voto disgiunto dalle sue opinioni politiche, ossia votare diversamente da quanto farebbe nelle Elezioni Politiche, Regionali e Amministrative italiane.

È naturale che i leader di partito, da Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) a Elly Schlein (Pd), da Matteo Salvini (Lega) a Giuseppe Conte (M5S), da Antonio Tajani (Forza Italia), a Carlo Calenda (Azione) a Matteo Renzi (Italia Viva) ad Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra) agli altri, chiedano il voto per essere più forti sulla scena nazionale. Tuttavia, se è vero che il sistema elettorale è proporzionale (con soglia di sbarramento al 4%), i regolamenti del Parlamento europeo sono molto dirimenti. È fondamentale sapere (purtroppo su questo argomento la colpa è un po’ anche del giornalismo di casa nostra che non ha informato abbastanza) che gli eurodeputati dei partiti politici nazionali al Parlamento europeo si uniscono in gruppi transnazionali, per costituire i quali servono almeno 23 parlamentari appartenenti a sette Paesi.  Non aderire a un gruppo significa non partecipare alla spartizione degli incarichi (presidenze, vicepresidenze, ruolo di relatore etc.) né a quella dei fondi

È bene quindi ricordare i gruppi uscenti a Strasburgo e a Bruxelles. Nell'ultima legislatura i gruppi politici europei erano sette: il più numeroso era quello del Partito Popolare Europeo (PPE -  di cui fa parte Forza Italia), seguito dai Socialisti e Democratici (S&D, di cui fa parte il Pd), dai liberali di Renew Europe – di cui fanno parte Azione e Italia Viva), dai Verdi e dell’Alleanza Libera Europea (Verdi-ALE – di cui fanno parte Alleanza Verdi e Sinistra), dai Conservatori e Riformisti europei (ECR - di cui fa parte Fratelli d’Italia), da Identità e Democrazia (ID – di cui fa parte la Lega), dal gruppo della Sinistra. Attualmente il M5S risulta tra i “non iscritti”. Dal 1979, anno delle prime elezioni Europee, i due gruppi con più seggi nel Parlamento di Strasburgo sono stati popolari e socialisti, che ne hanno sempre ottenuto la maggioranza assoluta, a eccezione delle ultime elezioni del 2019. La maggioranza uscente, che esprimeva la Commissione presieduta dalla commissaria Ursula von der Leyen, era sostenuta, oltre che dai popolari e socialdemocratici, dai liberali.