Lo sguardo libero
Alle elezioni Europee si voti con pragmatismo
Si privilegino i partiti che potranno entrare nella stanza dei bottoni
L’Unione europea è un fatto concreto, né ideologico, né spirituale, che riguarda gli interessi di ciascun cittadino
È ovvio. Il giusto non sta da una sola parte. Tutti i partiti italiani che si candidano ad esprimere i 76 rappresentanti nazionali dei 720 totali del prossimo Parlamento europeo alle elezioni di sabato e domenica (voteranno 359 milioni di europei, di cui 23 milioni giovani per la prima volta) possono avere punti del programma condivisibili e altri meno.
La stella polare che deve guidare la scelta si può riassumere in una parola: pragmatismo. In questo senso la frase metaforica del capo dello Stato Sergio Mattarella (“Con il voto consacreremo la sovranità dell’Unione”) può essere parsa a qualcuno fuorviante: l’Unione europea è un fatto concreto - etimologicamente “sacro” è tutto ciò che appartiene a un ambito fuori o parzialmente accessibile all’umano -.
L’Unione europea, l’Europa dei 27 Stati membri (l’”Europa”) è una cosa concreta. E’ l’Erasmus che ha fatto diventare i giovani fratelli europei, il Green deal che mira a fare dell’Europa entro il 2050 l’area a emissioni zero più competitiva e innovativa (tramite le infrastrutture digitali) del pianeta, l’area dei diritti (che dire delle parole del generale Roberto Vannacci, candidato della Lega, sugli omosessuali o il colore della pelle degli italiani?), della tutela degli scambi commerciali e della produzione industriale contro i colossi USA e Cina, della difesa dei risparmio e del mercato dei capitali, dell’appoggio all’’Ucraina (in modo così netto non ad Israele purtroppo).
Certamente ci sono anche le norme sulla lunghezza della (famosa) zucchina e su scelte ideologiche – appunto non pragmatiche – in tema di ambiente; il rischio di annullare le culture nazionali o dei cedimenti culturali nei confronti dell’Islam: non ci si dimentichi delle radici giudaico-cristiane dell’Europa. Da che mondo è mondo, le guerre si fanno per piantare la bandiera su due scogli perché uno Stato, un’organizzazione politica, più è grande - e più è popolosa - meglio è. Ben venga quindi a tempo debito l’ingresso dell’Ucraina e della Georgia nell’Unione.
Anche il voto deve essere pragmatico. Se si vuole fare l’interesse dell’Italia, si votino i partiti che possono entrare nella stanza dei bottoni: se è vero che il sistema elettorale è proporzionale (con soglia di sbarramento al 4%), i regolamenti del Parlamento sono molto dirimenti. È bene quindi ricordare i gruppi attivi a Strasburgo e a Bruxelles. Nella legislatura uscente i gruppi politici europei erano sette: il più numeroso era il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE - di cui fa parte Forza Italia), seguito dal gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D, di cui fa parte il Pd), dai liberali di Renew Europe – di cui fanno parte Azione e Italia Viva), dai Verdi e dell’Alleanza Libera Europea (Verdi-ALE – di cui fanno parte Alleanza Verdi e Sinistra), dai Conservatori e Riformisti europei (ECR - di cui fa parte Fratelli d’Italia), da Identità e Democrazia (ID – di cui fa parte la Lega), dal gruppo della Sinistra. Attualmente il M5S risulta tra i “non iscritti”.
Dal 1979, anno delle prime elezioni Europee, i due gruppi con più seggi nel Parlamento di Strasburgo sono stati popolari e socialisti, che hanno sempre ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, a eccezione delle ultime elezioni del 2019. La maggioranza uscente, che esprimeva la Commissione presieduta dalla commissaria Ursula von der Leyen, era sostenuta, oltre che dai popolari e socialdemocratici, dai liberali.