Lo sguardo libero

Il cristianesimo comunista (di Papa Francesco)? No grazie

Di Ernesto Vergani

L’abolizione della proprietà privata è contro natura

Condividere proprietà e beni non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Così, riprendendo gli “Atti degli Apostoli”, ha detto Papa Francesco durante l'omelia della messa celebrata nella chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma, in occasione della Festa della Misericordia. Probabilmente la frase del Santo Padre è stata estrapolata - infatti i principali media non ne hanno dato grande risalto, tuttavia non bisogna abusare del sottointeso – dal contesto di un appello a non cedere all'indifferenza, ma a vivere la condivisione, parole certamente da approvare. Sarebbe incredibile la proposta di un cristianesimo comunista da parte della chiesa cattolica, che nei secoli è stata un’istituzione di potere e ricchezza, laddove il suo lato pauperista/rivoluzionario, si pensi a Francesco d’Assisi, è apparso minoritario.

L’uguaglianza è una caratteristica secondaria del cristianesimo, invece la principale è l’immortalità dell’anima, la vita dopo la morte, celebrata nella precipua ricorrenza ossia la Pasqua. L’abolizione della proprietà privata è contro natura e ha portato all’orrore del comunismo, regime basato sulla mancanza di libertà, la paura, la delazione, l’impossibilità di vivere pienamente e il privilegio di pochi, come testimoniano, per esempio, Corea del Nord, Cuba e Cina (in quest’ultimo caso c’è il paradosso/ossimoro del comunismo con un’economia di mercato di Stato). Inoltre, non valgono due pesi e due misure: se il cristianesimo delle origini sperimentò forme di condivisione dei beni, consentiva anche il matrimonio dei sacerdoti, come dimostra il miracolo della suocera di Pietro, il successore di Cristo e il predecessore del Papa, che era quindi sposato, mentre l’obbligo del celibato fu introdotto nel Medioevo.