Lo sguardo libero

Perché no al terzo mandato dei governatori, sì ai 3 o più dei parlamentari

Di Ernesto Vergani

L’alternanza è una colonna della democrazia. Una cosa è amministrare, altra legiferare. Ha più potere Luca Zaia o Emma Bonino?

No all’ostracismo. Il governatore possa essere rieletto, ma salti due mandati, per evitare l’effetto fantoccio Putin-Medvedev. In generale no ai politici di professione

La settimana scorsa la Commissione Affari costituzionali ha bocciato l’emendamento della Lega sul dl Elezioni che voleva introdurre il terzo mandato per i governatori delle Regioni. A tutt’oggi Luca Zaia, il governatore del Veneto della Lega, e Vincenzo De Luca, presidente per il Pd della Regione Campania, non potranno essere candidati per la terza volta – come i sindaci delle grandi città. Matteo Salvini dice che la partita non è chiusa e che tornerà alla carica, posizione di cui potrebbe essere a maggior ragione convinto dopo l’imprevista vittoria di Alessandra Todde (centro-sinistra) contro Paolo Truzzu (centro-destra) alla testa della Sardegna.

In un nostro commento in cui, prima della votazione della Commissione, si sosteneva che il terzo mandato non è da farsi perché contrario al principio dell’alternanza; genera se sperimentato a lungo ambiti di potere chiusi, è poco trasparente; crea cerchi più o meno magici ed è anti-meritocratico; può persino dare alla testa (come dimostrano tutti i dittatori, a partire da Vladimir Putin);  rischia di fare il lavaggio del cervello alle persone, che a lungo andare non solo non si indignano dei vizi del potere, ma tendono a giustificarlo se non a volerlo emulare. Semplicemente… si guardi alla più grande democrazia, quella Usa, dove il presidente può essere eletto per soli due mandati (quattro più quattro anni) – in quel commento ci rammaricavamo anche del fatto che è un brutto segnale della nostra democrazia che il Parlamento non si sia accordato in sette anni e il capo dello Stato, Sergio Mattarella, abbia dovuto accettare di rimanere in carica per altri sette - la stessa persona 14 anni al Quirinale.

Dopo la votazione della Commissione Affari istituzionali, alcuni osservatori hanno ribattuto: “A questo punto si fissi il limite del terzo mandato anche per i parlamentari!” È evidente che se un parlamentare sperimenti tre mandati o più, non fa male alla democrazia, come insegna ancora quella americana, perché il suo ruolo è legislativo (propositivo) non amministrativo (gestionale). Un conto è fare le leggi, altro governare. Per fare un esempio, ha più potere Luca Zaia (sia chiaro, eccellente amministratore, forse l’esempio migliore di che cosa significhi essere governatore – per giunta il federalismo è un'altra colonna della democrazia liberale - votato da oltre il 77% dei Veneti) o Emma Bonino, entrata per la prima volta in Parlamento nel 1976, per poi rimanervi per più legislature? Altro esempio, hanno avuto più potere nei loro otto anni alla Casa Bianca Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama o Ted Kennedy nei suoi 50 anni e più da senatore?

Ovviamente no all’ostracismo, per cui è giusto che il governatore possa tornare in carica, ma dopo una pausa di otto anni, non di quattro, altrimenti può succedere quanto fece Putin quando, impossibilitato a ricoprire un terzo mandato consecutivo secondo la Costituzione russa, favorì nel 2008 l’elezione del suo fantoccio Dmitrij Medvedev alla carica di presidente, continuando a comandare (per giunta facendosi nominare primo ministro) e facendosi poi rieleggere presidente dopo quattro anni. Risultato: Putin è al potere ininterrottamente dal 1999.

In generale no ai politici di professione. Come ci ricorda Pericle, il politico è colui che eccelle in qualche campo che viene preferito nelle cariche pubbliche (così non sembra una buona idea per la democrazia neanche la possibilità che Giorgia Meloni ed Elly Schlein si candidino alle Europee di giugno per raccogliere voti e poi non andare al Parlamento di Strasburgo): “Quanto al nome – dice Pericle nel suo celebre discorso - essa è chiamata democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensì di una cerchia più vasta; di fronte alle leggi, però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si distingue, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene preferito nelle cariche pubbliche.”