Prima serata
Andrea Purgatori e la missione del “giornalismo civile”

Andrea Purgatori e il rispetto quasi sacrale per la notizia: un esempio di “giornalismo civile”
Esiste ancora il giornalismo civile – inteso come ‘non riconciliato’ col potere, come direbbe il premio Nobel per la letteratura Heinrich Boll – in Italia? Sicuramente si, nel nostro paese abbiamo avuto e abbiamo diversi esempi di altissimo livello, anche perché da noi si sono giocate partite importanti con implicazioni non solo italiane come i fatti della P2, il terrorismo, le stragi di mafia, che hanno avuto, si fa per dire, il merito di formare decine di cronisti.
Fra i maestri di questo genere sicuramente si distingue Andrea Purgatori, il quale di caratterizza nel metodo per un rispetto quasi sacrale per la notizia (scuola Corriere della Sera), ma che è anche capace di attingere dal suo bagaglio di divulgatore poliedrico le chiavi per spiegare, a chi non è esperto, i meccanismi talvolta perversi e ombrosi del potere.
Purgatori divide i giornalisti in tre categorie: quelli passivi, quelli che cercano di interpretare le notizie man mano che arrivano e quelli investigativi che si impongono - quando possibile - di trovare una verità alternativa rispetto a quelle ufficiali.

Nei primi due casi gli accadimenti vengono inseguiti, mentre nel terzo il giornalista decide autonomamente la propria agenda, ovvero come si deve muovere, chi deve ascoltare e come procedere. Per chi volesse misurarsi con la filosofia di Purgatori, suggerisco di rivedere, tra le altre, la puntata di Atlantide su Emanuela Orlandi - disponibile a tutt’oggi on line - la giovane cittadina vaticana scomparsa nei primi anni Ottanta e mai più ritrovata. Il conduttore la introduce iniziando dal finale, come a dire «io una mia idea ce l’ho e mi è ben chiara, ma non voglio condizionare il pubblico. Il mio obiettivo è prendervi per mano guidandovi verso le mie conclusioni, ma senza un’adesione fideistica alle mie tesi». E ci riesce perché il racconto è talmente puntuale e approfondito che risulta commestibile anche da parte dei non addetti ai lavori,
Per Purgatori, va specificato,. le grandi storie della Repubblica servono a decriptare le promiscuità fra poteri e le relativepatologie del sistema democratico. Nel caso di Emanuela Orlandi in ballo ci sono i compromessi fra Vaticano e Stato Italiano; fra gli alleati americani e il peso politico-contrattuale della criminalità organizzata; gli equilibri fra lo Stato ufficiale e quelDark Deep State manovrato dai poteri occulti. E anche la magistratura, per dirla tutta, non sempre ne esce benissimo: sono diverse le frecciate, più o meno subliminali, nei riguardi del lavoro degli inquirenti svolto negli anni passati che traspaiono dal programma.
Come vien detto fin dall’inizio della puntata, il caso Orlandi è un punto nevralgico di conflitti tra istituzioni , tesi corroborata anche dalle parole del PM Giancarlo Capalbo: «Effettivamente in alcune occasioni ci è sembrato di essere molto vicini alla verità, poi c’è stato qualche evento che ha spostato l’asse verso altre direzioni». Abbiamo capito bene? Quale evento? A chi si riferisce l’ex Pm della procura di Roma ? Alla politica? Agli apparati? Ai servizi? Sono affermazioni che il magistrato ripete da anni, ma sentirle ribadire a tanti anni di distanza, fa un certo effetto. Una risposta, ancorché indiretta, la fornisceFiorenza Sarzanini, con la sua solita immediatezza: «Il Papa deve forzare la mano per trovare la verità », visto che il nostro Stato, in tutte le sue articolazioni, ha fallito.
Anche nell’ultima puntata del programma di Purgatori, (in onda lunedi su La 7, rete diretta da Andrea Salerno, alle ore 21) , gli autori declinano una prospettiva inedita del potere, partendo questa volta dal fenomeno ISIS: in ballo c’è la sicurezza, tema chiave del consenso perché legato strettamente all’immigrazione cui è concatenato.
Il piatto forte della puntata è l’intervista a Marco Minniti, uno dei migliori ministri degli interni mai avuti in Italia, che fissa i punti chiave sulla lotta ai terrorismi. La sensazione, però, è che il clima di campagna elettorale aleggi sul pur ottimo colloquio. L’intervistato, pungolato con competenza da Purgatori, da una parte sottolinea la situazione di allerta costante a ‘prevedibilità zero’ (meglio mettere le mani avanti…); dall’altra rimarca come lo Stato italiano sia stato l’unico al mondo a dominare il terrorismo politico e quello mafioso. Vero. Anche se soltanto pochi giorni fa, proprio nella sua terra natìa, la Calabria- precisamente a Limbadi – c’è stato un atto che più terroristico non si può: lo scoppio di un’autobomba ideata probabilmente dalla ‘Ndrangheta per uccidere due uomini (per fortuna uno si è salvato), tecnicamente di chiara ispirazione mediorientale. Al di là della strategia militare, l’attacco è stato concepito rispettando la classica semantica mafiosa, al fine di ribadire il primato sul territorio. Tanto che Nicola Gratteri - non proprio l’ultimo arrivato - parla di guerra, e non dice affatto che sia stata vinta, anzi. «Stiamo pareggiando», ammonisce.
Insomma, par di capire, anche del non detto del Ministro, che tra non molto si tornerà a votare e che il tema della paura tornerà a farla da padrone. Ma Atlantide rifugge le soluzioni facili, semplicistiche e volgarmente propagandistiche
Atlantide conquista un pubblico colto
Il programma di divulgazione di La7 in questa stagione televisiva (dall’autunno 2017, considerando solo le puntate in prima serata e fino al 30 aprile 2018) ha totalizzato finora un ascolto medio di circa 560 mila spettatori e il 2,6% di share. Un risultato lusinghiero, considerata la serata difficile del lunedi.
La trasmissione è seguita in prevalenza da uomini (53% del totale) e il target più rappresentato sono gli individui over 65 anni (43% del totale spettatori); l’82% dell’audience ha più di 45 anni e solo il 9% ha meno di 35 anni.
Il programma è più affine alle popolazioni del Nord Est italiano (media del 3,3% di share): nelle regioni del Triveneto ottiene quasi il 4% di share in media. Ascolto superiori alla media nazionale anche in Lazio (2,9%) ed Emilia Romagna (2,8%); di contro, al sud l’attenzione è certamente più debole: Atlantide raggiunge in media l’1,6% di share nelle regioni del meridione (Campania 1,2%, Sicilia 1,4%, Puglia 1,8%, Calabria 2%).

Per i temi trattati e il taglio documentaristico e divulgativo il programma è seguito in prevalenza da individui in possesso di un titolo di studio medio alto (60% del totale audience): sul target dei laureati raggiunge quasi il 5% di share. La rilevazione è svolta da Anthony Cardamone a capo del settore ricerche della multinazionale pubblicitaria Omnicom Media Group e dall’agenzia di comunicazione Klaus Davi and company.
Spigolature
Rai Tre con lo speciale dedicato lunedi’ sera a Patty Pravo Rai Tre diretta da Stefano Coletta conquista il 4.24 di share con 1.030.000 spettatori
Buon risultato per Coffee Break condotto da Andrea Pancani, che ha informato 355.000 spettatori pari al 4.4% su La 7 affrontando temi di attualità politica.
Bene anche Storie Italiane 830.000, 15,01%, condotto da Eleonora Daniele su Rai Uno, rete diretta da Angelo Teodoli.