Rocca sbrocca

"Covid, la terapia domiciliare funziona ma Speranza non ascolta i medici"

Di Tiziana Rocca

L'intervista di Affaritaliani.it all'avvocato Erich Grimaldi

E' diventata una vicenda politica l'uso delle cure domiciliari per il Covid-19. Da una parte, il Senato che lo scorso 8 aprile ha approvato quasi all'unanimità l'ordine del giorno che prevedeva l'impegno di implementare le cure domiciliari e di aggiornare, quindi, i protocolli sanitari, dall'altra il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso del Ministro della Salute e dell'AIFA all'istanza cautelare promossa dal Comitato cure Domiciliari Covid-19 sui principi di gestione del Covid-19 nell'ambiente domiciliare, confermando, di fatto, il principio per cui chi contrae il virus debba attenersi ancora alla vigile attesa e al solo uso del paracetamolo.

Erich Grimaldi, avvocato e presidente del Comitato Terapie domiciliari, attraverso i suoi canali social, dove vanta un cospicuo seguito, ha deciso di chiamare all'appello i guariti dal virus e tutti coloro che si battono per il diritto alla libertà di cura e promuovere una manifestazione (pacifica) il prossimo 8 maggio a piazza del Popolo a Roma.

1) Avvocato Grimaldi lei da dall'inizio della pandemia si batte per la libertà di cura e le terapie domiciliari del Covid, quali sono i numeri dei guariti non ospedalizzati?

Il gruppo Facebook “#terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione” ha aperto ai pazienti positivi sintomatici, all’inizio del mese di settembre 2020 e, sino ad oggi, sono migliaia i pazienti supportati a distanza e, laddove necessario, a domicilio, dai circa mille medici volontari del comitato, coadiuvati da circa mille professionisti sanitari, tra psicologi, psicoterapeuti, farmacisti, infermieri, biologi nutrizionisti, biologi molecolari e fisioterapisti. Stiamo raccogliendo i dati dei pazienti guariti, con molta difficoltà, in quanto i medici sono impegnati nella cura ma credo che il tasso di ospedalizzazione, per coloro che hanno richiesto aiuto, ai primi sintomi, sia pari circa al 2% ed, usualmente, concerne soggetti con patologie pregresse.

2) E quali potrebbero essere con un protocollo sanitario che tenga conto delle cure a casa?

La battaglia si deve vincere sul territorio, come sostengo da oltre un anno. Se fosse stato redatto un protocollo, tenendo conto delle evidenze e delle esperienze di migliaia di medici, che hanno curato i pazienti a domicilio ma, soprattutto, se i circa 44.000 medici di medicina generale, ora che sono anche vaccinati, visitassero i pazienti covid, effettuando dei tamponi rapidi, ai primi sintomi, con un’ade-guata collaborazione delle USCA, che spesso sono sottodimensionate e non dispongono dell’ecografo portatile, a mio avviso, il tasso di ospedalizzazione sarebbe ridottissimo.

3) Perché non viene ascoltata fino in fondo la voce di chi ha curato sul campo il virus?

Non riesco a comprendere appieno il motivo ma noto che c’è una certa tendenza a sostenere che il Covid vada curato in ospedale e che non esistano valide terapie domiciliari, motivo per cui molti pazienti, sottovalutando i primi banali sintomi, restano in vigilante attesa assumendo solo paracetamolo per far diminuire la febbre e, dopo pochi giorni, la malattia degenera.

4) Come Comitato Terapie Domiciliari vi siete mossi, in dialogo con le istituzioni, per far valere l'esperienza delle cure dei territori perché il virus non si cura solo nelle grandi città con i grandi ospedali. Perché all'ultimo non si è voluto tenere conto di un aggiornamento delle linee guida del protocollo sanitario? Qual è la sua ricostruzione dei fatti?

Il nostro Comitato, per circa due mesi, ha dialogato con il sottosegretario Sileri, al fine di poter partecipare ad un tavolo di confronto per la revisione dei protocolli di cura. Nel contempo, coinvolgendo diverse forze politiche, in data 8 aprile 2021, il Senato ha approvato, quasi all’unanimità, un ordine del giorno che impegnava il governo ad attivarsi per l’istituzione di un protocollo unico nazionale, tenendo conto delle esperienze fatte dai medici sul campo. In data 23 aprile 2021, quindi, su disposizione del sottosegretario, abbiamo avuto un incontro, in video call, con Agenas (l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che già, a novembre 2020, si era occupata dei protocolli di cura.

Alla tavola di confronto eravamo presenti io, la portavoce del Comitato Valentina Rigano, il prof. Bassetti, il prof. Remuzzi, il prof. Cavanna e il dott. Mangiagalli. Il giorno successivo, però, a seguito di un contatto telefonico con Sileri, apprendevo che il ministro Speranza, che ha la delega alla prevenzione, senza informare il sottosegretario, aveva dato incarico al dott. Rezza di creare un gruppo di lavoro per redigere le nuove linee guida e, in data 30 marzo 2020, era già pronta una bozza senza il nostro coinvolgimento. In sostanza, il Senato approvava l’ordine del giorno allorquando già esisteva una bozza delle linee guida che, seppur licenziate in data 26 aprile 2021, non hanno tenuto conto delle esperienze di coloro che hanno agito sul campo, confermando indicazioni terapeutiche nettamente difformi dall’approccio dei medici del comitato, salvo l’introduzione degli antinfiammatori, ma escludendo antibiotici, cortisone ed eparina, prevista quest’ultima solo per gli allettati.

5) Come nasce l'idea della manifestazione e cosa spera di ottenere?

Contrariamente ai nostri dettami, abbiamo indetto questa conferenza all’aperto pacifica, nel pieno rispetto delle regole, per il giorno 8 maggio 2021, dove i pazienti, che sono guariti con il supporto del nostro gruppo, indosseranno una maglietta con lo slogan: “sono stato curato con la terapia domiciliare precoce”. Allo stesso modo gli altri cittadini presenti indosseranno una maglietta con lo slogan: “voglio essere curato con la terapia domiciliare precoce”. Ribadiremo che la politica non deve fermare le cure, che il Ministro della Salute ha il dovere di coinvolgere coloro che hanno lavorato sul campo curando i pazienti a domicilio e che le nuove linee guida vincolano, di fatto, condizionandoli, i medici di medicina generale, con il rischio che molti pazienti non godranno della cura precoce. Nel caso in cui non dovessero ascoltarci impugneremo al tar le linee guida appena licenziate.