Coronavirus

Coronavirus, l'influenza è scomparsa. Ma non è merito del lockdown

PERCHE’ IL VIRUS DELL’INFLUENZA SCOMPARE QUANDO ARRIVA IL CORONAVIRUS?

Di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

 

Finora è stato impossibile trovare epidemiologi, virologi e altri esperti che appaiono in TV e sui giornali interessati a parlare dello stupefacente fenomeno della scomparsa di influenza e polmoniti annesse da quando circola il coronavirus. Noi abbiamo provato a menzionarlo un paio di volte in diversi articoli, anche se non vediamo interesse sul tema, e quando in questi giorni la dottoressa Melania Rizzoli, assessore della Regione Lombardia nonché firma autorevole di “Libero”, ne ha parlato abbiamo letto con vivo interesse la sua opinione.

Siamo rimasti però perplessi dall’idea espressa che il fatto che influenza e polmoniti siano sparite non sia una buona notizia perché renderebbe più difficile individuare il ceppo per il vaccino influenzale dell’anno prossimo.

Secondo uno studio coordinato dallo stesso professor Ricciardi che tutti vediamo ogni giorno in TV, l’influenza ha causato una media di 22mila morti tra il 2015 e il 2019 in Italia con oscillazioni annuali da 8mila a 40mila decessi a seconda del tipo di stagione invernale e di virus. Che questo anno ci siano stati meno morti perché ci è stata risparmiata l’influenza stagionale ci sembra dunque una buona notizia in sé e per sé.

La dottoressa Rizzoli assegna il merito della scomparsa dell’influenza da febbraio al lockdown. Contrariamente all’impressione che le nostre TV danno, in realtà tanti paesi in Asia, Europa e anche molti Stati nordamericani non lo hanno affatto applicato lasciando aperti scuole, bar, ristoranti, stadi, discoteche e parchi giochi. Noi viviamo nell’impressione che tutto il mondo sia l’Europa come nel 1900 quando c’erano le colonie e gli europei erano il 25% della popolazione mondiale. In realtà siamo 300 milioni di persone su 7 miliardi. Quando qualcosa “accade nel mondo” per il 90% riguarda altri paesi. Ad esempio da aprile in tutta l’Est Asia praticamente nessuno è limitato nell’uscire alla sera, girare o viaggiare. Ci sono 2 miliardi di persone in Cina e paesi limitrofi che questo inverno hanno affollato piazze, stadi, ristoranti e discoteche e l’influenza non viene rilevata neanche da loro. Idem in Svezia o Bielorussia o in Texas (che di inverno è in buona parte freddo) o Dakota (uno Stato che ha rifiutato qualsiasi restrizione). Non ci rendiamo forse ben conto che molti Stati USA non hanno lockdown e non obbligano alla mascherina. Negli Stati che governano i repubblicani tipo Florida o Texas o Dakota non ci sono mai stati “uomini mascherati”.

Ma questo fenomeno della scomparsa di influenza e polmoniti è rilevato dall’OMS e dal CDC americano da febbraio scorso in tutto il pianeta, emisfero Nord e Sud. Riguarda la Cina o il Giappone e la Corea (paesi freddi, specialmente la Cina dalla parte di Pechino) anche a febbraio scorso e così Nordamerica e NordEuropa, che dovrebbero essere ora nel mezzo della tradizionale stagione influenzale. Insomma, se l’influenza sparisce in Svezia o Texas o Cina o Giappone che sono “aperte” e in Italia o UK che sono “chiuse” è ovvio che il merito non è del lockdown.

In secondo luogo, i tamponi per la Covid-19 sembrano indicare milioni di persone che contraggono ora questo coronavirus a dispetto di lockdown e mascherine. Non si capisce perché altri virus respiratori che si trasmettono in modo simile invece ne vengano addirittura cancellati.

Sia la Covid-19 che i virus dell’influenza normale sono degli “areosol” diciamo così come trasmissione, per cui se lockdown e mascherine ne fanno sparire un tipo non si comprende perché l’altro invece si diffonda.

In conclusione, la dottoressa Rizzoli ha avuto il merito di sollevare un problema, ma le sue spiegazioni ci paiono insoddisfacenti. In attesa di altre analisi più approfondite che risolvano queste evidenti contraddizioni, possiamo intanto dire che è un’ottima cosa che nel mondo quest’anno si evitino centinaia di migliaia di morti per polmoniti e influenza.