Coronavirus
Covid autopsie, Pomara smonta la tesi di Miozzo: "Andavano rese obbligatorie"
L’ex coordinatore CTS Miozzo: "Autopsie? E' regola non farle sui contagiosi". Ma è una bufala: i luminari Fineschi e Pomara smontano il governo. Intervista
Miozzo, per l'ex coordinatore del Cts non si fanno le autopsie sui contagiosi. Ma è una fake. Per gli esperti il governo doveva obbligarle e creare un registro consultabile, come in Germania. La Germania ha copiato la Sicilia
Due giorni fa il professor Vittorio Fineschi, un luminare del settore, ordinario di Medicina legale all’Università Sapienza di Roma e direttore dell’obitorio comunale della capitale, ha spiegato ad Affaritaliani.it che le autopsie si eseguono sui malati considerati contagiosi. Le dichiarazioni di Fineschi smontano le affermazioni di Miozzo, fatte al direttore di Angelo Maria Perrino che poneva la questione dirimente: “Le autopsie che non furono fatte, fu un errore o no?”
INTERVISTA ESCLUSIVA DI AFFARITALIANI.IT AD AGOSTINO MIOZZOMiozzo: "Le autopsie non si fanno sui pazienti che sono definiti morti per una malattia contagiosa". VIDEO |
Covid, Miozzo: “Le autopsie non si fanno sui contagiosi”. Gli esperti: falso"Covid, autopsie da non fare? Svegliatelo". Ira social su Miozzo |
Miozzo, medico e dirigente pubblico italiano, ex coordinatore del Cts: “Questa è una sciocchezza assoluta perché le autopsie non si fanno sui pazienti che sono definiti morti per una malattia contagiosa. Questa è una regola di medicina legale, non si fanno le autopsie perché il morto è contagioso. Quindi questa è una indicazione di sanità pubblica. Che qualche geniale filosofo del senno del poi se la sia inventata che vuole, siamo ricchi di filosofi del senno del poi.”
A Fineschi che ha smontato Miozzo si aggiunge un altro esperto, Cristoforo Pomara, professore ordinario di Medicina legale all'Università di Catania. Intervista
Professore, non si fanno autopsie sui contagiosi?
Le autopsie vengono fatte, anche quelle infettive, tant'è che diciamo è una notizia non smentibile il fatto che anche nel nostro Paese tutt'oggi si fanno le autopsie della cosiddetta “mucca pazza”, che sono considerate effettivamente contagiosissime e vengono fatte in determinate sale attrezzate e in centri distribuiti in tutto il Paese
Ci fa degli esempi?
Sui prioni (i più probabili agenti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, ndr), Torino ha eseguito il numero più elevato di autopsie, quando ci fu il caso, rispetto a tutto il resto d'Italia. In Sicilia abbiamo diversi centri e storicamente le autopsie vengono sempre fatte
Anche quando c’è un rischio infettivo?
Assolutamente. C’è una marea di studi sul ruolo fondamentale dell'autopsia nelle patologie infettive e tra gli esempi che vengono fatti c’è anche quello della febbre gialla. Il fatto che le autopsie si siano fatte, poi per quanto riguarda il COVID, c'è prova provata, col mio gruppo le abbiamo più volte affrontate…
Ne avete fatte successivamente alle direttive ministeriali che invitavano a non farle...
Abbiamo fatto anche degli studi, che sono già stati pubblicati, fin dall’inizio della pandemia. Abbiamo lanciato un SOS alla comunità internazionale. Qui il vero tema è probabilmente, diciamo, sul quale non c'è una preparazione da parte la comunità scientifica internazionale e italiana parimenti, che vi è un decremento a livello mondiale dei tassi di autopsie cliniche. Questo può dare la dispercezione che non si fanno le autopsie. In realtà, per esempio, la Gran Bretagna ha dei tassi oramai ridotti ai minimi storici rispetto al resto del mondo ed è una percentuale dello 0,01%. Un’ autorevole rivista scientifica internazionale parlava di pratica estinta. Ora dobbiamo distinguere le due cose. Per quanto riguarda la medicina legale e quindi le autopsie giudiziarie, questo decremento non vi è stato e vi è costantemente negli ultimi trent'anni un plateau, quindi nessuno ha mai rinunciato come strumento investigativo all'autopsia forense
Lo studio, a cui lei faceva riferimento, era dell'Università di Catania o di un altro…?
Sì, certo dell'Università di Catania, ne ha parlato anche il Corriere della Sera, nel quale noi abbiamo esaminato il numero di autopsie che si facevano nel mondo all'inizio della pandemia, ponendo il problema. Poi sono usciti i tedeschi e sono state pubblicate casistiche autorevoli di autopsie COVID. Io non so Miozzo a cosa si voglia riferire ma voglio dire che la regione Sicilia, su mio input, ha istituito addirittura un gruppo regionale di riferimento per cui noi in Sicilia siamo addirittura l'unica regione d’Italia che ha una normativa di indirizzo sulle autopsie COVID. Il nostro assessorato regionale alla Sanità si è fornito di uno strumento che invita tutte le direzioni sanitarie all'esecuzione dei riscontri clinici diagnostici...
E quali sono le indicazioni che voi date? Lei ha pubblicata anche due trattati...
Noi seguiamo il protocollo, che era la cosa più importante da fare sin dall'inizio: farle su determinati campionamenti che saranno fondamentali per gli studi. Non a caso la mia cattedra sta collaborando attualmente con almeno tre università a livello internazionale e diverse a livello nazionale, per approfondire tutte le conoscenze possibili e immaginabili sulla fisiopatologia del decesso in corso di COVID.
Allora come è spiegabile, secondo lei, che neghino che si dovessero fare le autopsie?
Su quello mi sono espresso. Come le ho detto c'è una grossa carenza di conoscenza, c’è ignoranza a livello nazionale e internazionale sugli scopi e gli obiettivi dell’autopsia. Questo lo dimostra il destino, non per il Covid, ma in assoluto dell'autopsia clinica a livello mondiale e così anche nel nostro Paese. Cioè, non si fanno... . Lei quando mai ha sentito parlare di autopsie cliniche? Voi giornalisti conoscete le autopsie diciamo "giornalisticamente" , cioè soltanto le autopsie forensi, non è vero?
E’ vero
Siete abituati a immaginare l'anatomopatologo che fa diagnosi solo sui viventi, per il melanoma o il tumore, giusto? Invece nel nostro ordinamento esiste un regolamento che si chiama regolamento di polizia mortuaria che disciplina il riscontro diagnostico, questo regolamento è stato rivivificato dalla legge 24 del 2017 che affronta il problema del riscontro diagnostico
Cosa dice?
Dice che siccome non è obbligatorio ma deve essere richiesto dal sanitario per approfondire le cause del decesso, siamo in mano ovviamente alla libera richiesta. Io sarei stato dell'opinione, e l'ho sempre ribadito e lo ribadisco, che in corso di pandemia invece bisognava addirittura renderle obbligatorie, attraverso un protocollo che ne individuasse quali, perché evidentemente non potevamo farne 130.000. E’ ovvio, voglio dire, decidiamo su chi le facciamo. Ad esempio: su chi ha più di 3 patologie, così vediamo quanto incide il COVID rispetto alle altre patologie, o per esempio su chi ha meno o più di cinquant'anni, che so io, e così via. E poi valutiamo anche come le facciamo. Ecco, in Sicilia noi abbiamo fatto questo
Quindi lei dice: “sui morti, durante la pandemia, si dovevano rendere obbligatorie le autopsie!”
Bisognava rendere assolutamente obbligatorie le autopsie cliniche, attraverso degli studi selezionati, anche coordinati da personaggi... che decide il governo, chi vogliono loro. Ma attraverso questi studi si può analizzare i campioni, perlopiù individuando chi le può fare e chi le sa fare in accordo e in autonomia. Se lo avessimo fatto avremmo avuto i dati che hanno in Germania. Poi questa idea che le ho detto è stata adottata in toto proprio dalla Germania che ha reso le autopsie obbligatorie durante la pandemia, lo scrivono loro
Hanno recepito una sua idea...
Tant’è che hanno un sito in Germania dove tutti i clinici possono andare a consultare i risultati di tutti i riscontri diagnostici. Quindi sono tutte cose già fatte in altri Paesi, noi l'abbiamo fatto in Sicilia
Ovviamente noi non abbiamo nulla del genere in Italia, giusto?
No! Noi non abbiamo niente del genere in Italia. Il sito tedesco glielo mando e potrà vedere anche i vari lavori. C'è un po' da studiare. Io non faccio il comunicatore ma il ricercatore, dirigo un istituto di medicina legale, cerco di farlo dignitosamente con la spending review tipica dell’università italiana e... devo dire poi quando ti scrive Harvard, perché vuole pubblicare con te e vuole i tuoi campioni perché segui un protocollo scientifico, sono ripagato di ogni tipo di sacrificio.